La diversità di Darwin nella Lezione di Scienze al Verdi di Trieste
Domenica 23 marzo alle 11 Telmo Pievani racconterà lo scienziato prima della pubblicazione di “L’origine della specie”

Il pensiero di Charles Darwin è difficile da accettare ancora oggi perché ci insegna che la diversità, nel senso della radicale e irriducibile unicità di ciascun individuo biologico, è il motore del cambiamento e della creatività.
Lo scienziato inglese era ben consapevole del potenziale eversivo delle sue idee, tanto che le tenne per oltre vent’anni nascoste in un cassetto.
Prima di pubblicare nel 1859 il suo saggio rivoluzionario “L’origine della specie”, Darwin era già noto nella comunità scientifica per i viaggi intorno al mondo in cui aveva potuto raccogliere e studiare reperti fossili e organismi viventi, e fu uno degli esempi cui si ispirò Massimiliano d’Asburgo nel progettare la prima circumnavigazione della terra a scopi scientifici condotta dal veliero Novara.
Darwin sarà al centro della seconda delle Lezioni di Scienze, in programma domenica 23 marzo alle 11 al Teatro Verdi (ingresso libero fino a esaurimento dei posti), ciclo ideato dagli editori Laterza, promosso dal Comune di Trieste e organizzato con il contributo della Fondazione CRTrieste, Media partner “Il Piccolo”.
A parlarne sarà Telmo Pievani, docente di Filosofia delle Scienze biologiche all’Università di Padova e divulgatore scientifico, che racconterà la storia di “Darwin prima che fosse Darwn”, cioè prima della pubblicazione dell’”Origine delle specie”.
Professor Pievani, Darwin già nel 1837 giunge a quelle conclusioni che renderà pubbliche appena vent’anni dopo, come mai passa tanto tempo senza dire quello che pensava veramente?
«Ha paura dell’accoglienza dei colleghi, teme che l’ambiente scientifico non sia ancora pronto. Ma c’è un’altra cosa interessante: nei suoi taccuini, che rimarranno segretissimi con le sue idee, sviluppa una teoria dell’evoluzione un po’ diversa da quella che ci sarà nel saggio che lo renderò famoso, una teoria per così dire ‘saltazionista’, in cui prevedeva che le specie nascessero molto velocemente, con dei grandi cambiamenti. Poi però cambia idea e sostiene che l’evoluzione è molto lenta e graduale. La cosa curiosa è che, alla luce di quello che sappiamo oggi, aveva ragione da giovane. La storia di Darwin fa capire molto bene come funziona il metodo scientifico, con ipotesi, errori e paure per le conseguenze delle proprie idee».
Lei di recente ha collaborato con Marco Paolini allo spettacolo teatrale “Darwin, Nevada”.
«Con Marco Paolini abbiamo pensato di raccontare la storia di Darwin mescolando linguaggi diversi, unendo la narrazione teatrale alla divulgazione scientifica. Un altro progetto che in comune con l’attore veneto è La Fabbrica del Mondo, che risale a qualche anno fa e disponibile su Raiplay».
Si occupa da molti anni di divulgazione scientifica.
«Non lo sa quasi nessuno ma l’Italia è stata un’antesignana della comunicazione della scienza, parliamo della seconda metà dell’Ottocento. Trieste poi è sede di uno dei Master di Comunicazione della scienza più antichi, quello della Sissa, che risale alla metà degli anni Novanta. Detto questo, oggi la divulgazione scientifica vive una fase di grande cambiamento. I mezzi tradizionali come conferenze festival, come Trieste Next vanno benissimo, ma si rivolgono a una parte minoritaria di pubblico, quella che è già interessata all’argomento. Piero Angela era in grado, con il suo carisma, di fare una trasmissione che arrivava a un pubblico trasversale, adesso non è più così, abbiamo pubblici molto diversi. L’età media di chi guarda la tv supera i sessant’anni, gli altri si informano sui social, dove la logica è diversa, vivono con i banner pubblicitari, devono fare incetta di like. Se mettiamo insieme il web e la tv, quasi il 75, 80% degli italiani si informa su questi due canali. Quelli che vanno a teatro ai festival o alle conferenze sono 600 mila persone, una esigua minoranza, il 3% del pubblico».
Come arrivare a tutti gli altri?
«Usando i linguaggi di oggi, che usano la spettacolarizzazione, i visual, la musica, l’emozione, il teatro, e fare trasmissioni televisive diverse, riprese dai social. Pensiamo ai podcast, che milioni di persone ascoltano quando vanno a correre o quando sono in macchina».
La riforma della scuola prevede più scienza nelle aule?
«Nella riforma dei programmi la scienza è la illustre sconosciuta, non è valorizzata adeguatamente, è lasciata alla volontà dei docenti. Nella scuola ci sono alcuni esempi di eccellenza, ma la maggior parte è abbandonata a sé stessa, con pochi fondi. Per questo stiamo cercando di produrre nuovi strumenti di aggiornamento per gli insegnanti, che chiedono materiali scientifici innovativi, anche perché in molte discipline, penso alla biologia, il ritmo di aggiornamento è velocissimo, mentre a scuola ci sono manuali che sono già vecchi».
Cosa bisogna fare?
«Usare in modo intelligente il web in modo da fornire ai ragazzi e agli insegnanti degli strumenti nuovi. Funzionano tantissimo queste serie da cinque, sei video di dieci minuti al massimo ciascuno in cui c’è tutto quello che sappiamo sull’evoluzione umana. Tra quindici giorni apriremo sul web una nuova testata a tema scientifico, Lucysuimondi.com, che si affiancherà a quella di Nicola Lagioia “Lucysullacultura.com”, tutta rivolta alle scuole». —
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