Fabrizio Bentivoglio a Miramare apre con Egmont le serate del Rossetti
Il 16 luglio il melologo con musiche di Beethoven e testi di Goethe: «Una storia attuale di coraggio e resistenza»
TRIESTE. Beethoven e Bentivoglio al Castello. Parte sabato 16 luglio, alle 21.30 “Il Rossetti a Miramare. In una notte così…” la rassegna estiva che nasce dalla collaborazione fra il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare e il Teatro Stabile del Fvg, e che per più di un mese, fra il 16 luglio e il 28 agosto, percorrerà gli spazi di Miramare.
Il primo appuntamento è in collaborazione con la Società dei Concerti di Trieste per il “Progetto Beethoven” e con Aida Studio Produzioni. Il programma della serata inaugurale - eseguito dall’Orchestra di Padova e del Veneto, diretta da Marco Angius, e dal soprano Valentina Corò - prevede, dopo una prima parte dedicata alla Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21, di Ludwig van Beethoven, l’interpretazione di’“Egmont” scritto dallo stesso compositore per l’opera omonima di Johann Wolfganf von Goethe, tradotto da Silvia Pippìa. La parte recitata è affidata all’attore Fabrizio Bentivoglio.
È pronto a tornare a Trieste?
«Torno con un lavoro straordinario - risponde Fabrizio Bentivoglio - , musicato da Beethoven e un testo di Goethe: questo già dice tutto. Il melologo è una forma di teatro inusuale, che è spuntata in Italia grazie a un attore particolarmente dotato come Luigi Rasi che a metà dell’ 800 si è messo a fare commistioni di teatro e musica. Rasi ha diffuso questa forma teatrale in tutta Europa, ma l’apice, il vertice massimo di questo genere è proprio Egmont».
Qual è, secondo lei, il punto di forza di questo melologo?
«Beethoven si era innamorato di questo testo che è un canto alla libertà, parla del sacrificio del Conte di Egmont che sacrificò la propria vita per manifestare il suo attaccamento alla patria olandese in occasione della repressione spagnola attuata dal duca d'Alba nel 1568. Per ironia, viene abbandonato anche dal suo popolo, che rimane immobile e non fa niente per salvarlo. Il suo gesto verrà capito solo dopo, come spesso accade, ma è tuttora simbolo di un riscatto ancora possibile in tempi così difficili.
Siamo ancora capaci di sacrificarci per la patria?
«Si, lo vediamo quotidianamente. Quando la propria patria, la terra in cui siamo nati, quella in cui ci sono le radici delle nostre famiglie, viene attaccata, si può essere anche in pigiama ma si scende in campo a difenderla. È qualcosa di più forte di noi».
A Trieste lei è già venuto in diverse occasioni, anche per girare dei film. Cosa si aspetta dal pubblico?
«Faccio sempre in modo di non aspettarmi molto e di poter rimanere sorpreso da quello che incontro. Vengo da un altro tipo di melologo, perché in questo periodo sto portando in giro una lettura da “La solitudine del Satiro” di Ennio Flaiano accompagnato da un contrabbassista come Ferruccio Spinetti. Anche in quel caso sono due musiche che dialogano, una scritta e una suonata e quindi oserei dire che continuerò a fare la stessa cosa solo più in grande perché a Trieste non avrò con me un solo musicista ma un’orchestra intera».
Come ha scelto questo testo?
«Non è stata un’idea mia. Mi é stata proposta, mi é sembrata una cosa molto bella e ho accettato. Ne avevo sentito parlare, soprattutto della produzione diretta da Claudio Abbado».
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