Bruno Barbieri: «Il piatto migliore? I tortellini in brodo fatti da mia madre»

Lo chef domani ospite al Village Night del Palmanova Outlet «In cucina creatività, capacità di reinventarsi, zero sprechi»
15/05/2018 Roma, lo Chef Bruno Barbieri prepara i nuovi piatti del ristorante Daruma Sushi
15/05/2018 Roma, lo Chef Bruno Barbieri prepara i nuovi piatti del ristorante Daruma Sushi

PALMANOVA Per il quinto anno consecutivo si apre sabato 29 agosto, dalle 18.30, la “Village Night” al Palmanova Outlet. È dalle 21, però, che si entrerà nel clou della kermesse, con l’arrivo di Bruno Barbieri, chef da sette stelle Michelin, in procinto di ripartire nel suo viaggio televisivo su Sky con “4 Hotel”, alla ricerca del meglio dell’ospitalità italiana. A Palmanova, tra foto, autografi e qualche aneddoto, non mancherà di preparare un piatto speciale: un inedito frullato di melone al sapore di porto con tartare di prosciutto di Sauris e mille punti di tzatziki. Con i negozi aperti fino alle 23 e con la presenza di 26 cantine e sei birrifici artigianali del Friuli Venezia Giulia, il Village diventerà così un vero e proprio buffet d’eccellenze enogastronomiche a cielo aperto.

Lei è un grande appassionato di viaggi. Quanto la cucina deve essere ancorata al territorio e quanto deve risentire delle “contaminazioni”? C’è un Paese che più di tutti ha influenzato la sua cucina?

«Sono convinto - risponde Barbieri - che nello stile e negli ingredienti di uno chef debbano essere evidenti le sue origini culinarie perché risulti credibile: per permettersi di rivisitare e creare nuovi piatti bisogna inevitabilmente conoscere le basi e la tradizione. È importante poi non chiudersi nella propria realtà, bisogna avere la mente aperta, viaggiare e lasciarsi influenzare da culture differenti, non smettere mai di studiare e di sperimentare. Ci sono tre cucine per me fondamentali: la libanese per le contaminazioni da cui si è generata, i suoi sapori, il sapiente utilizzo di spezie, elisir, quella francese per tecnica e rigore e quella italiana per utilizzo delle materie prime».

Nell’essere da tempo un personaggio televisivo non teme di aver perso il contatto con i suoi clienti e, insomma, con il mestiere?

«No, anzi, è la consapevolezza delle mie capacità e soprattutto l’esperienza acquisita sul campo in tutti questi anni che mi permettono di prendere parte a programmi come “4 Hotel” e “Masterchef”, di essere credibile mentre consiglio e giudico i concorrenti. Per crescere, in ogni campo, bisogna sapersi anche allontanare dal proprio “orticello” e guardare, studiare cosa avviene in quelli altrui, negli altri paesi, altrimenti si rischia di rimanere immobili, fissi su se stessi».

Quante volte le è capitato di venire sedotto con un primo o con un secondo piatto, con un dolce…? E preparandole quale piatto ci sono maggiori probabilità di entrare nelle sue simpatie?

«Non è tanto il piatto in sé a sedurmi, ma l’attenzione con cui è stato fatto, dalla scelta delle materie prime fino all’impiattamento. Le pietanze che mi seducono maggiormente sono le più semplici, perché sono quelle che nascondono una maggiore cura per i singoli dettagli. Per me uno spaghetto al pomodoro è il piatto più affascinante di tutti, sembra semplice da realizzare ma per farlo bene richiedere grande attenzione».

C’è un ingrediente che proprio non sopporta e c’è un piatto di cui, invece, non è mai sazio?

«Ho girato il mondo, mangiato e cucinato i piatti più strani, elaborati e succulenti, ma i tortellini in brodo di mia mamma sono imbattibili. Sembrano un piatto semplice ma non lo sono affatto e per me significano casa. Ogni ingrediente se ben abbinato, può dare il meglio di sé. La difficoltà sta proprio nell’esaltare il gusto di ciascuna pietanza, bisogna solo trovarne “la chiave di lettura”».

C’è un ingrediente indispensabile per diventare uno chef?

«La creatività, la capacità di saper ideare un piatto vincente con qualsiasi ingrediente si abbia a disposizione, il sapersi reinventare e il non sprecare mai nulla di quello che si utilizza, piuttosto usarlo per un altro piatto il giorno dopo dandogli una nuova vita».

Da ultimo, quanto le norme anti Covid danneggiano il settore della ristorazione? E quanto, secondo lei, sono eccessivamente restrittive?

«È una situazione complessa ma è importante fare dei sacrifici e modificare un po’ il nostro modo di vivere per il benessere dell’intero paese. La bravura del ristoratore in questo momento sta nel sapersi adeguare alle norme, reinventarsi e garantire al proprio cliente la stessa qualità del servizio in atto prima dell’emergenza sanitaria». —
 

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