Risorge la “Vijecnica”, la biblioteca di Sarajevo bruciata dalla barbarie

A conclusione di un lunghissimo restauro, a ventidue anni dalla distruzione, l'apertura il 9 maggio, Festa dell’Europa e data simbolo della sconfitta del nazismo. La nostra visita in anteprima

Le granate serbe furono lanciate dopo il tramonto da postazioni occultate nelle fitte foreste di abeti che incombono sulla città. Sibili dal monte, gli ordigni che penetrano nella biblioteca dalla cupola in vetro, s’infilano all’interno. Poi le devastanti esplosioni, il rogo dell’edificio in stile neo-moresco costruito durante l’epoca austro-ungarica, le fiamme che si alzano. Rogo che durò tutta la notte del 25 agosto 1992 e per altre trenta ore almeno. Bruciò così la biblioteca nazionale e universitaria di Sarajevo, la “Vijecnica”. E con essa migliaia di preziosissimi libri e incunaboli, giornali, riviste e mappe, memoria storica di una città multietnica da secoli e per questo invisa a quelli che vivevano sulle montagne, manipolati da mediocri intellettuali, come Nikola Koljevic, e psichiatri come Radovan Karadzic, pronti a sfruttare cinicamente miti e odi ancestrali. Un incendio e una distruzione che sconvolsero Sarajevo e il mondo intero – che però rimase inerte a osservare in tv il reality dell’assedio. Ma presto, a 120 anni dalla sua costruzione e dopo quasi 18 anni di complesso restauro – con relativi ostacoli burocratici, problemi finanziari e organizzativi -, la Vijecnica tornerà al suo antico splendore. Le tre facciate dell’edificio a base triangolare sono ormai da tempo pronte, illuminate dai colori originari del 1894. E pronti sono i marmi, gli stucchi decorativi, l’ornato degli arabeschi, i vetri a mosaico già montati, le porte intarsiate infilate nei cardini, le finestre in legno. La terza fase è stata completata nel 2012, la quarta e conclusiva – quella degli interni, delle decorazioni e dell’arredamento - è vicinissima a raggiungere l’obiettivo, illustra nella sede del municipio della capitale bosniaca Vildana Jakic, coordinatrice del progetto di restauro. E «la cerimonia ufficiale d’apertura», conferma Jakic, è in programma «il prossimo 9 maggio». Una data non casuale, perché coincide con la “Festa dell’Europa”, quella che ricorda la Dichiarazione Schuman e celebra l’unità del Vecchio continente. Ma quello è anche il giorno in cui si commemora la sconfitta del nazismo. Ed è veramente la giornata ideale per celebrare la vittoria contro chi bruciò i libri, in epoche diverse. Poi, il 28 giugno, anniversario dell’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo, ci sarà il «primo evento» nella Vijecnica definitivamente riconsegnata alla città, una grande cerimonia che sarà aperta «con il concerto dell’orchestra filarmonica di Vienna», aggiunge la funzionaria. Lì i visitatori potranno ammirare l’edificio tornato esattamente «com’era prima», a parte l’aggiunta di un ascensore, di doppie finestre per garantire l’efficienza energetica e di un impianto di aria condizionata. Interno che, illustra poi Jakic, sarà “diviso” in sezioni, per restituire alla Vijecnica sia la funzione di biblioteca universitaria, sia quella di sede di rappresentanza della città. Come si evince dai progetti messi sul tavolo del Comune, il sotterraneo offrirà spazi per la cultura, un museo sulla biblioteca e sulla sua devastazione premedit. ata, accoglierà il deposito della biblioteca e un caffè in stile viennese, oltre a stanze per gli impianti elettrico, d’aerazione e riscaldamento. Il piano terra, il mezzanino e il secondo saranno suddivisi tra biblioteca e spazi della municipalità, mentre il primo piano sarà occupato solo da uffici del comune di Sarajevo, che potrà usufruire anche dell’ampia e storica sala riunioni da 60 posti, oggi ricostruita. E i libri sopravvissuti al rogo? Oggi una parte è ospitata nel campus dell’università, nell’area che fu della “Caserma Maresciallo Tito”, ma quelli «più antichi e di maggior valore» torneranno presto a casa, alla Vijecnica.

Libri che, ricorda dando il “la” a un flusso di dolorosi ricordi un collega di Jakic, in tanti provarono a salvare, nell’estate del 1992. «Fu però impossibile controllare l’incendio, la gente si mobilitò per aiutare i pompieri, io e tanti altri ci precipitammo per tentare di recuperare i libri, ma intanto i cecchini sparavano» e le granate cadevano. “Quelli di sopra” facevano il tirassegno su quelli di sotto, in questo caso vigili del fuoco, impiegati della biblioteca e volontari. Fu un atto di «orribile primitivismo, lo ripeto sempre», gli fa eco la collega responsabile del restauro. Un restauro «importantissimo, perché la Vijecnica è il simbolo di Sarajevo» e la sua distruzione la metafora del «fascismo più abietto» e ancora oggi ai sarajevesi «fa tornare in mente i ricordi più orribili». «Fu un momento molto duro», quando la biblioteca venne distrutta. Quando le si chiede della guerra e dell’assedio, Jakic risponde con voce sempre più commossa. «Ancora oggi non so come siamo sopravvissuti», lei e i figli piccoli, «un giorno senza elettricità, l’altro senza acqua, con un pugno di riso da mangiare».

Bambino ai tempi era anche Emir Memic, laurea in architettura e restauro a Torino e oggi responsabile del monitoraggio dei lavori. Lo s’incontra all’ingresso della Vijecnica, impossibile entrarci per motivi di sicurezza. Lì spiega che «i colori della facciata sono quelli originali, i materiali gli stessi», incluso «il legno di quercia di prima classe della Slavonia», usato per le porte esterne, tutte di altissima qualità, tutte intagliate da abili artigiani locali di Kiseljak, come le finestre. Del luogo, tutte bosniache, sono le imprese che stanno lavorando, ora a ritmo serrato, alla conclusione dei lavori, in particolare gli esperti delle decorazioni in gesso, per non “bucare” la deadline di maggio. Restauro non del tutto privo di criticità. La più evidente, suggerisce Memic, il fatto che i fori delle granate e delle pallottole sulla facciata sono stati quasi completamente riempiti dagli operai con calce e cemento. I futuri visitatori e soprattutto i turisti, in particolare quelli più distratti, con fatica potranno rendersi conto dell’ampiezza della distruzione passata. Distruzione che però rimarrà nell’anima e nella memoria della città, malgrado la ricostruzione, assieme al milione di libri andati in fumo e ai quasi 12mila sarajevesi uccisi durante l’assedio. Per i quali nessuno ha pagato e nessuno pagherà mai abbastanza.

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