Solo per scaramanzia un secolo fa usciva l’Ulisse l’anti-romanzo mondiale

Il 2 febbraio del 1922 la tipografia sfornò la prima copia del libro destinato a cambiare la storia della letteratura. James Joyce lo voleva pubblicato per il suo compleanno

Marta Herzbruch

TRIESTE. Oggi primo febbraio - anzi domani - come allora: 2-2-22, con la differenza di un secolo, allora era il 1922 adesso è il 2022. Una data storica, quella dell'uscita del libro che cent'anni fa ha cambiato per sempre la storia della letteratura mondiale: l'”Ulisse” di James Joyce, una specie di anti-romanzo che inizia con l'immagine dello statuario e pingue Buck Mulligan che sbuca dalla cima delle scale sulla piazzola della Torre Martello a Sandycove, Dublino, e che si chiude con le fatidiche date: “Trieste-Zürich-Paris, 1914-1921”. James Joyce era un uomo profondamente superstizioso e attribuiva una particolare importanza alle date, che caricava di significati occulti e poteri scaramantici. La lista delle date e dei numeri magici della sua vita sarebbe molto lunga, qui ci interessa quella che era per lui la più rilevante, la data della sua nascita.

James Joyce era nato a Dublino il 2 febbraio del 1882 nel quartiere “bene” di Rathgar, infatti all'epoca suo padre John Stanislaus era ancora benestante, ma di lì a qualche anno il crollo di status della famiglia Joyce sarebbe stato inarrestabile, tanto da spingere il giovane James a scegliere l'emigrazione, un autoimposto esilio che – casualmente - lo portò a vivere anche a Trieste. Quando, dopo una gestazione durata sette anni, l'”Ulisse” fu infine completato e dato alle stampe, Joyce volle che l'uscita coincidesse a tutti costi con il suo genetliaco, era convinto che solo così il libro avrebbe avuto successo.

Un problema non da poco per l'americana Sylvia Beach, l'entusiasta proprietaria della libreria 'Shakespeare and Company' di Parigi, che s'era inventata editrice solo per pubblicare quel libro che nessuno al mondo aveva il coraggio di dare alle stampe. Nelle sue memorie Sylvia Beach racconta che, visti i tempi con cui arrivavano le bozze, il tipografo non avrebbe potuto rispettare la data richiesta. “Lo pregai di fare l'impossibile – ricorda la Beach – per darmi almeno una copia da offrire a Joyce il giorno del suo quarantesimo compleanno. Darantiere non volle promettere nulla, ma lo conoscevo bene e non fui sorpresa di ricevere, il 1° febbraio, un telegramma in cui mi diceva di farmi trovare alla stazione alle sette del mattino seguente, all'arrivo dell'espresso da Digione: il capotreno avrebbe avuto due copie per me. Il mattino dopo, con il cuore che mi batteva come uno stantuffo, ero sulla banchina mentre il treno di Digione rallentava e si fermava e il capotreno balzava a terra con un pacco in mano, guardandosi intorno in cerca di qualcuno: di me. Di lì a pochi minuti suonavo il campanello alla porta di casa Joyce e porgevo allo scrittore la copia n. 1 dell'”Ulisse”. Era il 2 febbraio 1922”.

Il volume aveva 1032 pagine, rilegate a filo refe, protette da una copertina cartonata e una sovraccoperta, i colori riprendevano (in omaggio alle corrispondenze omeriche del romanzo) quelli della bandiera greca, l’azzurro, anzi il ciano per essere precisi, su cui si stagliavano prepotentemente le lettere, bianche, col titolo e l'autore. Una copia della prima edizione dell'”Ulisse” a tiratura limitata ha sul mercato bibliografico valutazioni da capogiro (nel giugno del 2009 a Londra una copia di quel lotto firmata dall’autore è stata venduta per più di 300 mila euro). Non stupisce dunque che un'altra data chiave nella cabala personale di Joyce sia il 16 giugno del 1904, il giorno del primo appuntamento riuscito tra il ventiduenne James e la futura compagna della sua vita, Nora. A perenne memoria, è quello il giorno in cui è ambientato l’”Ulisse”, vale a dire l'odissea di un uomo qualunque in una metropoli di provincia a inizio '900, un ebreo convertito di origini ungheresi, Leopold Bloom, piazzista pubblicitario, che - per evitare di mettere in imbarazzo la moglie Molly che aspetta la visita di un focoso amante – vagherà per Dublino tutto il giorno. Bloom farà ritorno a casa solo a tarda notte, a pericolo scampato, assieme a Stephen Dedalus, il figlio di un amico, che s'era trovato nei pasticci in un bordello della locale night-town. Da anni il 16 giugno è celebrato nei calendari come Bloomsday, giorno di festa internazionale in onore dell'umanissimo, empatico e tollerante protagonista dell'”Ulisse”, romanzo di cui l'Italia vanta il primato d'avere il più alto numero di traduzioni. La prima si deve a Giulio de Angelis (Mondadori 1960), seguita da altre tre a cui se ne sono ora aggiunte ulteriori cinque, curate da Mario Biondi (La Nave di Teseo), Alessandro Ceni (Feltrinelli), Livio Crescenzi (Mattioli 1885), Marco Marzagalli (Genova), e da Enrico Terrinoni (Bompiani) che, nell'introduzione alla sua nuova traduzione del capolavoro di Joyce con testo a fronte e corredata da un imponente apparato critico, ha scritto: «”Ulysses” è un libro mondo, o un’opera mondo, perché la sua sostanza, la sua composizione non è lontana dalla composizione della realà̀. Della realtà di tutti i giorni, fatta di pensieri, azioni, omissioni, emissioni, ricordi, inazione, intendimenti, fraintendimenti, parole che son fatti, e fatti che son parole, contrarietà, ammissioni, e via dicendo ad infinitum. Tutto, insomma, tutto il reale, un reale animato in cui nulla si crea, nulla si distrugge, e tutto cambia. Eternamente».

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