Paolo Rossi: «Arlecchino come voleva Strehler»
GRADISCA. Torna Paolo Rossi con il suo “Arlecchino”: oggi alle 21, lo spettacolo sarà al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo. Scritto insieme a Riccardo Piferi e prodotto da Crt Milano, vede in scena anche i musicisti Emanuele Dell'Aquila (sue le musiche originali dello spettacolo), Alex Orciari e Stefano Bembi. L’impianto scenico è dello stesso Rossi insieme ad Andrea Stanisci, mentre le canzoni portano la firma del cantautore Gianmaria Testa.
Il titolo di questo spettacolo potrebbe anche essere “Opinioni di un Arlecchino”, sicuramente influenzato dal romanzo di Heinrich Böll. A dirlo è lo stesso Rossi, che continua: «Così è. Capitano nella vita libri nei quali è inevitabile identificarsi con la vita del protagonista. E capita anche che ti venga voglia di riraccontarla, raccontando te stesso o viceversa. Certo, nell’opera di Böll, il clown si serviva di una maschera per far critica ad un paese che stava nel cuore di un miracolo economico; per il mio Arlecchino la situazione è capovolta. Ma il percorso di certi comici – quando scelgono di essere voce fuori dal coro e anche se ognuno prende la propria strada - parte comunque dalla stessa via. Del resto spesso dietro ad un racconto, una commedia, un film, si nasconde la struttura di un’altra commedia, di un altro racconto, di un altro film. Nel mio mestiere, ho imparato che quando arriva qualcuno a propormi un’idea che non ha mai avuto nessuno, subito devo rispondere: se non l’ha avuta nessuno, un motivo ci dovrà pur essere. Il mio Arlecchino, anche se suggestionato da un racconto, è una questione molto personale. Anni fa Giorgio Strehler, con cui ebbi l’onore di collaborare nei suoi ultimi anni di vita, mi spinse a confrontarmi con questa maschera. Mi diede alcuni consigli illuminanti: “cerca di adattare al saltimbanco i tuoi monologhi da stand-up. Che cosa resterà? Da lì improvvisa e assembla… non essere filologico, fallo tuo, se proprio vuoi pensa al primo Arlecchino, quello che andava e veniva dall’aldilà all’aldiquà, più infernale e sulfureo”».
Ancora Rossi: «Il destino non volle che si portasse a compimento questa impresa, ma ora si ripresenta l’occasione e chiaramente tengo a mente quei consigli lontani. Non solo. Voglio approfondire un mio modo di vedere e far conoscere il teatro popolare… Così come ho fatto nei miei ultimi lavori, come ho descritto nel mio libro “La commedia è finita”. Per questo nel mio “Arlecchino” saranno presenti l’attore, il personaggio – o se volete la maschera, anche senza maschera – e la persona che lo interpreta. Sarà uno spettacolo del tipo in prova. Assieme ad un paio di compagni d’avventura, saltimbanchi musicanti, cercheremo di immaginare insieme al pubblico come adattare a commedia dell’arte il nostro mestiere e anche parte del nostro repertorio; come possiamo trovare nuove strade, dati i tempi in cui vivono i nostri teatri. Come capitò a molte compagnie nei tempi d’oro della commedia dell’arte, queste strade potrebbero portare anche all’estero, oppure per strada, punto e basta».
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