Il pianoforte di Vacatello al Verdi di Trieste: «Una sfida da vivere fino in fondo»

Domani terzo concerto sinfonico con Cajkovskij e l’omaggio a Beethoven sul podio ritorna Jordi Bernacèr a meno di un mese dal suo debutto in città

TRIESTE A meno di un mese dal suo appassionante debutto a Trieste il maestro Jordi Bernacèr ritorna sul podio del Teatro Verdi per il terzo concerto sinfonico, che si terrà domani sera alle 20.30. Il pubblico ascolterà il “Capriccio italiano in la magg.op.45” di Čajkovskij e l’omaggio a Beethoven nel 250° dalla nascita con l’esecuzione della Terza Sinfonia in mi bem.magg. “Eroica” e del “Quarto concerto per pianoforte e orchestra in sol magg. op. 58” affidato all’apporto solistico della pianista napoletana Mariangela Vacatello.

Compiuti brillantemente gli studi al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano nella classe di Riccardo Risaliti, Vacatello inizia la sua carriera giovanissima e si impone sulla scena internazionale all’età di diciassette anni, con il secondo premio al concorso “Liszt” di Utrecht. Da lì coglie un bouquet di riconoscimenti in importanti competizioni quali il “Concorso Busoni” di Bolzano, “Van Cliburn” in Texas, “Queen Elisabeth” di Bruxelles, “The Solti Foundation” e il XVII Premio Venezia, che lanciano la sua carriera.

Della caratura della giovane Mariangela si accorge da subito anche il pubblico triestino che, quasi vent’anni fa, nell’ultimo dei “Concerti d’estate” organizzati dal Teatro Verdi e Assicurazioni Generali all’Auditorium del Museo Revoltella si fa incantare dal suo talento virtuosistico ed emotivo insieme, tanto espressivo quanto versatile da passare con disinvolta nonchalance da Haydn a Bach-Busoni, da Rachmaninov a Liszt per finire con il visionario Ravel di “Gaspard de la nuit”.

«Un concerto davvero indimenticabile e del quale ho un ricordo indelebile. Proprio ieri, mentre arrivavo a Trieste in treno – racconta Vacatello - ricordavo la sala, tutto il programma e, soprattutto, il calore del pubblico, col quale c’era un filo di tensione e partecipazione che mi ha accompagnato per tutta l’esecuzione. Questo è stato il mio unico recital in questa città meravigliosa e ne custodisco il ricordo nel cuore».

Felice di essere ritornata in città grazie al recupero del concerto annullato ad aprile causa pandemia, adesso l’artista partenopea è davvero contenta di potersi esibire «finalmente in questo bellissimo teatro - dice - e con un concerto che è uno degli apici della letteratura pianistica in generale e, per la sua scrittura ricca, raffinata e piena di spirito, rappresenta anche una novità nel corpus dell’opera beethoveniana, caratterizzata da una raffinatezza di colori che va ad impreziosire uno sguardo compositivo proiettato molto lontano. Questo è uno dei concerti che suono da più tempo perché è uno di quei brani che non ci si stanca mai di scoprire e lavorare».

Amante di Chopin, Liszt e Debussy oltre che di Beethoven, Vacatello è ugualmente attratta anche dal Novecento storico.

«Sono molto curiosa di musica contemporanea colta, ho avuto la possibilità di lavorare all’Ircam di Parigi e, da alcuni anni, ho la fortuna di poter collaborare anche con grandi artisti contemporanei. A questo proposito, tra una settimana sarò al Teatro Alla Scala per un recital nell’ambito del festival “Milano Musica” in cui la prima parte sarà completamente dedicata a tre opere commissionate nuove per l’occasione, una delle quali del compositore italiano Marco Stroppa. Si tratta di un programma molto impegnativo perché mi ha posto davanti tre scritture pianistiche totalmente diverse tra di loro nella forma, nei colori e nei gesti tecnico-musicali. Quindi un grande lavoro per un esecutore, una fonte d’ispirazione nuova e una bella sfida».

Una sfida per il solista che, post lockdown, potrebbe metaforicamente rappresentare la sfida che tutto il comparto spettacolo, insieme al suo pubblico, deve ricominciare ad affrontare in questo difficile momento.

«La musica - conlude Vacatello - e tutta l’arte in generale è indispensabile per la crescita dell’umanità, della cultura e della storia. Bisogna vivere la vita fino in fondo, come artisti e come pubblico». —

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