Il Museo Alinari è un caso: «Snobbati dal Comune»
Avrebbe fatto meglio a scegliere un’altra città per dar vita al suo museo, che qui a Trieste non è soltanto multimediale, è proprio trasparente. È l’amaro sfogo di Claudio de Polo, presidente della Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia, che l’altro giorno nella conferenza stampa dedicata al bilancio dei primi sei mesi d’attività dell’Alinari Image Museum (Aim), non le ha certo mandate a dire all’assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi, suo dirimpettaio nella tavolata organizzata per l’occasione. Se il bilancio dei primi sei mesi d’attività dell’Aim è negativo, ha detto essenzialmente de Polo, è perché il museo è stato abbandonato a se stesso: «Abbiamo la sensazione di essere trasparenti rispetto a questa amministrazione - ha argomentato -, che finora non ha fatto nulla per comunicare la nostra presenza a Trieste. Inutile aprire un museo se poi non fai sapere al pubblico che esiste».
Arroccato sul colle di San Giusto, nel Bastione fiorito del Castello, l’Alinari Image Museum è un museo multimediale che, per come è concepito e per l’immenso patrimonio d’immagini di cui dispone, non ha eguali in Europa. Ma a più di sei mesi dall’apertura, e alla sua terza mostra, sono davvero pochi i triestini che ne conoscono l’esistenza. Per non parlare dei turisti.
«In città e anche a San Giusto non è stata apposta alcuna segnaletica che ne indichi la presenza - denuncia de Polo - e non sono stati destinati fondi per la comunicazione. In sei mesi abbiamo dovuto cambiare tre volte il prezzo del biglietto e con la biglietteria che chiudeva alle 16.30 e il museo alle 17 (ora è entrato invece in vigore l’orario estivo, con chiusura alle 19, ndr) era difficile intercettare il pubblico dei lavoratori».
In più, sottolinea de Polo, il Castello continua ad essere difficilmente raggiungibile dalla città. «L’Aim è una pietra preziosa incastonata nel Castello di San Giusto che a Trieste non ha ancora avuto la visibilità che si merita - concorda l’assessore Rossi -. Abbiamo ereditato una situazione in cui questo museo a San Giusto somiglia alla fortezza del Deserto dei Tartari. Ma abbiamo preso in mano la cosa e risistemeremo la zona palmo a palmo. Creeremo un nuovo centro visitatori multimediale e lavoreremo sulla segnaletica. C’è una trattativa in corso con l’azienda proprietaria del parking San Giusto per permettere a tutti di utilizzare l’ascensore per salire sul colle. Abbiamo avviato un’attività di riqualificazione del Castello. E quest’estate rivitalizzeremo la zona con numerose attività culturali. Il Castello oggi ha 60mila visitatori, vogliamo arrivare a 100mila. Certo bisognerà investire anche sul marketing».
Gli altri problemi dell’Aim, dice Rossi, sono gli stessi degli altri musei cittadini: «C’è la necessità di un riordino dei poli museali, dal punto di vista degli orari, tema che ho portato in giunta la settimana scorsa, e anche della funzione degli addetti ai lavori». L’Aim, progettato da Massimiliano Pinucci, è il museo dell’immagine dei Fratelli Alinari, uno spazio reale per contenuti virtuali. Ospita una sezione dedicata alla fotografia analogica e un’altra, la temporanea digitale, dedicata alla fruizione immersiva dell’immagine. Dalle postazioni poste nel corridoio didattico è possibile consultare 50mila immagini ad alta definizione, digitalizzate dal più antico archivio fotografico del mondo, l’Alinari appunto, custode di un patrimonio di oltre 5 milioni di originali. Attualmente sta ospitando una mostra dal titolo “Lampi di immagini sul Friuli Venezia Giulia”.
«L’Aim è un museo di tendenza - sottolinea de Polo - e la stampa internazionale ci ha dedicato pagine intere. Ma se l’affluenza continuerà ad essere quella di questi mesi sarà davvero difficile andare avanti. In trent’anni come Fratelli Alinari abbiamo organizzato 380 mostre di successo in 409 città del mondo: non mi sarei mai aspettato questa invisibilità proprio da Trieste».
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