Hamed, il pittore fuggito dai talebani corona il suo sogno a Gorizia
Fino a domenica 8 settembre allestita da Agorè la mostra dell'insegnante afgano nato a Bamiyan, 230 km da Kabul, la città balzata alle cronache dopo che, il 12 marzo 2001, le giganti statue del Buddha vennero distrutte

GORIZIA È nato a Bamiyan, 230 km da Kabul, città afgana balzata alle cronache dopo che il 12 marzo 2001 le giganti statue del Buddha vennero distrutte dai talebani. Chissà se questo disastro ha contribuito a coltivare in lui il suo amore per l’arte. Anche perché Abdul Haya Hamed, 26 anni, nome d’arte Hamed Darek, ha da sempre voluto fare il pittore.
Prima di scappare, per quattro anni, dal 2011 al 2015, ha insegnato pittura nella scuola intitolata ad Avicènna (considerato il padre della medicina moderna), una scuola nella città di Balkh, tra le più antiche del mondo.
La pittura diventa presto un rischio; la guerra spezza il suo sogno.

Bumbaca Gorizia 30.08.2019 Mostra Agore © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Hamed rimane orfano e nel 2015 si mette in fuga. Dapprima in Germania, poi in Italia. Dal 2017 viene ospitato a Gorizia, al centro Nazareno che accoglie i richiedenti asilo. Provato dai traumi della guerra e della migrazione, viene coinvolto dagli operatori dell’associazione “Tutti insieme” a seguire corsi di pittura. Ricomincia a dipingere, una tecnica strana la sua, a fasce progressive, come se stesse tessendo una tela. Vengono fuori ritratti, volti con la guerra negli occhi. Ma ci sono anche volti goriziani, gli amici della sua nuova vita.

Bumbaca Gorizia 30.08.2019 Mostra Agore © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Quanto basta per convincere l’associazione Agorè ad allestire una mostra in via Rastello 49. Rimarrà aperta fino a domenica 8 settembre. «Di solito privilegiamo le collettive, è raro vederci impegnati in una personale», dice il presidente di Agoré Sergio Pratali Maffei. Ma qui c’è in ballo il “Doppio sogno” di Hamed che dà il titolo alla mostra. La sua doppia identità, la prima afgana, la seconda goriziana, e il suo ostinato sforzo a volerle ricucire insieme, in un quadro anche interiore. —
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