L’ascesa di Teodora femmina fatale mise Costantinopoli ai suoi piedi
Domani alle 11, al teatro Verdi di Trieste, appuntamento con il ciclo delle Lezioni di Storia, promosse dal Comune di Trieste, ideate dagli Editori Laterza con il contributo della Fondazione CRTrieste, la sponsorizzazione di Trieste Trasporti e la media partnership de “Il Piccolo”. La seconda lezione del ciclo dedicato a “I volti del potere” vedrà protagonista il professor Amedeo Feniello, che tratterà il tema “Teodora. Il potere del carisma”, introdotto dal giornalista de “Il Piccolo” Giovanni Tomasin. Tutte le lezioni saranno registrate e messe a disposizione dei lettori sul sito de “Il Piccolo”. Venti posti nelle prime file sono stati riservati ai membri della community Noi Il Piccolo.
AMEDEO FENIELLO
Sensuale e determinata. Carnale e intransigente. L’imperatrice Teodora, ancora oggi, rimanda di sé questa doppia immagine, di spietatezza e di erotismo. Ne siamo vittime, consapevolmente. Affascinati, consapevolmente. Perché la sua storia sarebbe precipitata nell’oblio se lei non fosse stata quello che fu: una donna a tutti gli effetti eccezionale. Non si può che usare questa parola per sottolineare la parabola che la vide passare, dal 497 al 548, dall’arena del circo, figlia di un umile domatore di orsi, al trono del maggior impero mediterraneo, moglie del grande Giustiniano. Con un’ascesa sociale che ha dell’incredibile, con una determinazione e un’acutezza politica senza pari.
Una vicenda che, però, non sarebbe stata tale senza un grande narratore. Perché tolti Procopio di Cesarea e la sua “Storia segreta” tanti retroscena della vita di Teodora sarebbero rimasti sconosciuti. Fu lui che, con il calamo intinto di veleno, creò la leggenda nera di Teodora, privandola dell’aurea imperiale fino a denudarla così da descriverla nella sua intimità più oscena e triviale, di una donna ossessionata da un unico obiettivo: salire in alto, toccare i vertici del potere, diventare la prima donna dell’impero. Cosa che accadde nell’odio feroce dei vecchi aristocratici, inorriditi tanto dall’assetata prostituta parvenu quanto da una coppia regale protagonista non di un matrimonio riuscito, ma di un obbrobrio contratto tra due arrivisti, legati indissolubilmente dallo stesso desiderio di dominio
Ma Procopio fu un uomo ambiguo, leale e devoto nelle opere ufficiali mentre invece impietoso in questa sua “Storia”, dove arrivò a insultare la donna fino alla calunnia. Però essa ci fornisce gli elementi per raccontare Teodora nella sua essenza, sia per quanto riguarda la sua giovinezza sia per la sua partecipazione effettiva al governo come imperatrice. Insomma, la sua vicenda fin nei tratti più nascosti e serrati, dalle prime pantomime quasi bambina all’ippodromo, all’adolescenza da attrice e prostituta alla funzione di imperatrice avida e crudele, riposa quasi tutta sulle dita delle mani di un uomo contraddittorio come Procopio. Cosa che rende difficile raccontare con obiettività la vita di questa donna, perché cosa fare quando esiste, nei fatti, una sola e unica e immensa fonte a testimoniare con estremo dettaglio i fatti, le azioni, le parole di Teodora e, al di là di essa, quasi nient’altro?
Detto ciò, il lavoro dello storico non si arresta ma sa che, per compiere il suo lavoro, deve navigare in acque torbide, adoperando fonti malagevoli e arbitrarie, o propagandistiche, come ad esempio quelle di un partigiano di Teodora, Giovanni d’Efeso. E spesso si precipita nella leggenda che, bisogna riconoscerlo, ha da sempre ammantato qualsiasi racconto sull’imperatrice. Con una sequenza ondivaga, in cui o le peggiori scorie vengono dilavate via da una corrente che l’ha, pian piano, trasformata in una santa al di sopra di ogni sospetto, come è avvenuto spesso dal X secolo in poi nella cultura bizantina. Oppure, con una corrente uguale e contraria, gli storici moderni, come Montesquieu o Gibbon, l’hanno trasformata nell’emblema stesso della decadenza, scioccati dalla sua potente voluttuosità da puttana eretica, crudele e rancorosa.
Ma Teodora continua ad affascinarci. Per le armi che usò della seduzione sessuale e della sagacia politica. Difatti, bisogna ammetterlo, lei adoperò con efficienza il suo charme per scalare i gradini del miglior mondo bizantino.
E non bisogna mai dimenticare che, una volta giunta al potere, non fu mai esclusa dalle stanze del potere ma anzi protagonista risoluta (come dimostrò nel corso della rivolta di Nike nel gennaio 532 quando impose a uno spaventato Giustiniano di non abbandonare Costantinopoli) e soprattutto in grado di rompere le regole del tempo, di un’intera società che l’avrebbe voluta sottomessa e asservita.
E, coperta di porpora e di perle, fu lei, nella realtà, il vero primo ministro di Giustiniano, come ebbe modo di dimostrare più e più volte, abilissima nel rivoluzionare il posto che si attribuiva alle donne a corte. Teodora, in definitiva: una femme fatale che, letteralmente, mise Costantinopoli ai suoi piedi. –
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