La moglie di Lelio Luttazzi: “Voleva buttare via la pellicola: gli ricordava i giorni del dolore”

TRIESTE. Se oggi possiamo riscoprire il lato meno noto di Lelio Luttazzi, quello legato alla sua unica opera da regista “L’illazione”, il merito è della moglie Rossana. È stata lei a conservare negli anni la pellicola girata nel 1972, della quale Lelio non voleva più sentir parlare, e a farla uscire dall’oblio finalmente nel 2011 alla Festa del Cinema di Roma, allora diretta da Piera Detassis, in una serata speciale con tanti amici del Maestro, da Pippo Baudo a Pupi Avati. “L’illazione” era dunque rimasto inedito per quasi quarant’anni: «La Rai lo aveva prodotto senza però mai mandarlo in onda: troppo difficile da digerire la requisitoria contro il pubblico ministero», afferma Rossana.
Perché “L’illazione” sgorga dall’amarezza e dal dolore di Luttazzi per il clamoroso errore giudiziario che lo aveva coinvolto nel 1970. Nel film lo scrittore Decio (interpretato dallo stesso Luttazzi, con barba brizzolata) invita a cena nella sua casa di campagna un rigido giudice e la moglie, più un amico medico (Mario Valdemarin), vittima di alcune lettere anonime che lo colpevolizzano della recente morte del figlio disabile. Di fronte alle “illazioni” del giudice sull’amico, Decio finirà col tessere col magistrato una dura conversazione sulla pericolosità del preconcetto nel sistema giudiziario.
Il film non filtra solo il trauma di Luttazzi per le ingiuste accuse ricevute, ma è quasi un manifesto per dettagli della sua visione del mondo: spuntano il brano “Black and blue” dell’amato Louis Armstrong, l’esistenzialista Juliette Greco che campeggia a tutta parete a ricordarci la precarietà dell’uomo contemporaneo, passaggi graffianti sulla psicanalisi.
Il film fu girato proprio nel casale rosso di Luttazzi a Montefalasco, nella campagna a mezz’ora da Roma. Poco dopo, nel 1975, Lelio conoscerà Rossana, la compagna di una vita: resteranno insieme per 36 anni. È durante un trasloco, svuotando la casa, che Rossana scopre l’esistenza della pellicola.
«Nel 1978 Lelio era un po’ stufo di abitare nella “casa rossa”, dove non aveva bei ricordi», racconta Rossana. «Finimmo quasi per sbaglio a Ceri, una rocca medievale tra Bracciano e Cerveteri: ce ne innamorammo pazzamente e comperammo lì la “Casetta dell’orologio”. Bisognava dunque occuparsi del trasloco. Quando andai a svuotare la stalla della “casa rossa”, tra uno scaffale e l’altro vidi una grande scatola rotonda di latta, la classica delle pellicole di una volta. Chiesi a Lelio cos’era e lui mi spiegò del film, dicendomi di buttarlo via. Invece decisi di conservarlo. Dopo qualche anno trovai un laboratorio che riuscì a riversare la pellicola, ridotta molto male, in un dvd. Provai a chiedere a Lelio se voleva rivederlo, ma mi rispose: “No, assolutamente”. Così non ne parlammo più».
Luttazzi rifiutava di riaprire il trauma di quel tragico sbaglio giudiziario: «Gli restò appiccicato tutta la vita, quella ferita non guarì mai. Ogni tanto si rimarginava ma poi tornava a sanguinare», afferma la moglie. «In carcere scrisse il libro meraviglioso “Operazione Montecristo” che ha ispirato il film “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy con Alberto Sordi. Ma Lelio scansava tutto ciò che lo riportava a quell’episodio».
Rossana, comunque, custodisce il film negli anni. Dopo la scomparsa di Luttazzi, con la Fondazione a lui dedicata decide di catalogare tutto il materiale del marito, l’archivio musicale, letterario e cinematografico. E capisce che è arrivato il momento di riportare alla luce “L’illazione”. Lo fa grazie all’appoggio di Paolo Giaccio, allora a Rai 5: «Tirammo fuori la pellicola, la Cineteca di Bologna la restaurò sotto la supervisione di Cesare Bastelli, e la portammo in prima mondiale alla Festa del Cinema di Roma».
Di certo “L’illazione” non è un film facile: un apologo intimista e colto, un cinema da camera notturno con sei personaggi in un interno, pervaso dalla colonna sonora jazz di Gianni Ferrio. È però un tassello fondamentale e affascinante per mettere a fuoco l’universo creativo di Luttazzi, che ha ancora qualche sorpresa nascosta per il suo pubblico. «Lelio amava prima di tutto la musica, poi la letteratura e il cinema. Eravamo molto amici di Mario Soldati: gli avevo fatto leggere alcuni scritti di Lelio, lo spingeva a pubblicarli», racconta Rossana «Uno dei suoi “manoscritti ritrovati”, “L’erotismo di Oberdan Baciro” ambientato nella Trieste degli anni ’30, è stato edito da Einaudi nel 2012. Ed esiste un altro inedito di Lelio che speriamo di poter presto leggere pubblicato». —
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