Le meduse a tavola? Proibite Ma a Trieste gli chef le studiano per insalate e finger food stile Hong Kong

Metullio (Harry's) al lavoro su un progetto con Svbg: «Il cibo del futuro». Al San Marco testata una ricetta a scopo scientifico nell’evento con Ogs
Benedetta Moro
Lasorte Trieste 03/03/18 - Caffè S.Marco, Nuovo Cuoco
Lasorte Trieste 03/03/18 - Caffè S.Marco, Nuovo Cuoco

TRIESTE Ceviche, un’insalata di origini peruviane, con Rhizostoma pulmo, la medusa che da settimane invade il nostro golfo. Perché questo organismo può avere una seconda vita anche nel piatto. Lo sa bene Matija Antolovic, lo chef del Caffè San Marco, che ha preparato una ricetta ad hoc per una serata dell’Ogs, ma a puro scopo scientifico (è bene sottolinearlo, visto che in Italia e in Europa in generale non è ancora consentito mangiare medusa, a differenza del Sud Est asiatico). Ispirandosi dunque al suo sapore di mare, Antolovic ha così creato un piatto.

«Per eliminare le tossine l’ho bollita per mezzo minuto in acqua bollente salata al 4 per cento e poi di nuovo in acqua ghiacciata – spiega -. Poi l’ho tagliata a cubetti piccoli e l’ho mischiata con cipolla, peperone, peperoncino, coriandolo e cetriolo. Pochissimo succo di lime e limone. Né sale né olio. Ha un sapore fresco di mare e così l’ho fatta: fresca e acidina». «Era un esperimento nell’ambito de “Il mare nel piatto” in collaborazione con l’Ogs – prosegue il titolare del locale, Alexandros Delithanassis -. Mi era piaciuto. Se è vero come dicono i ricercatori che alcune specie sono commestibili, ben venga se sono introdotte nei piatti».


Ma c’è anche lo chef stellato Matteo Metullio che da tempo è coinvolto in un progetto che vede protagonista anche la medusa. E intanto in cucina la pensa così: «Nel mio immaginario la vedo alla griglia – spiega -, con un’insalata o un pesto di alghe, salsa di soia o teriyaki, cipollotto e olio di sesamo. Ma sono solo idee perché non l’ho mai provata, non so quale sapore possa avere. Mi dà l’idea di un sapore comunque fresco, perché penso sia come avere la sensazione della seppia sotto i denti. Dopo la cottura è da capire cosa resti». Il progetto a cui si dedica da tempo è un’idea della Società velica Barcola-Grignano e del suo presidente Mitja Gialuz. «È da un anno e mezzo che stiamo parlando con un pool di biologi ed esperti per capire quali specie siano commestibili – spiega lo chef -. Penso sia il cibo del futuro, visto che le meduse sono tante».

Nel Sud Italia c’è invece anche chi di recente ha scritto un libro di ricette. S’intitola “European Jellyfish – Prime ricette a base di meduse in stile occidentale” e fa parte di un progetto europeo a cura anche dell’Istituto di Scienze delle produzioni alimentari del Cnr di Lecce, una realtà che studia da tempo la Rhizostoma pulmo.



«Siamo un po’ invidiosi di ciò che sta accedendo nel golfo di Trieste - dice sorridendo Antonella Leone, ricercatrice dell’Istituto -, perché le campioniamo da dieci anni nel golfo di Taranto, invece dall’anno scorso non se ne vede nemmeno una. Ci piacerebbe avere i fondi per capire il fenomeno. Intanto stiamo lavorando a un progetto per l’uso alimentare della medusa nell’uomo e uno dei risultati è la divulgazione e il trasferimento delle conoscenze. Abbiamo collaborato con gli chef stellati Gennaro Esposito, Pasquale Palamaro, Fabiano Viva e Giovanni Ingletti, assieme a una chef di Hong Kong che ha lavorato con noi, portando anche le meduse di quell’area che vengono seccate e servono come finger food e insalate». Così è nato ad esempio, tra i vari piatti, il Carpaccio di medusa con marinatura sale e zucchero «che ricordava l’ostrica».

«Altri gruppi del progetto hanno pensato invece – conclude Leone – a utilizzare la medusa in agricoltura come fertilizzante e mangime in acquacoltura ma anche in cosmetica, perché ha molto collagene». —
 

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