Tosca, impeto e passione in una storia che dall’inizio divise pubblico e critica
Debutta venerdì al Teatro Verdi di Trieste e si replica fino al 12 marzo l’opera in tre atti di Giacomo Puccini con la regia di Christopher Franklin e la direzione di Hugo de Ana. A Trieste per la prima volta nel 1903
TRIESTE. Archiviata l’”operazione Piovani” che ha inaugurato con successo la nuova stagione lirica, il Teatro Verdi si appresta a dare spazio alle forti emozioni e ai sentimenti estremi che muovono la vicenda di “Tosca”, opera in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, tratto dall’omonima pièce teatrale di Victorien Sardou, tra le più rappresentative e popolari del repertorio verista e titolo costantemente presente nella programmazione dei teatri lirici di tutto il mondo. Venerdì 4 marzo alle 20.30 il capolavoro pucciniano debutta al Teatro Verdi nell’allestimento Fondazione Teatro Comunale di Bologna, per la regia, scene e costumi di Hugo de Ana, luci di Valerio Alfieri, Orchestra, coro e tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi, maestro concertatore e direttore Christopher Franklin, maestro del Coro Paolo Longo, con la partecipazione de “I Piccoli Cantori della Città di Trieste” diretti dal maestro Cristina Semeraro. In palcoscenico cantano Maria José Siri/Kristina Kolar (Floria Tosca), Mikheil Sheshaberidze/Raffaele Abete (Mario Cavaradossi), Alfredo Daza/Stefano Meo (il Barone Scarpia), Cristian Saitta (Cesare Angelotti), Dario Giorgelè (il sagrestano), Motoharu Takei (Spoletta), Min Kim (Sciarrone), Giuliano Pelizon (un carceriere), Isabella Bisacchi/Maria Vittoria Capaldo (un pastore). Si replica fino al 12 marzo.
L’opera, rappresentata in prima assoluta il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma, è approdata per la prima volta a Trieste nel marzo del 1903 e ha avuto tredici rappresentazioni, cui sono seguite altre 18 edizioni per un totale di 134 recite. Tra i cantanti del passato si ricordano Maria Caniglia, Magda Olivero, Ilva Ligabue, Mario Del Monaco, Giuseppe di Stefano, Tito Gobbi, Ramon Vinay mentre tra quelli più recenti rimane iconica l’interpretazione di Raina Kabaivanska diretta da Maurizio Arena nel 1978, seducente è stata poi quella di Fiorenza Cedolins nell’edizione del 2003 diretta da Daniel Oren, che schierava sul palco anche voci come Salvatore Licitra e Renato Bruson e di fascino anche l’edizione del 2008 diretta da Donato Renzetti con le voci di Daniela Dessì e Fabio Armiliato, coppia sulla scena e nella vita.
Da subito amata dal pubblico, che l’aveva già apprezzata nell’interpretazione di Sarah Bernhardt protagonista della pièce teatrale di Sardou, la Tosca di Puccini non ha mai riscosso unanimità di consensi sul versante della critica, a partire dal giudizio del musicologo Luigi Torchi che recensì la prima rappresentazione: “Le speranze di salutare nella Tosca un’opera grandemente riuscita erano generali e molto fondate. Si diceva da tutti: Tosca è un bel soggetto, Puccini è un musicista di talento. Or bene io credo che Tosca non è un’enormità, appunto perché il talento del compositore è modesto... e al giorno d’oggi qualunque scalzacane è in grado di strumentare bene”.
Analogo il giudizio espresso anche da Debussy, Dukas e Mahler ma poco male, perché la partitura, ricca di effetti scenici a forti tinte nonché di arie e duetti che si susseguono impetuosi, è talmente impregnata di sentimento e passione da riuscire a ipnotizzare subito il pubblico dalla prima all’ultima nota. Che si tratti di una musica coinvolgente e rapinosa lo sottolinea anche il direttore Franklin, che spiega come dal punto di vista musicale Tosca rappresenti sempre una sfida in quanto «ci sono molti elementi complessi da gestire, tra cui una grande orchestra, il coro in scena e fuori scena nel secondo atto per la Cantata, il coro di voci bianche, gli strumenti della gavotta dietro le quinte, i tamburi militari fuori scena, i colpi di cannone e le campane in vari punti dell’opera. Puccini è stato ispirato a scrivere queste pagine ascoltando le campane che suonano ancora oggi a Bargecchia, un paesino della Garfagnana dove il compositore trascorreva del tempo in una sua residenza».
Inoltre la partitura evidenzia anche il forte legame di Puccini con Wagner, nato fin dai tempi degli studi al Conservatorio di Milano e che si traduce nell’utilizzo del leit-motiv, come all’inizio dell’opera quello famosissimo di Scarpia, che si sviluppa in tre accordi fortissimi e violenti nel modo maggiore. «Questo leit-motiv appare in vari punti durante i primi due atti dell’opera – sottolinea Franklin - sempre in modo molto forte e robusto con l’orchestra piena, rispecchiando il potere e la violenza di questo personaggio. Ma dopo essere stato pugnalato da Tosca l’accordo si trasforma in minore, una manifestazione sottovoce con solo viole/violoncelli/contrabbassi e qualche flauto/clarinetto. Puccini scrive nella partitura ‘il più piano possibile’, come a descrivere la vita, o ancora più orrendo, il sangue di Scarpia che lentamente esce dal suo corpo».
Oltre a prosa e musica, un soggetto di così accentuata gradazione teatrale non poteva difettare anche di una trasposizione cinematografica, realizzata nel 1973 dal regista Luigi Magni che per “La Tosca” ha voluto Monica Vitti protagonista insieme a Gigi Proietti nella parte di Cavaradossi e Vittorio Gassmann in quella di Scarpia. Rivisto in chiave ironico-grottesca e in forma di commedia musicale con le musiche di Armando Trovajoli, il film schiera nel cast pure comprimari di rilievo come Aldo Fabrizi, Marisa Fabbri, Alvaro Vitali e Ninetto Davoli. La prolusione all’opera, a cura di Gianni Gori, avrà luogo oggi alle 18 al Ridotto del Verdi.
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