Le ruspe sulla Tripcovich “emarginano” Dipiazza
L’abbattimento della Sala Tripcovich riporta a galla un progetto di otto anni fa e spacca la maggioranza. Il partito dei demolitori, capeggiato dal sindaco picconatore, dovrà fare i conti con chi vuole riaprire il capitolo Tripcovich al punto dove la seconda amministrazione Dipiazza l’aveva lasciato. «Riemerge l’idea di abbattere l’edificio di Umberto Nordio. Ma da anni esiste un ottimo progetto di riconversione, peraltro incoraggiato dall’amministrazione comunale nel precedente mandato di Roberto Dipiazza. Una soluzione sempre attuale, innovativa e utile, che andrebbe rivalutata», riapre la partita l’ex assessore Paolo Rovis che condivideva la passione per questo progetto assieme agli allora consiglieri regionali Piero Camber e Maurizio Bucci.
Il progetto di riconversione. Quello della Nuova Tripcovich è stato lanciato nel 2009 da un gruppo di giovani tra i quali ci sono Andrea Rodriguez (ora impegnato nel Comitato 5 dicembre per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera) che ieri ha pure rilanciato il progetto: «La Sala Tripcovich è potenzialmente un grande patrimonio per Trieste e già otto anni fa un gruppo di visionari tra cui me, Roberto, Piero, Marco, Magda e Claudio, e forse qualcun altro che oggi non mi sovviene, creò. Un progetto completo e sostenibile per restaurarla. È tutto pronto. Basta ripensare due cosette e Trieste può avere una struttura meravigliosa, per i giovani ma non solo, in pieno centro, che non disturberebbe nessun vicinato e porterebbe lavoro e ricchezza. Chissà se stavolta non riusciamo».
Un polo culturale e di formazione. Del gruppo di visionari favevano parte Roberto Lisjak, Piero Boncompagno, Marco Boncompagno e Claudio Farina. «Si tratterebbe di prendere spunto dall’esperienza pordenonese del Nuovo Deposito Giordani (che ha chiuso l’anno scorso, ndr), creando così un contenitore polifunzionale che abbia all’interno delle sale destinate alla musica dal vivo ed alla musica da ballo ed uno studio di registrazione - si legge nel progetto -. Una struttura da sfruttare sia dal punto di vista dell’intrattenimento che della formazione di nuove professionalità, con la creazione di corsi in settori riguardanti la fonica, la logistica, l’organizzazione di eventi e tutto quello che non viene coperto in questi ambiti dal punto di vista didattico al momento a Trieste».
Quando si spenderebbe. Il costo del progetto per risistemare lo spazio è di circa due milioni e mezzo di euro per una struttura autosostenibile. Più o meno gli stessi costi che servirebbero ora per rimetterla a posto. «Quanto alla Tripcovich anche a me pare inutile abbatterla - scrive Francesco Cervesi -. Tanto i costi per sistemarla (si parlava di due milioni) alla fine sono equivalenti ai costi per abbatterla e sistemare l'area».
Che fine farà la Tripcovich? Neppure Serena Tonel, primo assessore ai teatri di Trieste, vuole essere ricordata come quella che ha raso al suolo una sala teatrale. «In questo momento chiuderla è stata una scelta obbligata. Non può essere aperta al pubblico. Quello che possiamo fare come Comune è trovare delle soluzioni alternative. Sto lavorando per trovare delle soluzioni immediate». E che fine far fare alla Tripcovich? «Non sono io a dirlo. È un edificio vincolata dalla Soprintendenza», spiega l’assessore che non ha le manie distruttive del primo cittadino. «Approfondiremo nei prossimi giorni la questione della Sala Tripcovich e del preannunciato abbattimento. Per ora possiamo dire che prima di fare a meno di un luogo di cultura come quello è necessario non solo progettare ma anche realizzare un posto alternativo, altrimenti il rischio sarà quello di perdere eventi e manifestazioni importanti, cosa che Trieste non può permettersi», dichiara Paolo Menis, capogruppo del Movimento 5 Stelle.
Strategia mancante? «Un'area verde o uno spazio equivalente e una sala alternativa per eventi quali i festival del cinema, la musica eccetera. Perché Rossetti e Verdi sono molto cari e con un calendario fitto quindi offrono poche possibilità», propone l’ex sindaco Roberto Cosolini. «Ma mi fate capire dove sta la strategia? Forse altri parcheggi? C’è il Silos a due metri! Forse riqualificare l’ingresso in Porto vecchio? In teoria parrebbe avere un senso, ma in realtà non ce l’ha se l’idea di progetto è fare uno spiazzo con sotto un parcheggio. E quindi che cosa esprime questa uscita “muscolare”: che quando si hanno poche idee si cerca di dare loro forza sparandole grosse?», si chiede l’ex assessore Elena Marchigiani senza aspettarsi risposte.
Riproduzione riservata © Il Piccolo