Romano a Gorizia: «Raccontate la vostra storia con fierezza come Capitale della Cultura»
GORIZIA. C’è stato Umberto Galimberti. E poi Vittorio Sgarbi, Paolo Crepet e tanti altri ospiti ancora, un centinaio in tutto, a interrogarsi sulla follia, il tema scelto da èStoria per l’edizione 2021.
Domenica, però, nell’ultimo giorno della kermesse goriziana, i riflettori erano tutti per Sergio Romano. Ma la follia, nel suo intervento, non è comparsa nemmeno per un nanosecondo. Con il direttore di Piccolo e Messaggero Veneto, Omar Monestier, il diplomatico, storico, accademico e giornalista non si è soffermato sull’analisi di qualche celebre pazzo che, nel passato, ha rivestito cariche importanti o sull’obnubilamento del pensiero in un’epoca precisa.
L’ambasciatore non era a Gorizia per affrontare l’argomento della rassegna in una delle mille declinazioni che hanno trovato spazio nei tre giorni di incontri e dibattiti, ma per ricevere il premio èStoria. Nel consegnargli il prestigioso riconoscimento, il direttore del festival Adriano Ossola, sul palco della tenda Erodoto, al parco Basaglia, l’ha accolto con il giusto calore e l’orgoglio di avere sul palco un testimone della storia così importante.
Romano è partito da una sola premessa: «Per me, come divertimento per riempirmi la vita, non credo ci sia niente di meglio della storia». Quindi, sollecitato dal direttore Monestier, si è addentrato in un’analisi del presente con implacabile lucidità, toccando molte questioni di politica internazionale.
«La fine della Guerra Fredda ha avuto lo straordinario risultato di modificare le gerarchie mondiali - ha esordito -. Ora ci chiediamo quale sia il nostro posto e l’Europa ha una grande opportunità da cogliere. Certo, c’è la Cina, che per noi può essere amica o nemica, ma con la scomparsa delle due maggiori potenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, c’è un vuoto che va riempito e nessuno può farlo come l’Unione Europea, ovviamente assumendosi delle responsabilità».
In tale contesto, Sergio Romano si è mostrato d’accordo con l’opinione del presidente Mattarella sull’importanza di un esercito europeo. «Può sembrare una posizione militarista e sarebbe giusto un mondo in cui alle armi non si ricorre, ma la situazione, purtroppo, non permette tale assenza», ha precisato, prima che il discorso virasse a lungo su Angela Merkel a cui, con il figlio Beda Romano, ha dedicato un recente libro edito da Longanesi, “La cancelliera e i suoi tempi”.
«Non mi convince che la signora Merkel abbia rallentato il processo di integrazione europea per affermare l’autorità del suo Paese nel contesto internazionale - ha, immediatamente dopo, commentato -. Certo, è stata una formidabile patriota, dotata inoltre di una notevole consapevolezza del fatto che la Germania non avrebbe potuto modificare le necessità di un’Europa integrata». E ancora: «C’è stato un momento in cui Angela Merkel non avrebbe permesso la creazione di buoni del tesoro europei in quanto ostile a un debito pubblico dell’Ue: per lei, in sostanza, il debito era degli Stati che l’avevano generato. Ma quando arrivò al potere, quando insomma comprese l’Europa e le sua necessità, rovesciò la sua posizione in un baleno: se è nato il debito pubblico europeo, è nato, allora, perché la Germania l’ha permesso».
Nell’analisi non poteva mancare l’Inghilterra della Brexit: «Ho sempre saputo che non potesse vivere rinunciando al ricordo del suo passato e alla speranza di ricostituire il ruolo che era dell’Impero Britannico» ha aggiunto Sergio Romano, passando successivamente in rassegna la Cina («nessun Paese è stato trattato così altezzosamente per una lunga fase della sua storia, quindi non sono sorpreso del suo orgoglio per quanto ha fatto negli ultimi 70 anni») e l’Italia («non militarmente temibile, non economicamente indispensabile, in questo momento ha la sola ricchezza rappresentata dalla posizione geografica»).
Tra la Turchia, l’Afghanistan e molta Russia, ha infine trovato spazio anche il tema di Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025. «Queste Capitali Europee della Cultura le ritengo invenzioni di carattere mezzo politico e mezzo turistico, ma non ho mai detto no a un’occasione - ha concluso Romano, rivolgendosi alla città che l’ha ospitato e ai suoi abitanti -. Potete allora farvi conoscere meglio e credo che abbiate tutto il patrimonio necessario per raggiungere questo traguardo. Potete raccontare la vostra storia con fierezza. Eravate la Nizza austriaca e nessun libro sulla prima guerra mondiale può fare a meno di dedicare un capitolo a Gorizia: la maggiore conoscenza della vostra città va impostata su questi due pilastri».
Sorretto dal suo bastone, Sergio Romano ha allora lasciato la tenda Erodoto prima che la follia tornasse a percorrere i suoi binari abituali: prima cioé che altri ospiti del festival tornassero ad affrontarla, come, nel pomeriggio, lo psichiatra Vittorino Andreoli, vincitore del premio speciale èStoria per la sua cinquantennale dedizione alla cura dei matti, come affettuosamente li ha chiamati. Nella conversazione con Andrea Zannini è partito da quando, nel ’59, entrò per la prima volta in un manicomio.
«Ero giovane e cercavo una collocazione nella medicina…» ha cominciato il suo racconto, tra gli edifici che ospitavano il manicomio cittadino, dove Basaglia iniziò la sua opera riformatrice, riducendoli poi a testimoni del dolore e restituendo ai malati una vita differente. —
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