Nazario Sauro, a cent’anni dalla morte resta tra gli eroi più popolari

Un episodio poco noto riguarda la traslazione della salma da Pola a Venezia: tutto si risolse con una benedizione
Nazario Sauro
Nazario Sauro

10 AGOSTO: I CENT'ANNI DALLA MORTE DI NAZARIO SAURO. Con il Piccolo da oggi è possibile acquistare il libro del giornalista e scrittore Ranieri Ponis “Nazario Sauro il Garibaldi dell’Istria” (Luglio editore) al prezzo di 9,80 euro più quello del quotidiano.
Organizzate dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, le celebrazioni per il centenario della morte di Nazario Sauro cominceranno alle 9.30, nel piazzale Marinai d’Italia della Stazione Marittima, con l’alzabandiera a cura dell’associazione Marinai d’Italia di Trieste. Alle 10.30, nel Parco della Rimembranza, il Comitato per le onoranze deporrà un mazzo di fiori sul cippo a Nazario Sauro.

Il libro in vendita con Il Piccolo in edicola
Il libro in vendita con Il Piccolo in edicola


Alle 18.30, nella chiesa del Rosario di piazza Vecchia, sarà celebrata una messa con la recita della preghiera del marinaio. Al termine si formerà un corteo e al bacino San Giusto, prospiciente piazza Unità, arriveranno i natanti del Circolo marina mercantile Nazario Sauro e del Circolo Canottieri Saturnia. Alle 19.45, nel piazzale Marinai d’Italia, presenti i gonfaloni di Comune e Provincia di Trieste, sarà deposta una corona d’alloro al monumento che ricorda l’eroe istriano. Accompagnata dalla banda dell’Anvgd, la cerimonia si concluderà con l’intervento di Renzo Codarin, presidente del Comitato per le onoranze a Nazario Sauro e con l’ammainabandiera, alla presenza del sindaco Dipiazza

La commemorazione davanti alla statua sulle Rive
La commemorazione davanti alla statua sulle Rive

--------------------

di ROBERTO SPAZZALI

Probabilmente Nazario Sauro, come Enrico Toti, è una delle figure più popolari tra gli eroi italiani della Prima guerra mondiale. Non c'è città italiana che non gli abbia dedicato una via o una piazza, rive, porti ed approdi, monumenti di varia fattura e perfino una galleria sul Pasubio. E senza contare le unità navali, le caserme e ben quaranta scuole sparse in tutt'Italia. Pure due regolari logge massoniche, una a Trieste e l'altra a Taranto, del Grande Oriente d'Italia. Un tanto per non dimenticare i suoi principi spirituali.

Anzi, qui merita rammentare un episodio poco noto ma che è perfettamente documentato tra le carte dell'Ufficio zone di confine. Quando si trattò di decidere la traslazione della salma dalla tomba eretta nel 1919 al cimitero militare di Pola al tempio votivo del Lido di Venezia - era il 4 febbraio 1947 e con il trattato di pace e l'esodo italiano dall'Istria non si voleva lasciare in una terra destinata diventare straniera un simbolo così manifesto dell'irredentismo - le discussioni furono lunghe e tese. Inizialmente la vedova non era disponibile ad acconsentire il trasferimento in quanto ciò avrebbe tradito l'intenzione di Nazario di vivere, morire ed essere sepolto in terra istriana, ma la preoccupazione che la tomba diventasse bersaglio di livore ed accanimento nazionalista slavo era ben presente,soprattutto dopo la demolizione tedesca nel maggio 1944 del monumento eretto a Capodistria nel 1935,su progetto di Selva e Del Debbio. Demolizione che non trovò particolare reazione o opposizione dei figli dell'Eroe, visti i buoni rapporti che soprattutto Libero e Italo avevano con i comandi nazisti.

Nazario Sauro dopo la cattura da parte degli austriaci
Nazario Sauro dopo la cattura da parte degli austriaci

Comunque nelle riunioni veneziane si decise per una cerimonia solenne, stabilita per il 9 marzo, e il corteo avrebbe attraversato tutto il Canal grande al tocco a morto della Marangona; al teatro Malibran, il poeta e scrittore Diego Valeri avrebbe commemorato la sua figura e il governo sarebbe stato rappresentato dal ministro Gasparotto, già artefice delle cerimonie del Milite ignoto.

Invece il sindaco di Venezia Giovanbattista Gianquinto non avrebbe partecipato alle cerimonie pubbliche: pur di origine mazziniana era poi approdato al partito comunista e quindi per evidenti ordini del partito più che di opportunità, preferì consegnare il suo pensiero a un manifesto pubblico.

Si voleva allora celebrare una funzione religiosa in suffragio del defunto, ma Silvio Stringari, mazziniano di fede e vecchio amico di Sauro, si oppose ricordando che la sola presenza di un prete non sarebbe stata gradita all'estinto. Tutto si risolse con una benedizione alla sua bara e quelle del caduto irredento Giovanni Grion, di sua madre, di due marinai del sommergibile F14, periti in un incidente navale, e dello squadrista Alfredo Sassek. Una strana commistione di tante vicende della complessa storia istriana del Novecento, racchiuse in un'unica cerimonia.

