Il mosaico impossibile della villa romana

Oggi il sopralluogo decisivo in via Bagni nuova con la Soprintendenza, ma due criticità pesano sul sito: le falde e i privati
Un pezzo del grand emosaico venuto a galla in via Bagni
Un pezzo del grand emosaico venuto a galla in via Bagni

MONFALCONE Una sala da pranzo appena sotto la crosta d’asfalto. Chi se lo sarebbe immaginato, qualche mese fa. Eppure quello sbucato dal fango in via Bagni nuova, dove a dicembre gli operai di Irisacqua picconavano il suolo per predisporre una condotta fognaria, è proprio un triclinio, il luogo in cui veniva servito il banchetto nelle domus degli antichi romani. Un locale ch’era anche un biglietto da visita dello status di famiglia, dove i patrizi, i nobili dell’epoca, intrattenevano i loro ospiti adagiati su cuscini, attorno a un tavolo basso e sovente posto sull’intreccio geometrico di un mosaico. Tasselli sapientemente accostati l’uno all’altro per formare un disegno che dava anche la misura del lignaggio del dominus. E il dominus che aveva trovato dimora, forse già dal I secolo dopo Cristo, nell’attuale via Bagni nuova, doveva essere particolarmente facoltoso. Perché il lacerto musivo emerso dai sondaggi della ditta Archeotest incaricata dalla Soprintendenza (che ha acquisito la direzione scientifica e messo sotto sua tutela l’area) è il più pregevole fin qui emerso nel Monfalconese, compresi i ritrovamenti di Ronchi dei Legionari.

 

Uno scavo di 45 metri quadrati per svelare il mosaico romano
Bonaventura Monfalcone-02.05.2016 Sopralluogo scavi sopraindente Marino-Via dei Bagni-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

 

Oggi, per quel mosaico, è il giorno decisivo. Il soprintendente ad interim Simonetta Bonomi incontrerà l’amministrazione Altran per un sopralluogo e per stabilire il da farsi, cioè - in drastica sintesi - ricoprire il disegno di età romana, proteggendolo con della sabbia, o rintracciare un modo per valorizzarlo, magari avviando una compagna di scavo. Nessuno si sbilancia, ma da fonti piuttosto informate si apprende che vi sono due criticità rilevanti da ponderare. La prima è rappresentata dal luogo stesso: un’area costellata da proprietà private, con un’arteria ad alto scorrimento. Lì sotto c’è il triclinio e con esso ciò che resta dell’antica villa romana, la quale potrebbe estendersi, secondo le prime analisi degli archeologi, anche per dimensioni notevoli e fino a mille, o forse più, metri quadrati. Solo quel mosaico svelato, secondo le prime proiezioni, coprirebbe un’area di 30-40 metri quadrati. Ma accanto al disegno ci sarebbe un altro ambiente. E pure un’altra decorazione musiva. È stato anche individuato uno degli ingressi, che da tradizione, nel caso delle ville prossime al mare, volgeva al litorale. Mentre l’uscio principale doveva essere orientato dalla parte opposta, nell’entroterra.

 

La Soprintendenza scommette sul tesoro di via Bagni nuova
GRADO - DOMENICO MARINO - DIRETTORE MUSEO DEL MARE

 

Il guaio è che con alto grado di probabilità i resti della domus si trovano anche sotto le fondamenta nelle case o negli appezzamenti privati. Senza considerare la problematicità di via Bagni nuova, che oltre a servire la De Franceschi collega la periferia di Panzano a Marina Julia. Insomma, condizioni molto difficili su cui intervenire. Più agevole sarebbe stato se l’area fosse stata integralmente pubblica. E bisogna anche considerare la fitta rete di sottoservizi che comprende: gas, acquedotto, linee elettriche e un’enorme condotta rettangolare di due metri per due dedicata alle acque reflue.

La seconda criticità è invece rappresentata dalle infiltrazioni. Nel punto l’acqua arriva fino a pochi centimetri dall’asfalto. Immaginando l’allestimento di un sito archeologico si potrebbe ipotizzare l’impiego di pompe aspiranti per preservare l’antica pavimentazione, ma i costi schizzerebbero alle stelle, anche perché si tratta di arginare il mare. E come lo si contiene? Per contro, lasciando l’intreccio geometrico visibile, si corre il rischio di far sì che le falde sciolgano la malta che ancora tiene unite le tessere lapidee. Una bella gatta da pelare.

Il lacerto musivo cronologicamente si colloca, stando a una prima stima, tra il I e il III secolo dopo Cristo, in età romano-imperiale. Ma nelle indagini della ditta gradese Archeotest, che a breve con la Soprintendenza presenterà ufficialmente i risultati delle ricerche, sarebbero emersi anche elementi riconducibili al I secolo, ciò a testimonianza di una villa che ha saputo mantenersi nel tempo. E ha avuto vita lunga, fin qui.

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