Restauri senza gara, indaga la Procura

Ancora nel mirino i lavori di restauro affidati senza gara d’appalto e sempre alla stessa impresa dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici: dopo l’ispezione ministeriale che ha prodotto un’articolata relazione, e dopo l’istruttoria avviata dall’Autorità nazionale anticorruzione, a interessarsi del caso è ora la Procura della Repubblica. Che ha aperto un’inchiesta.
Alcuni giorni fa i finanzieri della polizia tributaria si sono recati tanto negli uffici triestini quanto in quelli udinesi della Soprintendenza guidata da Maria Giulia Picchione. I militari sono stati incaricati dal pm Lucia Baldovin, titolare del fascicolo, di acquisire la documentazione relativa a tre opere affidate alla stessa Lepsa srl di Roma con la procedura di «somma urgenza»: è quella che consente di affidare opere in via diretta senza seguire il normale iter di gare d’appalto a evidenza pubblica, e può essere seguita in situazioni di particolare gravità, quando vi siano pericoli per l’incolumità pubblica o se si siano verificati eventi imprevedibili e eccezionali.
A Palazzo Economo e negli uffici udinesi di Picchione i finanzieri hanno acquisito lettere ufficiali ma anche mandati di pagamento, con l’obiettivo di verificare eventuali responsabilità penali relative agli affidamenti in questione. L’inchiesta al momento è infatti protocollata come “atti relativi”. Il pm Baldovin, interpellata in proposito, non ha voluto ieri rilasciare alcuna dichiarazione.
Il caso dei lavori di restauro asseritamente urgenti gestiti dall’ufficio diretto da Picchione era stato sollevato lo scorso giugno dall’Ance, l’Associazione regionale dei costruttori guidata da Valerio Pontarolo, che dopo avere chiesto e ottenuto ufficialmente di accedere agli atti aveva inviato il mese successivo un esposto all'Avcp, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. Nella segnalazione iniziale, l’Ance aveva in particolare indicato «presunte anomalie relative all'affidamento» di tre opere nel corso degli ultimi due anni: due relative alla messa in sicurezza della cinta muraria di Palmanova, per un totale complessivo di 715mila euro; e una relativa a Palazzo Clabassi, sede udinese della Soprintendenza stessa, per un importo di 250mila euro.
Una volta ottenuti da Palazzo Economo e visionati gli atti relativi a quelle opere, l’Ance nel proprio esposto ha puntato il dito proprio sulle circostanze della «somma urgenza», rilevando che tali non sarebbero il normale deterioramento dei beni o il rischio di perdere finanziamenti. In contestazione anche il mancato rispetto del principio della rotazione fra imprese, in quanto «tutti gli affidamenti - come ha rilevato in seguito l'Autorità anticorruzione nel provvedimento di avvio dell’istruttoria - «risulterebbero assegnati alla medesima impresa di Roma».
L’istruttoria aperta a fine luglio dall’Autorità anticorruzione peraltro non cita soltanto l’esposto dell’Ance, ma anche «la segnalazione» - acquisita il 9 luglio scorso - dell’ispettore ministeriale Antonio Tarasco, che, come si diceva, dopo avere fatto visita in regione in giugno ha firmato una relazione sui lavori contestati. Relazione in cui l’ispettore evidenziava «profili di criticità». Il funzionario aveva infatti analizzato gli iter seguiti per i lavori già nel mirino (e anche per Casa Bertoli di Aquileia), rilevando verbali di somma urgenza «privi di protocollo e dunque di data certa», perizie redatte «oltre il termine di dieci giorni» prescritto per legge, mancata distinzione tra lavori indifferibili e non, sovrapposizione di ruoli - progettista, responsabile e direttore - tutti in carico a Picchione, laddove l’ordinamento li prevederebbe distinti.
Dopo l’esposto dell’Ance, la relazione ministeriale e l’istruttoria aperta dall’Anticorruzione, ora dunque entra in campo anche la Procura.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo