Trieste, la scalata di Costanza nel mondo scientifico diventa un fumetto che sfida i pregiudizi

La triestina, ricercatrice di successo all’estero, citata in un libro ideato in Baviera per le nuove generazioni contro gli stereotipi di genere 

TRIESTE Costanza Rodda, classe 1988, fisica triestina volata all’estero, ha una storia da raccontare: la sua. Che in realtà è pure quella di tante altre scienziate come lei. Donne che, troppo spesso, per avanzare nella propria carriera sono costrette ad affrontare tutta una serie di ostacoli e pregiudizi. Qualche volta, però, la strada svolta. E va in discesa. Con tanto di incoraggiamenti delle colleghe. E, udite udite, anche dei colleghi. A Costanza è stato chiesto infatti di narrarsi per un fumetto realizzato da Dominik Wendland, disegnatore e grafico attivo a Monaco di Baviera, che ha tratto ispirazione dai testi scritti da Audine Lauria, responsabile di un progetto che racconta proprio le storie oltre i pregiudizi con protagoniste donne scienziate. Il libriccino, intitolato “Of course” ( “Certamente”), è stato distribuito in tutte le scuole superiori della Germania quale stimolo a combattere gli stereotipi. Ed è così che il percorso di formazione di Costanza è divenuto un racconto, disegnato dopo la fine del suo post- dottorato nel paese teutonico. Ora la giovane ricercatrice si trova in Francia, raggiunta dopo un trasloco tra i due lockdown.

Un successo non da poco, questo letterario, che si aggiunge al premio per la miglior tesi di dottorato all’Università del Brandeburgo Cottbus. La giuria le ha consegnato cinquemila euro per la sua attività di ricerca sulle onde interne: attraverso esperimenti di laboratorio ha studiato l’influenza di queste onde sulla circolazione atmosferica e il loro possibile impatto sui cambiamenti climatici. Ma nel 2020 stava anche per ottenere il premio Bertha Benz, essendosi classificata finalista nel “contest” per la migliore ricercatrice donna nelle materie scientifiche.

Arrivare fino a qui, però, non è stato semplice. E non solo per lei, appunto. Di fatto, il numero di donne nella scienza e nel mondo accademico diminuisce all’aumentare del livello di qualifica, tra tecnologie, ingegneria e matematica (nelle cosiddette discipline Stem). In Germania sono donne circa il 50% degli studenti di matematica e scienze naturali, ma solo il 20% ricopre il ruolo di professore. «Nel mio dipartimento in Germania ad esempio non ci sono professoresse. Ma in questo paese, proprio per questa deficienza, il governo è molto attento alle pari opportunità – evidenzia Costanza – e cerca di colmare il gap con dei fondi mirati. Anch’io ho dedicato diverso tempo a questi temi e penso che forse è stato tale aspetto quello decisivo per il mio coinvolgimento nel progetto del fumetto». Alla fine del periodo di tutoraggio, offerto dall’università agli studenti, un team di donne ha infatti intervistato Costanza e altre colleghe proprio per indagare sulla condizione femminile nel contesto accademico.

Costanza ha riferito di episodi belli e brutti. Brutti perché spesso era l’unica donna in classe. Una situazione che si rivelava «frustrante», specie quando veniva esclusa perché i suoi compagni facevano comunella, pensando solo a «quella cameriera sexy del bar» vicino al dipartimento.

Ma in che modo è stata anche incoraggiata dal “mondo” dei maschi? «Un prof con cui ho fatto il lavoro di dottorato, ad esempio, non ha mai fatto una distinzione tra studentesse e studenti. Ha sempre valorizzato le capacità a prescindere».

Sapere quindi che tante giovani liceali potranno conoscere la sua storia, a Costanza, un po’ di effetto lo fa. «Sono piccole vicende che abbiamo affrontato in questo percorso e che dovrebbero stimolare le ragazze a non arrendersi. Per loro, nel volumetto, ci sono anche i nostri contatti», racconta la scienziata, che ha studiato Fisica per cinque anni a Trieste, ha scritto poi una tesi in Olanda per la laurea magistrale e fatto appunto un dottorato e un post-dottorato in Germania. E ora, come si diceva, vive in Francia, dove studia per un altro post-dottorato. «È un’esistenza da nomadi – sottolinea – ma ci si deve muovere per avere delle collaborazioni internazionali, necessarie per questa professione. Non mi considero un cervello in fuga, semplicemente mi sposto per raggiungere i luoghi in cui posso svolgere al meglio le mie ricerche».—


 

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