Trieste Underground - Giovani writer crescono fra i muri

L’hanno battezzata “400ml”, come il contenuto di una bomboletta di vernice in millilitri, l’associazione culturale che a Napoli scorrazza in giro turisti a caccia di street art attraverso il centro storico partenopeo. E con parecchio successo. Ma se a Trieste la geografia dei graffiti langue rispetto a tante altre città italiane ed europee, simili tour si fanno eccome.
Merito dell’associazione Melart, nata da un collettivo di giovani impegnati nella street art e nel muralismo pubblico all’interno del quartiere Ater di Rozzol Melara e formalizzatasi nel 2009 divenendo punto di riferimento artistico e culturale sul territorio.
Parola d’ordine RASC, Riqualificazione Artistica dello Spazio Costruito: un progetto di decorazione degli spazi urbani poco sfruttati o non gradevoli alla vista da restituire, vestiti a nuovo, alla cittadinanza.
Un passo indietro è d’obbligo: perché quello dei graffitari è un universo complesso e variegato sotto la cui etichetta finisce di tutto, dal “firmaiolo” più accanito che fa bombing marcando ossessivamente il territorio con il proprio “pezzo” a chi viceversa esprime un talento artistico a tutto tondo, creando vere e proprie opere godibili da tutti e alla luce del sole.
A Trieste c’è questo e quello: semplificando e senza contare la miriade di segni di matrice ideologica che con il graffitismo nulla ha a che fare, si possono individuare giovanissimi che “vivono di solo tag”, battitori liberi e anonimi con produzione artistica anche piuttosto affermati, altri ancora che tentano di sviluppare un discorso più strutturato, nella volontà di lasciare un segno che la comunità possa non solo condividere ma del quale, soprattutto, appropriarsi.
Tra questi c’è Maloskate, al secolo Federico Duse, mente e cuore di Melart, che si batte per ottenere spazi legali mirati che contribuiscano a ridisegnare, con interventi creativi e di qualità, la topografia cittadina.
Se il primo muro legale autofinaziato, “Good morning Melara” ha visto la luce nel 2010 di fronte alla scuola elementare del comprensorio, non si creda che questi writer operino solo “in casa”. I rioni di Borgo San Sergio, Ponziana, il parco di San Giovanni con il suo pescione con le fauci sono stati toccati dal loro progetto.
«Abbiamo lavorato molto, e non solo a Rozzol dove abbiamo già riqualificato a nostre spese un migliaio di metri quadri». I temi vanno dall’energia pulita al riciclo, dall’alimentazione al mondo naturale e animale.
E se il murale “Rispetta ’sto posto” ha visto la lavorazione condivisa fianco a fianco col popolo melarino, via Carnaro ha riunito con “Malo”, ormai quasi dieci anni fa, altri nomi della decorazione urbana come Davide Comelli, «il primo a riqualificare Melara» e autore del famoso rimorchiatore volante in Ponziana, e Mattia Campo dall’Orto, suo il murale dedicato ai migranti a Montebello.
Comelli e la sorella Sara sono stati protagonisti anche delle magnifiche decorazioni indoor del Park San Giusto. Le donne? Poche, anche se qualche speranza c’è: «Siamo da poco affiancati da Beatrice Cantello che non si esprime con gli spray ma a pennello, più altre giovani leve femminili raggiunte grazie ai corsi di street art tenuti nelle scuole».
Armati di bomboletta, marker, pennello e rullo, quelli di Melart portano avanti la prima scena del writing nella nostra città, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi ’90. La concessione dei muri legali che oggi chiedono è ponderata, frutto di un’approfondita conoscenza in materia, e funziona a diversi livelli.
«Ogni persona – spiega Duse - vive l’esperienza a modo suo: c’è chi si sente legato all’atto illegale e chi al mondo dell’arte».
E se gli “hall of fame”, sorta di palestre grafiche, venissero concessi dall’amministrazione comunale come accade a Bologna o Napoli, sarebbe una tregua dagli imbrattamenti fatti da writers di ben altro tipo che danneggiano proprio chi si batte per loro, Malo, Danny Dughieri, Gabriele Galati e gli altri.
«Dieci anni di sbattimenti in fumo per delle “firme”. Il tag c’è sempre stato – spiega Malo - ma se noi eravamo riconducibili a una produzione figurativa, oggi non funziona più così. Non c’è neanche la qualità tecnica, una ricerca che stia dietro al lettering».
Una specie di ritorno alle origini, anche se di quel momento i firmaioli di oggi hanno solo i tempi: «Il vero writing illegale si fa velocissimo, mentre per un decoro ci vogliono cento ore».
E se “Alice nel paese delle MELARAviglie” aspetta in stand-by come gli agognati 2500 mq di superficie da completare, i writer, se il Comune li supportasse, sognano muri da decorare. Quello nel cuore di Barriera, 30 metri che fanno gola.
O il tratto terminale delle Rive, o via Udine. Pesci sul fianco del Museo del Mare. «Si parla sempre di muri a perdere e di facciate spoglie: bisogna far vedere la qualità, le opere fatte bene piacciono e portano turismo».
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