L’iter per demolire la Sala Tripcovich trova un ostacolo: la palla al ministero
TRIESTE Spunta un nuovo ostacolo sulla strada della demolizione della sala Tripcovich. A piazzarlo, indirettamente, è stato l’uscente ministro pentastellato dei Beni e delle Attività culturali, Alberto Bonisoli. Sì, perché, con la sua riforma sulla riorganizzazione del dicastero, entrata in vigore il 22 agosto, ha stabilito che per la procedura di verifica o dichiarazione dell’interesse culturale di un bene mobile o immobile, l’ultima parola ora spetti per forza agli uffici ministeriali di Roma. Uffici che però sono già subissati di pratiche da smaltire e che non hanno ancora dato istruzioni alla Soprintendenza su come procedere.
Questa svolta – che è un déjà vu dell’era pre-Franceschini – potrebbe dunque incidere sulle tempistiche utili a ottenere il parere sull’abbattimento dell’edificio progettato da Umberto Nordio: è questo un altro cambiamento imposto di recente dalla normativa che, in Friuli Venezia Giulia, ha già inciso radicalmente sull’assetto della rete museale regionale, prevedendo l’abolizione del Polo museale Fvg, sostituito dal Museo autonomo di Miramare. Ma le carte in tavola potrebbero ulteriormente essere modificate dal prossimo governo.
Eppure l’iter della pratica “sala Tripcovich” sembrava essere a buon punto. Proprio in questo periodo infatti gli uffici della soprintendente Simonetta Bonomi dovevano esprimere il loro giudizio sul progetto che, lo scorso luglio, dopo svariati annunci da parte del sindaco Roberto Dipiazza, il Comune aveva ufficialmente presentato a Palazzo Economo. L’obiettivo è la riqualificazione dell’ultimo tratto di piazza della Libertà, più precisamente dell’area di largo Città di Santos, con la valorizzazione dell’entrata del Porto vecchio e appunto lo smantellamento del teatro. Progetto che, pur in assenza di documenti ufficiali, era visto di buon occhio dalla soprintendente. Con la riforma Bonisoli, però, l’iter per l’approvazione o meno contempla l’opinione degli uffici romani, aspetto fino a oggi non obbligatorio. Ma che cosa cambia ora? Prima della riforma il soggetto che avanzava una richiesta, nello specifico per la rimozione di un vincolo su un bene tutelato dalle Belle arti, presentava la domanda in Soprintendenza. Da lì scattava il countdown dei 120 giorni in cui l’ente di Palazzo Economo doveva esprimersi a riguardo. Veniva avviata un’istruttoria che coinvolgeva anche la Commissione regionale per il Patrimonio culturale (Corepacu), di cui facevano parte anche il direttore del Polo museale Fvg, il direttore del Segretariato regionale e il soprintendente, e che poteva pure, in un secondo momento, inviare il fascicolo al ministero per un parere. Ora questo organo viene spazzato via e la palla passa direttamente a Roma. Sulla carta dovrebbero rimanere intatte le tempistiche – 120 giorni – previste dal codice dei Beni culturali. A meno di nuove modifiche.
Tuttavia, nel caso della Tripcovich, bisogna vedere se, visto che è già passato un mese dalla consegna del progetto, si riescono comunque a rispettare i tempi. Bonomi su questo è cauta: «Non necessariamente si allungheranno i tempi, però non abbiamo ancora avuto istruzioni in merito. Non sono in grado di dare opinioni sulla normativa ora che è appena l’inizio. Questa novità, certamente, complica le cose, soprattutto per gli uffici romani, che si troveranno anche queste pratiche da smaltire. Quel che è certo è che, come per tutti i procedimenti, se chiederanno delle integrazioni, s’interromperà l’intervallo dei 120 giorni». Quanto al parere della Soprintendenza Fvg, «l’istruttoria – conclude – non è ancora terminata, forse in una decina di giorni lo sarà, devo vedere con i miei funzionari». —
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