Quale, dunque, il segreto di tanta popolarità? La sua storia umana? La sua morte tragica? Le due brevi lettere-testamento affidate nel maggio 1915 all'amico Silvio Stringari da co. nsegnare ai figli e alla moglie in cui Nazario Sauro si dichiarava di essere «prima italiano, poi padre e poi uomo»?

La vita avventurosa, la semplice estrazione, la determinazione nel perseguire i suoi ideali, la morte tragica ed eroica rendono Nazario Sauro una figura molto vicina a tante altre del Risorgimento italiano. Uomo di mare per tradizione di famiglia (suo padre era un piccolo armatore) e per vocazione, egli conosceva come le sue tasche ogni tratto della costa adriatica occidentale e orientale. Viaggia trasportando di tutto, da passeggeri al carbone. Qualcuno lo sospettava, senza prove, di contrabbando. Sicuramente era uno spirito libero, capace di tuffarsi in ogni impresa che avesse un senso.

Socialista da giovane, di quel socialismo istriano sanguigno più vicino alle rivoluzioni dell'America latina che all'elaborazione teorica e riformista dell'austromarxismo, poi democratico che aveva trovato in Giuseppe Mazzini la guida, quindi irredentista di quel secondo livello, popolare e incline all'azione più che alla profondità intellettuale cara a Slataper e agli Stuparich. Di quel secondo livello, ancora poco studiato ma che andrebbe esaminato anche su un piano antropologico, capace di raccogliere forze e consensi tra il ceto medio e il proletariato.

Il monumento a Nazario Sauro eretto a Capodistria. Venne poi distrutto
Il monumento a Nazario Sauro eretto a Capodistria. Venne poi distrutto

La sua causa per le libertà dei popoli e per l'unità d'Italia era così manifesta da chiamare i figli Nino (in onore a Bixio), Libero, Italo, Anita (Garibaldi) e Albania la più giovane in onore di quel popolo per il quale contribuì tra il 1910 e 1913, trasportando armi, rifornimenti e volontari anche giuliani, nella lotta contro il dominio ottomano. Nel gennaio 1915 sarà, con altri irredentisti, tra i terremotati di Avezzano a portare soccorso e fare proselitismo, in verità con scarso successo, per la guerra contro l'Austria ma egli sembra lontano da richiami imperialisti anche se il nazionalismo era sulla breccia di molti cuori. Figura difficile da giudicare con i parametri odierni ma che corrisponde allo spirito del tempo.

Si scontra con le autorità austriache quando esse vogliono limitare l'assunzione di italiani nelle imprese locali e frenare l'immigrazione dei regnicoli, e pagherà la sua presa di posizione con l'allontanamento forzato dalla compagnia di navigazione dove egli lavorava.

Allo scoppio della Grande guerra va a Venezia, anche per sottrarsi alla leva di massa, e si mette a disposizione della Regia marina. Procura passaporti per altri irredentisti che recapitava tramite suo figlio Nino, fornisce informazioni di carattere militare. Nel maggio del '15 viene arruolato col grado di tenente di vascello e vorrebbe passare all'azione, insoddisfatto della tattica attendista del Comando italiano. Studia arditi progetti per spiare le mosse della flotta austriaca, prospetta piani per uno sbarco a sorpresa sulla costa italiana. Partecipa a sessanta missioni, su siluranti, torpediniere, sommergibili e con il cacciatorpediniere Zeffiro, comandato da Costanzo Ciano, attracca perfino a Parenzo sorprendendo le ignare sentinelle sul molo che si dice fossero state ungheresi e non avessero distinto la bandiera italiana dalla propria. In due missioni con i sommergibili Jalea e Atropo affonda i piroscafi San Marco e Albanien (segno dell'avverso destino!), e forse ciò semina qualche dissapore tra la sua gente, perché in mezzo ci sono anche vittime istriane.

Poi l'ultima missione il 30 luglio 1916 a bordo del sommergibile Pullino comandato da Ubaldo degli Uberti con destinazione Fiume ma il mezzo si incaglia allo scoglio della Galiola. L'equipaggio lo abbandona e viene fatto prigioniero, Sauro si allontana da solo su un battellino e viene catturato. Si presenta come Nicolò Sambo ma è riconosciuto da due concittadini e dal cognato Luigi Steffè, ufficiale della Finanza. La madre, in un drammatico confronto, nega di conoscere il figlio con i ferri ai polsi, sperando di salvarlo. È condannato a morte da una corte marziale per alto tradimento, impiccato e sepolto segretamente nel cimitero militare di Pola.

È il 10 agosto 1916. L'esercito italiano è entrato a Gorizia da poche ore e la battaglia ancora infuria. Il governo italiano si appresta a dichiarare guerra al Reich germanico.

Un mese prima a Trento Cesare Battisti e Fabio Filzi erano stati impiccati. La notizia della sua morte si diffonde in Italia diciotto giorni più tardi provocando forte emozione. D'Annunzio avrebbe voluto celebrarlo, degnamente, a modo suo. Qualcuno allora disse che era stata consumata una vendetta di Stato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo