“Ci siamo ancora” in Istria, Fiume e Dalmazia riprendono vita le immagini e gli oggetti
TRIESTE Era stata inaugurata l’11 febbraio, a ridosso del Giorno del Ricordo, come frutto di un grande sforzo collettivo per il recupero di volti, nomi e storie degli italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia prima che l’esodo allontanasse dalle proprie terre gran parte di queste genti. Ma dopo una decina di giorni la mostra “Ci siamo ancora”, organizzata dall’Irci con i materiali raccolti grazie all’appello lanciato sul web agli esuli di tutto il mondo, aveva dovuto chiudere forzatamente i battenti per lo scoppio dell’emergenza epidemiologica.
Domani alle 10 la mostra finalmente riaprirà, con una sorta di re-inaugurazione per lanciare un segnale di ripresa, e di speranza, alla cittadinanza. «In questi mesi difficili l’esposizione è rimasta sempre lì, in tacita attesa della sua ragion d’essere, gli occhi del pubblico per cui era stata pensata - spiega il presidente dell’Irci Franco Degrassi -. Poiché sono stati proprio i contributi della nostra gente, sotto forma di fotografie, scritti e oggetti giunti da tutto il mondo, a renderla possibile, abbiamo fatto uno sforzo per riaprire appena ce n’è stata data l’opportunità, ovviamente nel rispetto del protocollo di sicurezza e con tutte le accortezze del caso».
Grazie all’abnegazione dei volontari dell’Istituto, che si sono messi a disposizione per l’apertura e il controllo dei locali che ospitano l’esposizione, il Museo di via Torino sarà il primo a riaprire tra i civici musei. Subito dopo Miramare e la maxi mostra dedicata a Maurits Cornelis Escher. «Apriremo soltanto il pianterreno, per dare modo al pubblico di visionare la mostra. Gli ingressi saranno contingentati, ci saranno dispenser di gel disinfettante non soltanto all’ingresso, ma anche lungo il percorso dell’esposizione e la mascherina sarà necessaria, come da protocollo nazionale. Ma vogliamo dare un segnale alla cittadinanza: ci siamo e non ci siamo mai fermati - sottolinea il direttore dell’Irci Piero Delbello -. E a chi vorrà starci accanto in questa seconda inaugurazione offriremo in omaggio il catalogo che raccoglie i materiali della mostra, un piccolo segno per ringraziare il nostro pubblico per la vicinanza».
Il catalogo dell’esposizione raccoglie in 175 pagine fotografie, racconti, documenti che stavolta, a differenza della mostra “Come eravamo”, primo tassello di questo tuffo nel passato degli italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia, sono riconducibili a nomi e cognomi noti, ricostruendo microstorie familiari e vissuti quotidiani da poco oltre la metà dell’Ottocento agli anni ’50 del secolo scorso. In copertina spicca uno scatto di gruppo di grande suggestione: una fotografia degli anni ’20 che ritrae un gruppo di tennisti abbarbicati su una scala a pioli. Sono gli amici di Nora Danelon in un momento di vita spensierata a Parenzo, una delle tante storie che contribuiscono a mantenere viva «una memoria composta da alberi genealogici con tanti rami, che partendo da un corpo centrale via via s’assottigliano - scrive Degrassi nella prefazione al catalogo della mostra -. Rami che ci consentono di dire che “Ci siamo ancora”, perché ci hanno insegnato che nulla finisce finché esiste qualcuno che ricorda».
In questi mesi l’Irci non ha mai smesso di lavorare: «Per stare vicini alle persone abbiamo intensificato la nostra attività sui canali social, grazie al lavoro di Gianfranco Franchi, offrendo spunti di riflessione quotidiani e riproponendo le immagini di maggior impatto delle mostre che abbiamo proposto in questi anni - ricorda Delbello -. Abbiamo messo online il nuovo sito web dell’Irci, con una grafica più dinamica e accattivante e moltissimi materiali disponibili per la consultazione. Abbiamo prodotto un nuovo numero della rivista “Tempi e Cultura”, un semestrale che era fermo da qualche anno e per la cui copertina abbiamo scelto di riutilizzare l’elegante scatto d’atmosfera decò simbolo della mostra “Come eravamo”, che ritrae due donne ad Abbazia nell’agosto del 1931. Ancora, abbiamo dato alle stampe un pregevole volume di Ettore Malnati dedicato al vescovo Antonio Santin. Ora stiamo per chiudere uno studio su Domenico Lovisato, geologo e paleontologo di Isola d’Istria soprannominato “il dottore delle pietre”. Il volume s’intitola “Un istriano nella Terra del Fuoco. Domenico Lovisato e la spedizione in Patagonia 1881-1882”, di Enrico Mazzoli, e racconta della spedizione italiana della fine dell’800 nella Terra del Fuoco e in Patagonia. Lovisato, vicepresidente della commissione scientifica dell’esplorazione, ne illustrò i risultati nei suoi diari, il cui contenuto lo pone nel pantheon dei più interessanti esploratori naturalisti dell’epoca per la sua capacità di spaziare in diversi campi delle scienze naturali, dalla geologia alla geomorfologia, dalla paleontologia alla biologia. Oltre a queste attività sono proseguiti i lavori dell’archivio e della biblioteca, fondamentali per le attività di catalogazione dei materiali». La mostra “Ci siamo ancora”, a ingresso libero, sarà inizialmente aperta per tre giornate alla settimana, il lunedì, il mercoledì e il giovedì con orari 10.30-12.30 e 16.30-18.30. —
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