Trieste, i colori e i legni di Chersicla: un mondo che finisce all’asta
TRIESTE Tra qualche giorno, alla casa d’aste Stadion di Trieste, vedrete la mostra di Bruno Chersicla che non vedrete mai. Un’immersione magica, divertente, commovente e ironica in tutto il mondo creativo dello scultore e pittore triestino, scomparso tre anni fa, il 3 maggio 2013. Da allora non è mai stato ricordato dalla sua città natale. Sepolto nell’oblio già al funerale, disertato da tutti i pubblici amministratori.
Sono circa centosessanta, tra dipinti e sculture, le opere di proprietà dell’erede, la compagna Melitta Botteghelli, che andranno all’asta alla Stadion il prossimo 15 aprile. L’intero atelier di Chersicla, finora conservato a Zoccorino, in Brianza, nell’ex filanda diventata casa e laboratorio dell’artista alla fine degli anni ’60.
Un colpo d’occhio straordinario nelle sale della Stadion sulle Rive, dove in questi giorni sono in corso i preparativi per il catalogo, le foto dei lotti, la predisposizione dell’allestimento migliore per “cerambici”, “baroki”, ingranaggi e teste, medaglioni e disegni, e per l’esercito di legno delle sue imponenti sculture, che saranno visibili al pubblico da sabato 9 aprile.
Quasi mezzo secolo di colori, di invenzioni, di rigore e fantasia, che hanno fatto di Chersicla, San Giusto d’oro 2009, pitto-scultore, scenografo e jazzista, un artista inconfondibile nel panorama nazionale e non solo. Con mostre a Chicago, Miami, Buenos Aires, Vienna, New York, Losanna, Toronto, Lubiana, Atlanta, Houston, quest’ultima tra le prime città a tributargli un omaggio post mortem, con pezzi provenienti da collezioni private.
«Ci ho pensato a lungo, è stato difficile prendere questa decisione e sicuramente non sto bene» dice Melitta Botteghelli, per trent’anni compagna di Chersicla, che la maggior parte delle opere esposte alla Stadion le ha viste nascere, le ha vissute.
«Al funerale - prosegue la signora - non c’era nessuna autorità, sono rimasta esterrefatta. Dopo la sua morte è calato il silenzio, l’indifferenza totale. Il Comune non si è mai fatto vivo con me, Chersicla è stato completamente dimenticato. Così ho deciso. Per me sarebbe difficile gestire una mostra da sola, vivo in due, tre città diverse. Allora mi sono detta: voglio offrire ai triestini la possibilità di avere un Chersicla in casa».
Melitta Botteghelli non ha mai parlato pubblicatamente, detesta la pubblicità. «Ma mi vergogno della mia città - dice - mi vergogno dell’indifferenza dei politici. Chersicla mi aveva avvisato su quello che sarebbe successo dopo la sua morte. Conosceva perfettamente Trieste e sapeva di morire. Così mi ha lasciato carta bianca su come comportarmi. Nel novembre 2014, un anno dopo, il Comune di Parma gli ha dedicato una mostra stupenda. E io ho organizzato un concerto jazz con grandi nomi. Avrei voluto che succedesse anche a Trieste. Purtroppo, però, questa città è freddissima con i suoi figli, con i suoi grandi rappresentanti come Luttazzi, come Strehler. E se non sei ammanicato con qualcuno, non succede niente».
Una vendita in blocco sembra una violenza, uno strappo definitivo con Trieste, città alla qua. le Chersicla rimase sempre legato, riferimento culturale, sostanza della sua arte e della sua visione della vita. “Mulo” di San Giacomo, dove mosse i primi passi artistici nel retrobottega dell’osteria dei genitori in via San Marco, conservò sempre quello studio, vicino - gli piaceva ricordare - all’ultima abitazione di Joyce.
«San Giacomo - si legge nel catalogo edito da Electa in occasione della mostra del 1994 ai Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia - è un’isola nella città. Ci ho trascorso la mia infanzia. Ho in mente ancora i cortei degli operai dei cantieri navali, con le loro tute blu, il volto e le mani imbrattati di olio nero, che venivano su da via San Marco. Ecco, San Giacomo mi è necessario per certe fughe. È qui che scompaio ogni tanto a trarre delle conclusioni...».
Conclusioni, appunto. Il 15 aprile, sicuramente quelle del rapporto tra Chersicla e le istituzioni, a meno che qualche fondazione bancaria non acquisti in blocco una parte dell’atelier per donarla ai musei cittadini e permettere a tutti i triestini di godere ancora dell’opera del loro celebre concittadino.
