Dal monte Forno a Muggia quelle Storie di confine tra memorie e vissuto

Guido Barella e Donatella Tretjak raccontano la frontiera: la presentazione giovedì in Abbazia a Rosazzo e venerdì alla Lovat di Trieste

Margherita Reguitti
I giornalisti Guido Barella e Donatella Tretjak
I giornalisti Guido Barella e Donatella Tretjak

Un racconto scaturito dalla curiosità di due giornalisti lungo i 223 chilometri che separano il monte Forno, punto di incontro fra Italia, Austria e Slovenia, da Muggia, seguendo il confine orientale. Un libro di viaggio nel tempo e nello spazio che per la prima volta propone in modo omogeneo aneddoti, curiosità, storie e memorie ma anche il vissuto personale e professionale degli autori. Sarà presentato in anteprima nazionale giovedì 13 alle 18 nella rassegna “I Colloqui dell’Abbazia. Il viaggio della carta geografica di Livio Felluga” nell’Abbazia di Rosazzo il libro “Storie dal confine” di Guido Barella e Donatella Tretjak uscito per Edicicloeditore (pagg. 156, euro 17). Venerdì 14 alle 18 la presentazione alla Lovat di Trieste.

 

La copertina del libro
La copertina del libro

«Le nostre curiosità professionali e il nostro percorso di giornalisti - spiega Guido Barella che con Donatella Tretjak sono firme di questo gruppo editoriale - ci hanno portato a decidere di scrivere sapendo che molti fatti rischiano di non essere conosciuti a pochi chilometri da dove sono accaduti. Ad Udine ad esempio possono non essere conosciuti i fatti accaduti a Gorizia o Trieste».

La probabilità di perderne la memoria non dipende solo dalla distanza geografica ma anche da una lontananza generazionale. Già i trentenni ricordano in modo sbiadito cosa significava la frontiera con la Jugoslavia prima e la Slovenia poi. «Se riflettiamo sul concetto che le storie non raccontate non esistono - aggiungono gli scrittori - allora l’impellenza della scrittura acquista maggior forza».

Non un saggio storico ma un racconto di storie piccole e grandi, di fatti spesso ignoti durante la guerra fredda lungo la frontiera della cortina di ferro tracciata nel 1947. La pubblicazione apre con un’accurata introduzione ai fatti storici, dai quaranta giorni dell’occupazione titina del 1945.

Molte le curiosità come il confine della cortina di ferro nella miniera a 240 metri di profondità nel Tarvisiano, a Cave del Predil, nella pancia del monte Re, oggi museo. Il viaggio nel tempo balza al 28 giugno del 1991 e agli scontri a fuoco sul piazzale della Casa rossa che segnarono la dissoluzione della Federativa e la nascita della Repubblica di Slovenia. «Da cronista ero presente sul confine - prosegue Barella - e mi sorprese, quando gli spari cessarono, sentire da due ignari goriziani che all’interno del casinò da dove provenivano, non si erano accorti di nulla».

Nella pagine dedicate a Trieste e ai 9 anni di presenza americana, fino al ritorno all’Italia nel 1954, c’è tanta atmosfera jazz e voglia di ricominciare. Molte mule sposarono militari alleati.

“Un periodo - spiega Donatella Tretjak che ha lavorato anche per Radio Capodistria - poco raccontato, non ci sono studi sistematici su come si svolgesse la vita e, per assurdo, si trovano più notizie all’estero che negli archivi e biblioteche cittadine. Questo nostro lavoro vorrebbe essere anche uno sprono per ricercatori, storici e studiosi ad approfondimenti organici”.

Un parte ampia è dedicata alle infrastrutture difensive nelle Valli del Natisone, dove in superficie e sottoterra esisteva un rete di chilometri di manufatti presidiati da militari che in caso di invasione avrebbero potuto resistere una manciata di minuti. «Visitare i bunker e le gallerie - spiega Tretjak - è il modo migliore per far capire a tutti il lato umano della presenza militare, fatta di paura, freddo e sacrificio».

Una comprensione emotiva senza retorica che arriva superando i paradossi dei confini. La copertina, che rappresenta la mucca a cavallo della riga bianca che divise la stalla dalla casa, sintetizza i paradossi del confine. Tante le memorie e curiosità: dalla trattoria della Libertà alle domenica delle Scope, dai Mig ungheresi atterrati in Friuli all’ospedale partigiano di Franja, dalla trasformazione di torri di avvistamento in musei mignon, e ancora dai muri delle case che parlano al confine sottoterra in miniera a quello sul grande schermo e alle armi di Gladio rubate. Significativa la scelta di utilizzare disegni fortemente contrastati della giovane artista Bianca di Prima, a corredo del racconto in stile graphic novel. —

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