Trieste, addio a cous cous e piatti etnici. A scuola solo cibo “made in Italy”
Cevapcici e patate in tecia scalzano il cuscus. Nelle mense delle scuole cittadine d’ora in avanti i pasti dei bambini saranno sempre più locali e tipicamente italiani. Addio dunque ai piatti “etnici”, o presunti tali, sperimentati nelle scorse amministrazioni comunali. Parola della giunta di centrodestra che, per il nuovo anno scolastico ormai alle porte, ha dato precise indicazioni alle ditte che preparano i pranzi. La decisione, già ventilata qualche mese fa, entra nel vivo con i “menù tipici” e i “menù regionali” alle elementari, alle medie e al Sis, la fascia 6-14 anni. Un’operazione da mettere in atto non ogni giorno, chiarisce l’assessore all’Infanzia Angela Brandi, ma di tanto in tanto. Proprio per creare l’effetto “evento”.
Oltre alla cucina triestina, faranno la loro comparsa pure i piatti trentini e romani. Nessuna concessione invece alle cucine di altri Paesi nonostante l’incremento dei bimbi stranieri in classe. «La nostra tradizione va preservata e i prodotti locali vanno promossi - spiega Brandi -. È la nostra cultura».
La svolta della giunta Dipiazza in salsa italiana e triestina è supportata da una ricerca sul servizio mensa dell’anno scorso condotta dall’assessorato comunale. Ebbene, tra le pietanze meno gradite dai bambini al primo posto figura proprio il cuscus: la percentuale di “avanzo nel piatto” varia tra il 24,4% e il 38,4%. È la più alta in assoluto. Seguono alcuni cibi più locali: la minestra di riso e piselli (da 26,4% a 30,4%) e la crema di carote o di cannellini con pastina (da 25,4% a 25,7%). Rivolta pure contro la verdura cotta: un classico. Non piacciono la bietina al tegame (29% di avanzo) e neppure gli spinaci (31,3%), le cui tracce vengono spesso ritrovate su pareti e soffitti dopo le divertenti sfide con lanci a colpi di cucchiaio. E a poco servono i cartoni con Braccio di ferro.
Nessuno però raggiunge i livelli di insoddisfazione del cuscus. «È evidente che i cibi “etnici” non sono graditi - insiste l’assessore -. L’indirizzo di questa amministrazione è comunque quello di privilegiare i prodotti italiani».
Due, nel dettaglio, le nuove tipologie di menù da servire sulle tavole dei bambini. Quelli regionali, innanzitutto, a cominciare dai piatti romani a base di pasta cacio pepe, pollo ai peperoni preparati come si usa nella capitale. Non mancano le pietanze trentine: canederli con salsa ai formaggi e strudel di mele. E poi ci sarà il menu tipicamente triestino: luganighe, patate in tecia e crema carsolina, ma anche cevapceci e torta Sacher. A occuparsene saranno Camst e Dussmann, le due società che hanno in appalto la gestione dell’alimentazione delle scuole comunali.
Il cibo potrà essere preparato con due modalità: o direttamente sul posto, cioè nelle strutture scolastiche, oppure nelle cucine delle imprese e poi trasportato in loco. Una scelta che varia a seconda dell’alimento: non vedremo cevapcici precotti e riscaldati. Si parla comunque di oltre 5 mila pasti in tutto tra elementari, medie e Sis.
Sono esclusi dal progetto invece gli asili nido e le materne. «Sono gusti un po’ particolari - osserva l’assessore - che chiaramente possono rientrare nelle diete solo a partire da una certa età». Come detto, il Comune intende applicare l’iniziativa una o due volte al mese. «Il pasto - rileva l’esponente della giunta Dipiazza - è un momento importante. Se poi cominciamo a far conoscere anche altri sapori, rispetto a quelli più abituali, credo che sia molto educativo».
I menù sono pensati dalla dietista di cui si serve il municipio e in accordo con l’Asuits, ci tiene a specificare l’assessore. «I primi, i secondi, i contorni e i dolci saranno assolutamente bilanciati in termini di calorie, grassi e soprattutto di valore nutrizionale», assicura. L’appalto mensa prevede in ogni caso il rispetto delle intolleranze dei bambini, certificate dal medico, e delle altre indicazioni alimentari richieste dalle famiglie. «Certo - rimarca Brandi - abbiamo la dieta con pietanze senza latticini o uova, ma anche per i vegetariani e, naturalmente, per i celiaci».
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