La pace secondo Einstein, autobiografia del genio di scena al Teatro Miela
Organizzato dalla Sissa il 16 luglio si presenta il libro di Hanoch Gutfreund e Jürgen Renn pubblicato da Hoepli con le memorie in parte inedite del grande fisico redatte nel 1946
TRIESTE. Einstein lo definì “il proprio necrologio”, ma forse il termine che lo inquadra meglio è “confessione”: le sue “Note autobiografiche” rappresentano l’analogo laico dell’opera di sant’Agostino, un pilastro del pensiero occidentale. Scientifico certamente, ma anche filosofico. A rileggerle con occhi nuovi, grazie a studi einsteiniani pluridecennali e con l’ausilio di ulteriori documenti, tra cui almeno un inedito, sono due tra i più profondi conoscitori del geniale scienziato, Hanoch Gutfreund, professore emerito di fisica teorica all’Università ebraica di Gerusalemme e direttore accademico degli Albert Einstein Archives, e Jürgen Renn, direttore presso l’Istituto Max Planck per la storia della scienza di Berlino e uno dei più importanti storici della scienza viventi.
Nel volume “Einstein secondo Einstein. Riflessioni autobiografiche e scientifiche”, appena pubblicato in Italia da Hoepli (pagg. 270, euro 19), i due studiosi costruiscono una prospettiva nuova sulla formazione scientifica e filosofica di Einstein, presentando ai lettori le riflessioni del celebre fisico e seguendone il percorso intellettuale nell’arco della sua intera esistenza, attraverso i suoi scritti, la sua corrispondenza personale e i saggi critici dei suoi contemporanei. I due autori saranno a Trieste, sabato 16 luglio ospiti della Sissa: alle 19 al Teatro Miela presenteranno il volume al pubblico. Alla presentazione farà seguito, alle 20.30, il concerto di Ottodix, pseudonimo dell’artista Alessandro Zannier, intitolato “Entanglement” e ispirato dall’omonimo fenomeno fisico. L’appuntamento è inserito all’interno delle iniziative collaterali al convegno scientifico internazionale “The Evolution of Knowledge”, ispirato all’omonima opera di Jürgen Renn e in programma fino a sabato alla Sissa.
Ma cosa sono le “Note autobiografiche”, stilate da Einstein di proprio pugno e riportate integralmente in questo volume, e perché sono così importanti? Alla fine della seconda guerra mondiale Einstein fu invitato a scrivere la propria autobiografia intellettuale da Paul Arthur Schilpp, professore di filosofia di origine tedesca con cui lo scienziato aveva iniziato a intrattenere una fitta corrispondenza. I due uomini erano entrambi impegnati a servizio di una nobile causa: salvare l’umanità dai pericoli dell’era atomica, al cui avvento Einstein aveva involontariamente contribuito. Schilpp aveva lanciato una serie intitolata “The library of living philosophers”: uno dei volumi della serie lo volle dedicare appunto ad Albert Einstein come scienziato e filosofo. Dovette usare tutte le proprie arti persuasive per convincere il fisico a cimentarsi nella scrittura delle propria autobiografia, ma infine la spuntò e a 67 anni, nel 1946, Einstein iniziò un’impresa cui si era sempre opposto in precedenza.
“Ogni autobiografia è una macchina del tempo, di un tipo che fugge ancora alla teoria della relatività e le sfuggirà sempre - scrivono i due studiosi nel primo capitolo del volume -. Conduce il lettore nel mondo di un’altra mente e un’altra epoca...”. Ma al centro del resoconto di Einstein non ci sono tanto i fatti storici del tempo o i problemi della quotidianità, quanto le difficoltà, le preoccupazioni e gli ostacoli che affrontò nella sua ricerca di una visione scientifica del mondo.
La sua autobiografia è una time machine creata in un luogo e in un momento preciso, ma che nel momento stesso in cui è stata scritta è riuscita a trascenderli, cogliendo l’essenza di un’intera vita di riflessioni sull’universo e sul posto dell’umanità al suo interno.
In “Einstein secondo Einstein” si trova comunque traccia dell’influenza che l’infanzia e l’ambiente in cui visse il più importante fisico del XX secolo ebbero sulla sua personalità e sul suo percorso di vita. Ma il focus è sulle sue ricerche, sulla sua analisi del funzionamento dei propri pensieri, sul percorso che lo condusse prima alla relatività ristretta e quindi alla relatività generale, e sulle difficoltà di una simile impresa. Nel libro ci sono anche le opinioni del celeberrimo scienziato sullo status e sul futuro della meccanica quantistica e la sua ricerca di una teoria unificata dei campi. Degna di nota è la prefazione all’edizione italiana del volume, tradotto da Luisa Doplicher, in cui si rende omaggio al legame che lo scienziato ebbe con il nostro paese e con la lingua italiana: dal breve periodo in cui da giovane soggiornò in Italia alla corrispondenza che intrattenne con matematici e fisici italiani, dalla diffusione delle sue teorie nel nostro paese alle sue conferenze bolognesi e padovane. Senza dimenticare la becera strumentalizzazione che il fascismo fece della relatività, trasformata in metafora politica e adottata da Mussolini, nella sua accezione relativistica, per celebrare la “relativistica” mentalità fascista nel decretare il tramonto del mito della “scienza” intesa come scopritrice di verità assolute.
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