Il poeta France Prešeren portò fra patria e amori la cultura slovena in Europa
TRIESTE Anche fuori dall’ambito letterario, France Prešeren (1800 -1849) è noto perché alcuni versi di una sua poesia, “Brindisi” (“Zdravljica”, 1844) sono stati musicati per quello che – nel 1991, quando la Slovenia è diventata repubblica indipendente – è stato confermato come inno nazionale. In particolare, quella strofa, ispirata (è stato sottolineato) a idee vicine a quelle della Giovane Europa di Mazzini, dove si augura lunga vita alle Nazioni che anelavano “al giorno mite/ in cui verrà bandita/ ovunque sotto il sol la lite“ e quando “ciascuno avrà/ la libertà/ e il suo vicino amerà“. Un “inno alla fratellanza universale, alla libertà, all’autonomia, all’uguaglianza e alla pacifica convivenza della nazione slovena con tutti i popoli della terra“.
Così lo definisce Miran Košuta, curatore dell’importante edizione delle Poesie di France Prešeren, di quello che – nella prefazione di un’antologia inglese della lirica slovena (“The Parnassus of a Small Nation”, London, John Calder, 1957) – si ribadiva essere stato un “grande poeta di una piccola nazione“.
In questa edizione delle “Poesie”, pubblicata in questi giorni dall’Editoriale Stampa Triestina (ZTT-EST, Trieste, 2020, pp.494, Euro 29), “Brindisi” è posto in appendice. E, questo, per la ragione che la censura austriaca aveva depennato l’inno da quella edizione originale del 1847 che viene proposta in questo libro, dove appare tradotta l’intera raccolta di “Poezije doktorja Franceta Prešerna” (“Poesie del dottor France Prešeren”), che è anche l’unico libro pubblicato in vita dallo scrittore. Miran Košuta – professore di Lingua e letteratura slovena all’Università di Trieste, saggista, narratore, musicista – pubblica ora il testo originale sloveno con, a fronte, la traduzione italiana, un ricchissimo apparato di note, un esauriente racconto della biografia, una nota bibliografica e una utile guida alla pronuncia. Inoltre, il volume è corredato da due postfazioni: la prima di Boris Paternu, dell’Università di Lubiana, autore di un’ampia e fondamentale monografia sullo scrittore, la seconda di chi scrive queste righe.
Per tante ragioni, il libro è basilare per chi voglia approfondire la conoscenza della storia, della cultura e della letteratura slovena moderna. Perché Prešeren è l’autore che – con la sua formazione e attività – ha dato il contributo essenziale all’inserimento della letteratura slovena nella cultura europea dagli anni delle Province Illiriche dell’epoca napoleonica, in cui venne promossa la coscienza di una identità autonoma di quella nazione, all’età della restaurazione metternichiana che guardava con diffidenza anche le culture alla ricerca di quella identità, all’epoca nella quale gli equilibri creati da Metternich cominciarono a essere compromessi da quei movimenti che furono alla base delle rivoluzioni nazionali, verso il 1848.
Nell’arco della sua breve vita (Vrba 1800-Kranj 1849), Prešeren – di famiglia contadina dalla quale uscì presto per frequentare la scuola a Lubiana e poi, per l’università (giurisprudenza), a Vienna – ebbe una vita professionale resa difficile anche da ostacoli posti dalle autorità austriache, affrontata con caparbietà e con determinazione, pari alle qualità che lo aiutarono nell’attività pubblicistica e in quella di poeta, sostenuto da amicizie importanti: per Matija Čop, dal quale ebbe anche elementi per un approfondimento dei problemi linguistici dello sloveno moderno; per Andrej Smole (e per il polacco Emil Korytko, studioso della poesia slovena del popolo carniolano), dai quali gli venne quell’interesse per il canto e per le tradizioni popolari slovene, che lo coinvolse anche come scrittore. In poesia, Prešeren operò in sloveno e in tedesco, attento alla tradizione classica greca e latina, a quella italiana (Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Guarini, Alfieri, tra gli altri) alla cultura barocca e alla moderna poesia e poetica romantica tedesca (Bürger, di cui tradusse la “Lenore”, Schiller, Goethe, i fratelli Schlegel tra gli altri). Breve ma intenso, come la sua esistenza, l’itinerario della sua poesia nel quale – con motivi a volte ironici e satirici - si intrecciano fasi e motivi dedicati alla poesia amorosa (riflesso dei suoi rapporti sentimentali, fonte di sofferenze e delusioni dolorose, soprattutto quello con la giovane Julija Primic), e motivi patriottici.
Che si avvicendano e si intersecano suggestivamente nell’originale “Serto di sonetti” (“Sonetni venec”) e nel suo capolavoro “Battesimo alla Savica” (“Krst pri Savici”), un poema epico-lirico (in terzine e ottave) che rievoca il conflitto religioso tra Sloveni (nell’VIII sec. d.C.), la contrapposizione tra cristianità e paganesimo, la conversione dell’eroe Črtomir, frutto di dolorose rinunce e sofferente (e attiva) accettazione di una nuova missione. Con le poesie di questo libro, Prešeren indicava alla nuova poesia slovena –da fondatore - forme metriche classiche e moderne, e offriva una complessa e articolata immagine della propria individualità tesa alla ricerca, per sé e per la propria cultura. Tradurlo, come ha fatto Miran Košuta con grande impegno e splendidi approdi, non era facile. Anche perché – come ha affermato - ha cercato di rispettare, oltre alla portata semantica, anche le caratteristiche formali dell’originaria raccolta, la “rimica e la metrica“.
Adempiendo così, al difficile compito di tradurre un autore di questo calibro e di complessa problematicità. Dove non basta tradurre. Dove bisogna adattarsi alla voce originale, doppiandola, immedesimandosi con la figura del doppiato, diventando la “sua” voce inconfondibile, diventando “uno” con lo scrittore tradotto. —
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