Il racconto della montagna con i pennelli conquistò anche Flumiani, pittore di marine

A Palazzo Sarcinelli di Conegliano un invito a guardare con occhi diversi i paesaggi delle Alpi Giulie, delle Dolomiti e le loro valli, fino all’8 dicembre

Conegliano, in mostra il senso della montagna

TRIESTE. La montagna scoperta, guardata e raccontata dagli artisti: la nuova rassegna che Palazzo Sarcinelli di Conegliano offre ai suoi visitatori è un invito a guardare con occhi diversi i paesaggi montani delle Alpi Giulie, delle Dolomiti e le loro valli più suggestive; con gli occhi della nostalgia e della meraviglia, del romanticismo e del verismo, della cronaca e della pubblicistica. “Il racconto della montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento” per la cura di Giandomenico Romanelli e Franca Lugato propone un itinerario attraverso una serie di dipinti, manifesti, pubblicazioni di autori noti e meno noti, inglesi, croati, lombardi, veneti e veneziani, friulani e triestini.

Senza avere alcuna pretesa di esaustività come dichiara apertamente Romanelli, l’esposizione, attraverso scelte rigorose, in certi casi insolite e inaspettate, si pone come un viaggio tra le vette in grado di restituire “un sentimento”, “un senso” della montagna. I primi dipinti che incontra il visitatore sono quelli dell’inglese Edward Theodore Compton, pittore e alpinista che trascorse la maggior parte della sua vita in Germania, esplorando le montagne austriache, scandinave, nordafricane e spagnole, collaborando come illustratore a diverse riviste specializzate e libri di letteratura alpinistica. Sulle Dolomiti fu tra il 1882 e l’83: il suo “Paesaggio montano” e “Cortina sotto la neve” esposti a Palazzo Sarcinelli denotano un’attenzione di impronta realista non priva di fascinazione romantica.



Ci sono poi i paesaggi di Sappada, la Val Gardena, la Marmolada, il lago di Misurina, Val di Braies dipinti dagli artisti veneti tra ‘800 e inizio del ‘900: dal realismo di Giovanni Danieli da cui traspare tutto l’attaccamento per il proprio territorio, si passa alle tele di Guglielmo Ciardi e del suo allievo Giovanni Salviati che, anche nelle piccole dimensioni, riflettono l’influsso della pittura en plein air di derivazione impressionista, con le loro pennellate mosse e riassuntive a rendere la vibrante luce rosata della roccia. Si passa quindi ad una visione più simbolista con le montagne di Francesco Sartorelli, Traiano Chitarin, Teodoro Wolf Ferrari, per arrivare alla fascinazione della neve nelle tele del milanese Carlo Costantino Tagliabue, del trevigiano Millo Bortoluzzi e del triestino Tito Zivelonghi, autore indubbiamente da riscoprire. Altamente suggestivo per i giochi di luce creati sulla superficie della neve azzurra e bianca è il grande dipinto di Napoleone Pellis, intitolato “Viatico in montagna”, prestato dal Museo d’arte moderna e contemporanea di Udine di Casa Cavazzini.

Noto a Trieste soprattutto per i suoi soggetti marinisti, Ugo Flumiani è autore di una meno conosciuta serie di paesaggi montani e carsici; in mostra vengono proposti tre oli prestati dalla Società Alpina delle Giulie, sezione di Trieste del Cai, caratterizzati da dense pennellate di colore a raccontare le vette innevate e illuminate dal sole come nel cartone “Da Tarvisio. I nuovi confini della patria”. Dello stesso Flumiani, sempre appartenenti all’Alpina delle Giulie, vengono esposte le cinque opere dedicate alle Grotte di San Canziano, nate dall’amicizia del pittore con lo speleologo, esploratore del territorio carsico, Eugenio Boegan, caratterizzate dai forti contrasti chiaroscurali e dalla perfetta resa delle acque cristalline.

Alla pittura si affiancano quindi i manifesti di Sandro Bidasio degli Imberti detto Sabi o di Franz Lenhart, della collezione Salce. Pubblicizzano i nuovi sport invernali e la montagna come luogo di villeggiatura nel periodo tra le due guerre e subito dopo la seconda guerra mondiale. Ci sono poi alcuni approfondimenti dedicati per esempio a Bepi Mazzotti, trevigiano, amante dell’arte e della montagna, autore di diverse pubblicazioni tra cui il libro edito nel 1931 “La montagna presa in giro”, dove ridicolizza alcuni atteggiamenti di chi allora frequentava le vette con osservazioni ancora molto attuali.

Viene ricordata Irene Pigatti, pioniera dell’alpinismo femminile, tra le prime italiane a conquistare le cime delle Dolomiti, mentre un’intera sezione della mostra è dedicata al triestino Napoleone Cozzi che Silvio Benco così aveva descritto: “piccolo uomo gaio e vulcanico, agile come uno scoiattolo, d’ingegno pronto e versatile, scrittore scintillante, pittore di paesaggi alpini, schermidore da torneo e cospiratore da affrontare la prigione”. Allievo di Eugenio Scomparini, decorò l'interno del Politeama Rossetti di Trieste, il teatro di Zagabria e quello di Pirano, il Caffè San Marco e la sede della Ginnastica Triestina.

Nei suoi preziosi taccuini descrive passo passo, con brevi annotazioni e paesaggi dipinti all’acquerello, le ardite imprese della “Squadra volante” di cui lui era a capo, precorrendo l’alpinismo sportivo, senza guida. Chiudono l’esposizione i dipinti di Gabrijel Jurkić: di origini croate, studiò all’Accademia di Belle Arti di Vienna diplomandosi all’Accademia di Sarajevo. Il suo “Paesaggio” del ‘19 e soprattutto “Inverno” del ‘25 offrono una visione della montagna che sa di assoluto. La mostra, corredata da un catalogo (Marsilio), rimarrà aperta fino all’8 dicembre. 

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