Bonomi: «Pronti a portare i reperti archeologici nel Magazzino 20 del Porto vecchio»
TRIESTE È allarme in Soprintendenza per la carenza di personale. Architetti, archeologi, custodi, funzionari amministrativi sono sempre di meno. E anche se, sulla carta, a mancare è il 10%, alla prova dei fatti le assenze sono molto più pesanti. Colpa, secondo la soprintendente Simonetta Bonomi, di un’organizzazione iniziale che ha previsto numeri «forse al ribasso» a Trieste e spostato gran parte dello staff nella sede di Udine. E così palazzo Economo si ritrova tante pratiche in sospeso. Con il rischio che troppe risposte mancate si trasformino in un silenzio-assenso. Ma sono diversi anche i finanziamenti che non vengono sfruttati per la mancanza di tempo da dedicare ai bandi.
A un anno e poco più dall’inizio del mandato, Bonomi non è affatto soddisfatta del proprio operato: «Avrei voluto fare molto più cose, ma in queste condizioni non è possibile - si sfoga la soprintendente -. Nonostante le enormi difficoltà, questo è un ufficio che comunque cerca disperatamente di lavorare». In ogni caso non tutto è fermo. Molte pratiche vengono espletate. È il caso dei cantieri aperti in Cittavecchia e di un nuovo museo-deposito archeologico previsto nel magazzino 20 in Porto vecchio.
Come giudica questo suo primo anno da soprintendente a Trieste?
Non ho una visione ottimistica della situazione, che è davvero difficile. Siamo troppo pochi. La situazione è peggiorata drasticamente rispetto all’anno scorso. Speravo di fare molto di più. Sono previsti dei pensionamenti che creeranno dei vuoti pazzeschi. Ci hanno assegnato alcuni funzionari, architetti, molto bravi, però non bastano. Un ufficio è fatto di tanti compiti e figure e quindi se mancano le tessere del mosaico, il mosaico si disfa. Sono molto speranzosa nei confronti delle promesse del ministro Bonisoli di cominciare con un programma di assunzioni ex novo.
Quali sono le criticità?
I custodi, ad esempio, sono due ma dovrebbero essere quattro. Nei giorni scorsi è uscito il bando per il concorso per gli assistenti alla vigilanza. Ne dovrebbe uscire un altro per i funzionari amministrativi, che sarebbe una boccata d’ossigeno, perché è vero che siamo un ufficio con una forte componente tecnico-scientifica, ma questa si concretizza però in procedimenti amministrativi. I funzionari amministrativi in questo caso dovrebbero essere tre, ma di operativo ce n’è solo uno. Quanto agli archeologi, ce ne sono quattro, ma uno è in distacco a Cividale, e ne dovremmo avere sei. In nostro aiuto ci sono due archeologhe prese qualche volta in prestito da altri istituti. Sono pochi anche gli architetti: ce ne sono cinque, ma dovrebbero sei, di cui uno comunque è assegnato a Miramare e una volta alla settimana è da noi mentre un altro sta per andare in pensione. Vedremo che cosa succederà con i restauratori, in questo caso in esubero di un’unità: ora ce ne sono cinque ma, se godranno delle facilitazioni per mestieri “insalubri”, potrebbero andarsene via in blocco. In tutto questo c’è anche il fatto che non c’è più un passaggio di consegne tra le generazioni di funzionari. Poi non abbiamo un funzionario informatico, né un funzionario archivista. Il demoetnoantropologo invece c’è ma è a Roma. Gli assistenti tecnici sono 14, ma l’organico ne prevede 17. I gestionali sono 13, ma sono quasi tutti a Udine.
Questa carenza di personale che cosa implica poi nel quotidiano?
Abbiamo dei finanziamenti che dobbiamo spendere, ma non riusciamo a farlo. Questo perché non riusciamo ad avere il tempo di preparare il bando di gara, che è impegnativo, e quindi i soldi a volte restano dove sono. E poi abbiamo così tante pratiche riguardanti la tutela, il nostro principale compito, che a volte scadono ma noi non siamo nemmeno riusciti a rispondere. Questo vuol dire che subentra il silenzio-assenso: si spera che non ci scappino cose importanti. E poi, per dire, la mancanza di custodi fa sì che non possiamo aprire al pubblico un’area archeologica di una casa romana.
Tra i finanziamenti non spesi, che cosa rientra?
I fondi per la vulnerabilità sismica, ad esempio.
Quali sono le attività che state invece portando avanti?
Stiamo portando avanti una trattativa con il Comune per il Magazzino 20. Abbiamo a disposizione un milione di euro. Si tratta di un palazzo di 4 mila mq da quattro piani. Vorremmo inserire i reperti archeologici perché abbiamo sempre mancanza di spazio, rendendo nel contempo l’edificio anche un museo aperto al pubblico. Poi inizieremo un restauro del soffitto della chiesa di San Nicolò dei Greci. Stiamo terminando il restauro dell’acquedotto della Val Rosandra, è venuto benissimo. Riaprirà l’“Antiquarium e acquedotto romano di Borgo San Sergio”.
Quali sono i cantieri aperti?
Il Teatro romano, di cui devo parlare con il nuovo direttore del Segretariato regionale, Roberto Cassanelli. L’area delle ex case Ater di via dei Capitelli e la basilica paleocristiana.
Quando darete il vostro parere sulla possibilità o meno di togliere il vincolo e quindi demolire la sala Tripcovich?
A fine agosto. Poi dovrà riunirsi l’apposita Commissione regionale per il patrimonio culturale.
Fino a quando rimarrà qui?
Con la riorganizzazione ministeriale, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo gennaio, scadono tutti i mandati dirigenziali. A quel punto bisogna vedere se rimarrò qui o no. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo