La Cassazione conferma il reintegro dello scenografo “cacciato” nel 2016 dal Verdi

La Fondazione lirica aveva deciso di chiudere il rapporto di lavoro per ragioni disciplinari: l’ultima sentenza dà ragione a Barbato 

TRIESTE Anche la Cassazione dà ragione al professor Aurelio Barbato, lo scenografo che la Fondazione Teatro Verdi aveva licenziato nel 2016 per ragioni disciplinari.

La decisione della Corte fa seguito alla sentenza della Corte D’Appello di Trieste, dell’anno scorso, che aveva confermato il reintegro di Barbato e l’illegittimità del licenziamento comminato dalla Fondazione.

Il teatro aveva dunque già tentato di riformare la prima ordinanza del giudice del lavoro Silvia Burelli con cui il professore era stato reinserito al suo posto. Il ricorso era stato respinto. Il giudice Paola Santangelo aveva confermato il provvedimento. Sentenza, anche questa, impugnata dal teatro in Appello ma con esisto favorevole al professionista.

Il giudice reintegra lo scenografo punito per i lavori senza casco


Il giudice, inoltre, aveva condannato la Fondazione a pagare allo scenografo licenziato (e poi riassunto)le spese di lite pari a 5mila euro. Per il professionista, grazie al definitivo pronunciamento della Cassazione, la battaglia giudiziaria ora è vinta e conclusa.

Tutto era cominciato nel maggio del 2016 in seguito a un servizio fotografico che, secondo le intenzioni, avrebbe dovuto pubblicizzare le operazioni di preparazione delle scenografie per “Il Pipistrello” (la celebre operetta di Strauss) avvenute nel laboratorio del teatro Verdi alle Noghere.

Dalle immagini però si vedeva che nessuno degli addetti ai lavori indossava il caschetto e nemmeno gli altri dispositivi antinfortunistici obbligatori per legge.

Al Teatro Verdi di Trieste resta in scena Barbato


Circostanza, questa, che non era passata inosservata ai vertici del Verdi, secondo cui Barbato (direttore dei tecnici del palcoscenico) avrebbe dovuto vigilare anche sulla sicurezza.

Per il professionista, dopo una prima lettera di contestazione, era quindi scattato il licenziamento.

Questa tesi era stata però ribaltata dal giudice Burelli, che nella sua ordinanza aveva accolto le conclusioni dell’avvocato Corrado Calacione, legale dello scenografo. «Siamo in pratica a quattro pronunce – osserva l’avvocato – forse su questa vicenda c’è stato un accanimento. E con soldi pubblici». Inoltre, fa notare il legale, «anche per ottenere il pagamento delle mensilità relative al periodo di licenziamento, abbiamo dovuto rivolgerci al giudice del lavoro». —

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