Mascherine per l’industria: la Sbe ne acquista 40 mila

Nella città dei cantieri partono le verifiche all’interno delle realtà produttive. Un doppio stock da Polonia e Cina a 0,7 euro per l’azienda che produce viti

MONFALCONE Quando il salario traballa i conti rischiano di non tornare mai. È per questo motivo che davanti alla brusca chiusura di Fincantieri, un provvedimento comunque sollecitato dal Comune e adottato dalla società per cause di forza maggiore, ora l’amministrazione di Monfalcone si pone la necessità di tutelare i lavoratori indiretti, cioè l’appalto: l’anello più fragile della catena.

Nello stesso tempo il sindaco, dopo aver ispezionato le sue “aziende” pubbliche (la casa di riposo, ma pure asili e scuole per i quali, benché chiusi, ha ugualmente voluto far scattare l’operazione sanificazione), intende proseguire con le visite alle altre importanti realtà produttive sul territorio: Sbe, Nidec, Mangiarotti e via di seguito. Un passo che segue il sopralluogo della scorsa settimana alla grande fabbrica di Panzano. La finalità è duplice: verificare l’adozione dei dispositivi di protezione individuale, nonché il rispetto delle distanze imposte con decreto, e chiaramente apprendere lo stato in cui versa l’industria.

Chi al momento decisamente non accusa problemi di carenza delle mascherine è l’imprenditore della Sbe-Varvit di via dei Bagni: in tempi ante “coprifuoco”, «quando tutti dicevano che non servivano a nulla», Alessandro Vescovini ne ha acquistate in due stock, polacco (già pervenuto) e cinese (atteso domani), da 20 mila pezzi, a 0,7 euro ciascuno. Totale: 40 mila protezioni in dote. Sicché l’azienda accantonerà, generosamente, una piccola parte per destinarla ai fabbisogni del Comune.

Alla Sbe già da due settimane, secondo quanto riferito dal vertice, i dipendenti – 430 a Monfalcone, 650 in totale – stanno impiegando le mascherine. Sempre con accordo sindacale sottoscritto si sono poi chiuse, di pari passo, la mensa e l’area caffè. L’espresso non viene ovviamente negato agli operai: semplicemente ci si può recare all’erogatore solo uno alla volta e si consuma la tazza alla propria postazione. Viene «sconsigliato il ricorso alla doccia», a meno che le condizioni del lavoratore non siano tali dal richiederlo. Simultaneamente si sono introdotte forme di flessibilità: «La parte impiegatizia che conta una quindicina di lavoratori – spiega Vescovini – è stata dotata di un pc per svolgere le mansioni da casa, attraverso smart working». Quanto al prosieguo dell’attività nelle prossime settimane Vescovini è schietto: «Andremo avanti finché ci sarà possibile». Come tutti, si vive alla giornata. Le prime difficoltà, per l’azienda di via dei Bagni, si sono avvertite nel campo logistico, con i trasporti.

Intanto, sul fronte dell’indotto Fincantieri, dall’amministrazione una linea chiara a favore della tutela salariale. «Nel momento in cui migliaia di lavoratori sono costretti a rimanere fuori dalla produzione per cause così straordinarie di natura sanitaria – sottolinea il sindaco Anna Cisint – il Comune si batterà in tutte le sedi necessarie affinché non siano penalizzati, e non rimangano quindi senza reddito, tutti quei lavoratori delle imprese dell’indotto che spesso sono titolari di contratti anomali o le cui ditte non dovessero garantire questi diritti». «È del tutto evidente – rileva – che stiamo attraversando una situazione di carattere emergenziale. Che, in quanto tale, richiede l’applicazione di norme e garanzie inedite rispetto al passato per tutelare, oltre alla salute, anche gli stipendi dei lavoratori». –


 

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