Manlio Cecovini, dalla politica alla scrittura il pensiero polivalente di un “italiano speciale”

Il 6 novembre 2010 moriva l’ex sindaco, che fu anche europarlamentare, avvocato, massone, cofondatore della LpT

TRIESTE I triestini come «italiani speciali». La definizione era dovuta a Pier Antonio Quarantotti Gambini ma piaceva molto a Manlio Cecovini, che, non a caso, a più riprese nei suoi scritti la cita per riassumere la particolarità e l’intensità del sentimento patriottico vissuto, ma anche la storia, la cultura, la mentalità, la collocazione geografica che rendono Trieste un capitolo a parte nella biografia nazionale. Come tentò di spiegare ai connazionali più o meno ignari in tutta la sua produzione saggistica: “Del patriottismo di Trieste”, “Discorso di un triestino agli italiani”, “Trieste ribelle”. Cecovini fu l’ultimo bagliore del liberalismo nazionale giuliano.

«Italiano speciale» Cecovini lo fu effettivamente, come si evince da un curriculum molto spazioso, che a dieci anni esatti dalla scomparsa colpisce per l’ampiezza degli interessi coltivati. In una mesta epoca di tecnici, di specializzati, di esperti sovente racchiusi in piccoli spicchi di conoscenza e di mestiere, i 96 anni, lungo i quali corre la vita quasi secolare di Cecovini, comprendono una somma di esperienze che oggi è assai difficile ritrovare. Certo, la Storia lo ha aiutato, nella grandezza come nella tragicità degli eventi, ma Cecovini è stato in grado di cogliere le opportunità di osservazione e di azione che il tempo gli ha messo a disposizione.

Perchè Cecovini si ritrovava in quella «specialità italiana» rilevata da Quarantotti Gambini? Perchè rifletteva su di sè: la madre era di famiglia italiana, il padre ingegnere di provenienza slovena. Il piccolo Manlio, nato nel 1914, fino al 1927, quando le autorità italiane misero mano all’anagrafe, di cognome fece Cehovin. Cecovini, celiando sul carattere “sanguemisto” del territorio, ha sempre rivendicato - come sottolinea un articolato appunto del figlio Sergio - il dato «culturale» dell’italianità triestina, frutto di scelta volontaria e non di destino etnico “blut und boden”. Una consapevolezza che forse è risultata tra i maggiori ingredienti del successo politico avendo co-fondato la Lista per Trieste.

Un altro grande vecchio di queste parti, Diego de Castro, introducendo la raccolta di scritti politici “Dare e avere per Trieste”, ha definito Cecovini «uomo dotato di intelligenza polivalente». Capiamone il senso. Studi classici al Dante, laurea in giurisprudenza a Bologna, ingresso nella magistratura, passaggio all’avvocatura dello Stato nei primi anni ’50 fino al 1979: questo l’iter di formazione e di professione, che lo vide anche in missione negli Stati Uniti. Conobbe l’asprezza della guerra sul fronte greco-albanese nel 1940, dove combattè come ufficiale alpino nella Julia, un’esperienza narrata in “Ponte Perati”. Si cimenta nell’attività letteraria e la bibliografia è così vasta da obbligare a una scelta: ricordiamo “Farina fina”, “Straniero in paradiso”, “Burlesque”, “I racconti di Padriciano”, “Un’ipotesi per Barbara”. In linea con una certa tradizione triestina, non estranea all’impegno politico-ideale irredentista, fu un importante esponente della Massoneria, a livello nazionale, nel Grande Oriente d’Italia e nel Rito scozzese antico e accettato. Praticò numerose discipline sportive: scherma, alpinismo, sci, nuoto. E da giovane si dedicò persino alla pittura.

Comunque la politica, intesa come civico servizio, rappresentò il filo rosso della sua esistenza. Coerente a un orientamento laico-liberale, simpatizzò inizialmente per il Partito d’azione, fiancheggiò i repubblicani, militò nel Pli. Fino alla discesa in campo che lo rese famoso in tutta Italia, quando, contestando il Trattato di Osimo firmato nel 1975 tra Italia e Jugoslavia per regolare le pendenze ancora aperte e prospettare nuovi margini di collaborazione economica tra i due Paesi, fu protagonista nella creazione del cosiddetto Melone. Con tre punti programmatici basilari: l’istituzione della Zona franca integrale, l’autonomia provinciale sulla scorta di quanto applicato in Trentino e in Alto Adige, la tutela ambientale del Carso. E con costante attenzione al ruolo del porto. Da allora decollarono tre lustri all’insegna di un forte coinvolgimento politico e amministrativo: divenne sindaco di Trieste dal 1978 al 1983, venne eletto europarlamentare nelle fila del Pli nel 1979 e frequentò Strasburgo fino al 1984, rappresentò la LpT in consiglio regionale dal 1988 al 1993 quando decise di appendere al chiodo le scarpe dell’agonismo politico. —
 

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