Pallanuoto, la mamma delle orchette Ilaria Colautti lascia l’A1: «Una storia strepitosa»

La 37enne artefice della rinascita del movimento rosa a Trieste lascia la conduzione della prima squadra: “Le ragazze hanno bisogno di nuovi stimoli”
Riccardo Tosques
Il sorriso di Ilaria Colautti
Il sorriso di Ilaria Colautti

TRIESTE È entrata nella famiglia della Pallanuoto Trieste a 18 anni. Da giocatrice. La squadra all’epoca era iscritta alla serie C del Triveneto. Fu subito promozione. Da lì una serie di campionati splendidi culminati con la serie A2 raggiunta nel 2008.

Dieci anni fa si presentò poi da Enrico Samer con un progetto visionario: far rinascere un movimento appena sepolto che contava cinque iscritte. Oggi lascia con una squadra perfettamente integrata nell’élite nazionale della waterpolo.

Grinta e testardaggine fanno parte del DNA di quella che è stata l’anello di congiunzione tra il passato e il presente del settore femminile della pallanuoto triestina. Ilaria Colautti, triestina classe 1985, ha vissuto questo sport da protagonista assoluta in acqua con le “orche assassine” e da leader sulla panchina della sua suggestiva creatura sportiva: le “orchette”.

«La mia decisione di lasciare la conduzione della prima squadra, con l’auspicio però di rimanere nell’ambiente del settore giovanile, era maturata già da mesi e nulla ha a che vedere con la mia gravidanza (ai primi di dicembre il piccolo Enea avrà una sorellina, ndr). Sentivo che le ragazze avevano bisogno di nuovi stimoli. Le ambizioni del club sono dichiarate: raggiungere il vertice della pallanuoto italiana femminile. Un allenatore d’esperienza come Paolo Zizza è la persona giusta».

Colautti è un cognome storico nella pallanuoto alabardata. Il padre Renzo, stimato pediatra da un anno in pensione, già presidente della Triestina Nuoto, è stato cofondatore del sodalizio presieduto da Samer.

«A dispetto di quanto si possa banalmente pensare, mio padre è stato un testimone silenzioso della mia carriera. Ha sempre osservato il mio operato dall’esterno, esprimendo naturalmente la sua soddisfazione per il lavoro svolto e per i successi raggiunti soprattutto nel settore giovanile. Ma non si è mai intromesso ed io ho sempre apprezzato questo suo atteggiamento verso le mie decisioni o verso quelle del club che interessavano me. Sia chiaro, quindi: il cammino in questo sport l’ho affrontato con le mie gambe».

E non va dimenticata Roberta Colautti, la sorella minore, anche lei nel nucleo delle orche assassine e aiutoallenatrice nel primo anno dell’esordio in panchina di Ilaria.

Tante, tantissime le gioie raccolte con la Pallanuoto Trieste. «Da giocatrice spicca ovviamente la promozione in A2. Ce la godemmo appieno anche perché era un obbiettivo a cui puntavamo da diversi anni. Da allenatrice è chiaro che l’essere riusciti a raggiungere la A1 non ha eguali. Fu un traguardo record, conquistato in tempi brevissimi, al primo play-off, con una squadra giovanissima, tutta triestina. A livello giovanile, invece, oltre al titolo tricolore Under 15 di Ostia del 2016, la gioia più inaspettata arrivò un mese prima grazie alla vittoria del Trofeo delle Regioni dove il Friuli Venezia Giulia, rappresentato esclusivamente da Trieste, riuscì a battere la crema delle squadre di regioni come Sicilia, Liguria, Campania… fu qualcosa di meraviglioso».

Il settore giovanile, tanto caro a papà Renzo, ha regalato anche un pizzico di delusione: «Beh, sì, abbiamo portato a casa troppi quarti posti quando avremmo potuto vincere qualche medaglia in più. Questo è il mio unico vero rammarico».

Orche e orchette. Due generazioni a confronto. «Una similitudine l’ho sempre trovata. L’unione era la forza della squadra quando giocavamo. Ancora oggi sono in contatto con diverse mie ex compagne con cui abbiamo condiviso ricordi indelebili. Questa unità l’ho rivista nelle orchette che compongono una squadra, ma soprattutto una vera seconda famiglia».

Differenze invece? «Una sostanziale. Per noi orche andare in piscina era una sorta di distacco dalla vita quotidiana, che fosse lo studio o il lavoro. Nelle ragazze di oggi andare in piscina è quasi come un lavoro. Per me atleta prevaleva il lato ludico, oggi ha più rilevanza quello professionale. Purtroppo questo sta comportando un abbassamento dell’età in cui si decide di appendere la calottina quando le ragazze affrontano il vero mondo del lavoro. Pare quasi che la pallanuoto non sia conciliabile con lo svolgere una professione. Per noi non era così».

E nella pallanuoto Ilaria ha trovato anche l’amore con Andrea Piccoli. «Nel 2013 facemmo il corso di allenatori di primo livello. Pian piano è partita la collaborazione che ci ha portato ad allenare congiuntamente. La nostra è una sinergia totale: insieme condividiamo entusiasmo e visioni future. Agli occhi delle orchette risultavamo pure complementari: io era la cattiva, lui il buono… La pallanuoto è argomento quotidiano a casa. Dopo le partite continuiamo a discuterne. Sono convinta che il confronto aiuti a crescere. L’unico momento in cui è vietato parlare di pallanuoto? Durante le vacanze…».

Con l’auspicio che le orchette crescano nel loro percorso anche in seno alla nazionale azzurra, con particolare riferimento a Lucrezia Lys Cergol, inserita nella nazionale maggiore, e con un occhio di riguardo per Giorgia Klatowski e Grace Marussi, nella rosa dell’Under 19, Ilaria lancia un messaggio al nuovo allenatore della Pallanuoto Trieste, già commissario tecnico del Setterosa.

«A Paolo Zizza mi sento dire che è un bene portare la propria professionalità per alzare il livello: un salto di qualità è assolutamente auspicabile per tutti. Però attenzione a mantenere lo spirito delle orchette e quello che ruota attorno a questo nome. Queste atlete sono conosciute e ben volute a Trieste perché hanno conquistato l’affetto degli sportivi della nostra città essendo le classiche ragazze della porta accanto. Un valore che mi auguro verrà portato sempre avanti».

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