Accadde per la scultura di Strehler, nel 2014, acquistata dalla Fondazione CrT (e riscattata da un’altra vendita all’asta) per donarla al Rossetti, dov’è in mostra nel foyer, per interessamento di Guido Botteri. Ma è più probabile che dopo il 15 aprile, i quadri e le sculture di Chersicla entrino nelle collezioni private, di tanti autoctoni e degli estimatori dal resto d’Italia e dall’estero, privati e gallerie, che si sono messi in contatto con la Stadion non appena la notizia dell’asta ha cominciato a diffondersi.
«In realtà - spiega Furio Princivalli - questa è la mostra tanto promessa a parole e mai realizzata. Dopo la morte di Chersicla ci sono stati molti contatti, con il Comune e anche con la Provincia, ma non si è mosso niente. La vendita nasce da questa grande delusione. È un unicum assoluto. Noi abbiamo gli scaffali pieni di proposte d’asta di interi atelier, ma ne scegliamo pochissimi. L’abbiamo fatto con Pedra Zandegiacomo, con Dino Predonzani e con Ugo Carà, di cui è andato tutto venduto».
Predonzani, Carà, artisti di cui Chersicla seguì i corsi di decorazione e arredo navale all’Istituto Nordio di Trieste, all’epoca presieduto da Marcello Mascherini, dove si diplomò. Il cerchio si chiude. Dirà spesso - ed è riportato in molti cataloghi - di essere stato, al suo debutto, indeciso tra “tre donne”: decorazione delle navi (aveva cominciato già da studente sulla Raffaello, la Galilei, la Oceanic, l’Eugenio C.), musica (l’amato contrabbasso, che studiò al Conservatorio) e pittura.
Queste sue passioni ci vengono incontro con forza dagli spazi della Stadion. Le grandi sculture, innanzitutto, alcune delle quali, come l’Euron del 1989, il Designer del 1993, L’edonista del 1991, furono esposte al Museo Revoltella nella mostra organizzata tra il 1997 e il 1998 dall’allora assessore alla cultura e vicesindaco della giunta Illy, Roberto Damiani. L’allestimento fu curato anche dall’amico Enzo Cogno, con cui Chersicla partecipò, agli esordi, al gruppo triestino d’avanguardia “Raccordosei” e all’esperienza di “Arte viva”.
Al Revoltella entrarono poi “La modella (Biancamaria)”, divertente nudo integrale del 1982, e l’animale fantastico “Chimera d’Arezzo” del 1985, tutti in legno africano okoumè marino, che Chersicla dipingeva ora con delicatezza ora con intensità, materializzando il suo universo come un gigantesco gioco a incastro, sempre trasformabile, scomponibile.
Anche loro sono in vendita, come una delle opere più famose, il “Rossi di Vejo” dell’82, con la testa del calciatore Paolo Rossi, goleador dei Mondiali di calcio in Spagna, sull’Apollo etrusco di Vejo. Le opere più grandi partono da una base d’asta tra i 2500 e i 3000 euro, la fantasiosa chimera è intorno ai 1500.
Più in là, molte sculture-ritratto della serie “Spitzenkongress”, congresso di uomini di punta, che Chersicla realizzò a metà degli anni Settanta: Duchamp, Depero, Brecht, Klee, Apollinaire, Manzoni, Carducci, Majakovskij. Riferimenti culturali, ma anche divertissement come Arsenio Lupin, Monna Lisa, Dick Tracy. Saranno battute all’asta partendo da una cifra che si aggira sui 600 euro.
Tanti i disegni dedicati agli amici, alle città del mondo, i lavori degli anni ’60, dove già il legno si inserisce tra i pigmenti, creati dallo stesso artista. Molti triestini riconosceranno i tratti di quel gigantesco graffito in piazza Unità del 2000, che fece entrare Chersicla nel Guinness. Si misero in fila in migliaia per colorarlo, era un singolare addio al salotto buono prima del rifacimento della pavimentazione che l’avrebbe sottratto a lungo ai cittadini.
Chersicla artista scomodo, politicamente non allineato? «Non so», risponde Botteghelli. «Trieste si ricorda dei suoi figli quando sono vecchissimi o morti da tempo. Io non ho tempo di aspettare. Sono molto scettica e non me ne importa nulla. Ma se il Comune in futuro si sognerà di fare una mostra su Chersicla, dovrà raccattare in giro le sue opere casa per casa».
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