“Noi esuli”, le cronache di una diaspora senza fine attraverso l’informazione

Presentato al Salone del libro dell’Adriatico orientale il longform realizzato dal Piccolo

in collaborazione con il Centro di documentazione della cultura giuliana

Corrado Premuda

TRIESTE L’esodo istriano, di cui a Trieste si conoscono molti particolari per la prossimità geografica e per le vicende che hanno riguardato il recente passato di molte famiglie, continua ad accendere discussioni e riflessioni, specialmente da quando l'argomento non è più un tabù per l'opinione pubblica italiana.

Ad aprire gli incontri della nuova edizione della Bancarella, il Salone del libro dell'Adriatico orientale, ieri (giovedì) pomeriggio in piazza Sant'Antonio è stato proprio l'atteso appuntamento dal titolo “Visioni dell'esodo tra passato e futuro” focalizzato in particolare su come “Il Piccolo” ha raccontato l'esodo tra il 1945 e il 1956.

Il presidente del Centro di documentazione multimediale per la Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata Renzo Codarin ha sottolineato che la questione non è più politica ma è diventata un fatto culturale e il sindaco Roberto Dipiazza ha ricordato il concerto in piazza Unità con i tre presidenti e l'incontro dell'anno scorso dei presidenti di Italia e Slovenia davanti alla foiba di Basovizza, segni di un momento in cui il confronto è sereno.

Omar Monestier, direttore del Piccolo, e il condirettore Roberta Giani hanno presentato “Noi esuli” che, per i 140 anni del Piccolo, propone una selezione di articoli e contributi sull'esodo dagli anni della guerra fino ad oggi, con tutti i cambiamenti occorsi.

Insieme a Diego D'Amelio, Jacopo Bassi e Luca G. Manenti hanno fatto uno spoglio sitematico degli articoli isolando in particolare le storie degli esuli e operando un'analisi stilistica, tematica e linguistica su questo argomento caldo. Il risultato, tradotto anche in inglese e diffuso su tutti i quotidiani del gruppo Gedi, è frutto, per Roberta Giani, «di un lavoro di squadra che ha attinto a un patrimonio ricco. Abbiamo cercato di utilizzare i linguaggi della contemporaneità per raggiungere chi ancora conosce poco la materia ed è nato un racconto che lega podcast, audio, scritti, video e grafica e regala, ad esempio, storie di riscatto come quelle di Straulino e Missoni».

“Noi esuli” parla di un confine mobile, ricorda la guerra, i bombardamenti di Zara, i quaranta giorni di Tito, per arrivare al 2020 con i presidenti Mattarella e Pahor che si tengono per mano. Ma contiene anche una sorta di opera teatrale di Alessandro Scardino che ha coinvolto esuli da tutta Italia che raccontano le loro esperienze. Con il Giorno del Ricordo una nuova attenzione e una certa curiosità hanno raggiunto anche i ragazzi nelle scuole e secondo Giuseppe Parlato i bambini sono il simbolo dei passi avanti fatti sulla questione.

Per lo storico Raoul Pupo quello del Piccolo è un prodotto utile per la didattica, sia a scuola che all'università: «Comprende l'inquadramento e l'approccio diretto con le testimonianze anche di oggi e direi che siamo ormai nella dimensione di una memoria salvata: se per i triestini questo fa parte della loro storia, in Italia le cose non sono così; oggi però l'argomento, a livello generale, è molto più noto. Spesso ci sono polemiche e questo significa che la questione sta a cuore alle persone. Fuori dai confini italiani la vicenda invece è molto diversa. La memoria e la storia sono distinte e devono restarlo, se si confondono i due piani si fa confusione: ai testimoni non è giusto chiedere più di quanto possono dare, sono gli storici che devono spiegare il perché dei fatti con freddezza professionale, rendendosi anche sgradevoli se serve, per creare una ricostruzione del passato. E chi ci riesce davvero sono, per me, i bravi giornalisti e gli scrittori con la loro sensibilità».

Giuseppe De Vergottini, presidente di Federesuli, ha concluso l'incontro: «Questo lavoro è un'elaborazione critica approfondita che serve soprattutto a chi non conosce i fatti, è un modo per avvicinarsi in modo documentato al tema. Il mondo degli esuli per lungo tempo si è trovato di fronte all'ignoranza della maggioranza nazionale, solo negli ultimi anni una certa realtà ha iniziato ad affiorare e questo strumento è prezioso. In passato si è giocato sui numeri delle vittime anche se la battaglia per la conoscenza non può essere legata alla quantità, ci sono state esagerazioni da una parte e minimizzazioni dall'altra ma oggi finalmente stiamo andando oltre».

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