Svelato alla Sissa grazie alla fisica l’antico enigma dei numeri primi

Giuseppe Mussardo e Andrè Leclair hanno chiarito

la congettura di Riemann. Da 150 anni nessuno ci riusciva

Fabio Pagan
Il matematico Bernhard Riemann (1826-1866) in un’elaborazione grafica della Sissa
Il matematico Bernhard Riemann (1826-1866) in un’elaborazione grafica della Sissa

E se fosse la fisica a gettare una luce inedita su quella celebre “congettura di Riemann” che rappresenta uno dei grandi misteri della matematica, irrisolto da oltre 150 anni? Solitamente è la matematica a spiegare quantitativamente i fenomeni della fisica. Qui avverrebbe l’inverso: sarebbe la fisica statistica a offrire una chiave elegante e inattesa per capire uno dei più grandi enigmi della matematica.

Un approccio inatteso che appare in uno studio appena pubblicato sul “Journal of Statistical Mechanics” a firma di Giuseppe Mussardo, fisico teorico della Sissa di Trieste, e André LeClair della Cornell University di Ithaca, New York. Il titolo: “Randomness of Möbius coefficients and Brownian motion: growth of the Mertens function and the Riemann hypothesis”.

Nato ad Hannover nel 1826 e morto ad appena quarant’anni, il matematico tedesco Bernhard Riemann fu autore di pochi ma fondamentali lavori che hanno aperto nuovi campi di studio nella matematica moderna che riguardano l’analisi, la teoria dei numeri, la geometria differenziale.

La congettura (o ipotesi) che da lui ha preso il nome venne formulata nel 1859 in occasione della sua nomina a membro corrispondente dell’Accademia prussiana delle scienze. Impossibile spiegare qui la natura della congettura di Riemann. Basti dire che ha un collegamento molto stretto con la distribuzione dei numeri primi. Ovvero di quei numeri che possono essere divisi solo per 1 e per se stessi: 1, 2, 3 5, 7, 11, 13, 17… e così via, all’infinito.

La distribuzione dei numeri primi all’interno della sequenza dei numeri naturali è un problema affascinante affrontato fin dal tempo dei matematici greci e che ha anche ripercussioni pratiche nella crittografia: alcuni algoritmi per tutelare la sicurezza dei nostri dati personali si basano infatti sulla difficoltà di trovare i due fattori primi di un numero spropositatamente grande.

Mussardo vuole essere ben chiaro su un punto fondamentale: “Non abbiamo risolto la congettura di Riemann, ma ne abbiamo accertato la validità con una probabilità elevatissima. Abbiamo utilizzato la fisica dei moti caotici e le leggi di probabilità che li regolano per fornire la soluzione di un enigma che da un secolo e mezzo sfida e appassiona i più grandi matematici. Ci siamo arrivati – precisa ancora Mussardo – attraverso un tour de force nell’analisi dati di un insieme incredibilmente grande di numeri primi, i costituenti-base dell’aritmetica, veri e propri ‘atomi’ della matematica”.

Scrivono gli autori all’inizio del loro paper: “Non dichiariamo di avere una prova rigorosa dei risultati qui presentati, ma ci piace pensare che il nostro lavoro sia stato guidato dal famoso e bellissimo commento di Richard Feynman: ‘È noto molto più di quanto non sia stato dimostrato’. Inoltre, se questo lavoro avrà l’effetto di stimolare ulteriori studi rigorosi da parte di veri matematici sull’argomento, avrà già raggiunto lo scopo di attirare l’attenzione su un possibile modo per affrontare un problema di vecchia data come come l’ipotesi di Riemann”.

Secondo Mussardo e LeClair, dietro le funzioni di Riemann si nasconde sorprendentemente il moto browniano, quel fenomeno-chiave della fisica statistica compreso per la prima volta da Albert Einstein nel 1905. È il moto caotico e disordinato degli atomi di un gas a causa della frequenza elevatissima dei loro urti. “La nostra ipotesi sulla natura browniana della congettura di Riemann – dicono i due autori – è supportata da una nostra serie di risultati di natura probabilistica in teoria dei numeri, accompagnata da una possente analisi statistica estremamente precisa lungo l’infinita presenza dei numeri primi”.

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