L’eredità di Lelio Luttazzi il “giovanotto matto” che portò lo swing nella canzone italiana
TRIESTE C’è una celebre foto di Lelio Luttazzi insieme a Louis Armostrong, datata 1952. Luttazzi è al pianoforte, sorride stringendo fra i denti una sigaretta dal lungo bocchino. Armstrong è alle sue spalle e sembra voler cantare insieme a lui. Quella è la foto originale che Lelio ha sempre tenuto accanto all’amato pianoforte, una sorta di chiusura del cerchio: è proprio ascoltando “After you’ve gone” di Armstrong, a 13 anni, che Luttazzi ha perso la testa per il jazz, ha iniziato a farlo suo, fino a cambiare il volto della musica italiana iniettandola di swing. «Quando ho sentito il primo disco di Armstrong, ho capito subito che quello era il mio unico linguaggio», affermava il Maestro senza esitazioni.
Oggi sono dieci anni che Lelio è “volato via”, come dice la moglie Rossana, l’8 luglio del 2010 proprio nella sua adorata Trieste, dov’era voluto tornare dopo quasi sessant’anni di lontananza. E manca immensamente allo spettacolo italiano. «Stiamo preparando un evento a Trieste per ricordarlo, verso la fine di ottobre», assicura la moglie. Per entrare nel suo mondo in qualsiasi momento, fra gli oggetti di una vita e tanto eccezionale materiale artistico, basta visitare lo splendido Studio Luttazzi a lui dedicato alla Biblioteca Statale Stelio Crise di Trieste.
Musicista, compositore, presentatore, attore per Ferreri, Risi e Antonioni, scrittore, persino regista di un film, “L’illazione”: Luttazzi è stato un artista eclettico dai tanti talenti, dall’eleganza naturale e dalla modestia sincera. Eppure ne avrebbe avuti di motivi per autocelebrarsi: è stato l’uomo del sabato sera in tv, il mattatore con la gardenia all’occhiello di “Studio Uno” con Mina, di “Doppia coppia” con Sylvie Vartan, il compositore di “Una zebra a pois”, il leggendario conduttore di una trasmissione che ha segnato non solo la storia della radio ma anche del costume italiano, “Hit Parade”, in onda dal 1967 al 1976.
Luttazzi è nato a Trieste il 27 aprile 1923, ha trascorso l’infanzia a Prosecco e frequentato il Liceo Petrarca. Nel 1943, al Teatro Rossetti, ha conosciuto Ernesto Bonino e ha scritto per lui il suo primo brano, “Il giovanotto matto”, un fox-trot già irresistibile. Del resto Luttazzi è stato tra i primi a inserire nella canzone italiana le strutture del jazz e dello swing a partire da “Vecchia America” e “Muleta mia”, scritta per Teddy Reno all’inizio degli anni ’50. Da “Bum! Ahi! Che colpo di Luna” a “Canto (anche se sono stonato)”, da “Legata ad uno scoglio” a “Chiedimi tutto”, i suoi erano testi ironici e visionari, completamente diversi rispetto alla seriosità autocompiaciuta di tanta canzone italiana degli anni ‘60.
Il senso dell’umorismo era uno dei suoi tratti più forti anche nei varietà televisivi, dov’era contemporaneamente musicista, intrattenitore e presentatore brillantissimo. Con se stesso era sempre severo: «Quando aveva un concerto stava ore e ore, per dei giorni, al pianoforte a fare le scale», ricorda la moglie Rossana. «Era un perfezionista pazzesco, aveva un gran rispetto per la musica e per il suo pubblico».
Negli ultimi anni Luttazzi era tornato in radio e in televisione grazie agli inviti di Fiorello e Fabio Fazio. Tanti sono gli amici dello spettacolo che lo ricordano con affetto come Lina Wertmüller, che fu tra gli autori di “Studio Uno”: «Ho la fortuna di essergli stata amica, di vivere insieme a lui gli anni più belli di quel periodo», afferma la regista. «Certo Lelio era speciale. Sapeva fare tutto, cantava, recitava. Tante cose mi piacerebbe dirgli ancora. Era un artista nel senso più solare della parola, e poi si portava dentro la grazia di Trieste».
Luttazzi rimane un punto di riferimento anche per gli artisti jazz di nuova generazione, come la cantante Simona Molinari, che nel 2013 ha riarrangiato il brano di Lelio “Dr. Jekyll Mr. Hyde” e ha fatto vivere un suo inedito, “Buonanotte Rossana”, dedicato alla moglie: «Ho mantenuto la parte al pianoforte di Lelio: in un certo senso, posso dire che abbiamo suonato insieme», ricorda Molinari. «Lelio è riuscito a rendere lo swing popolare in televisione, alla portata di tutti, una cosa non facile anche oggi: questo l’ha reso unico e irripetibile». —
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