Eleonora Duse e D’Annunzio tra gossip e cene nobili a Trieste

TRIESTE Il Piccolo della Sera del 6 maggio 1902 regala ai lettori un gossip gustosissimo. La coppia più chiacchierata dell’epoca è sbarcata a Trieste. Lui arriva da Firenze, lei da Vienna, e sono scesi all’Hotel de la Ville. Gabriele D’Annunzio, irritato dalla quiete della Capponcina, ed Eleonora Duse, reduce dai trionfi della “Francesca da Rimini”, trascorreranno nel porto dell’Impero tredici giorni, dal 6 al 18 maggio.
Giorni intensi, e non solo perchè la divina è impegnata sul palcoscenico del Verdi con un trittico a firma del suo amante - oltre alla “Francesca” anche “La Gioconda” e “La città morta” - ma perchè il jet set si mette in moto per organizzare eventi mondani dedicati al Vate e all’attrice. I primi ad assicurarsi la loro presenza sono la Società filarmonico-drammatica e il Circolo artistico, che organizzano un ricevimento all’Hotel de la ville.
I lettori de “Il Piccolo della Sera” sono avidi di dettagli sull’appassionato soggiorno e, due giorni dopo, il giornale li informa che D’Annunzio e la Duse sono attesi al Castello di Duino, ospiti a un “diner” di sangue blu con la principessa Maria Thurn-Taxis e i principi Federico di Hohenlohe e Sascha Thurn-Taxis. L’Immaginifico dà buca solo all’avvocato Aristide Costellos, vicepresidente del Verdi, che lo avrebbe voluto alla sua tavola, nella dimora di via Diaz, per perorare un suo discorso pubblico in favore del monumento a Verdi. Il Vate promette e poi si defila, anticipando la partenza per seguire la Duse a Gorizia, dove il 19 maggio è in cartellone “La Gioconda”. A Trieste Gabriele D’Annunzio non tornerà mai più, se non nel suo cielo a bordo di un aereo.
Ai giorni triestini della coppia, e alla singolare vicenda del monumento con cui Ronchi dei Legionari ricorda il Vate in terra monfalconese, è dedicata la copertina del Piccololibri, che esce domani con sette pagine di storie e personaggi del territorio all’interno di Tuttolibri della Stampa.
Tra i ritratti di questa settimana c’è Ursula Hirschmann, politica e antifascista tedesca di famiglia ebrea, “madre fondatrice dell’Europa”, che approda a Trieste nell’aprile 1935 in fuga dalla Germania nazista. Con lei arriva Eugenio Colorni, filosofo e socialista, destinato all’insegnamento alla scuola magistrale femminile Carducci di Trieste. In città nasce la prima delle tre figlie della coppia, Sofia, poi seguita da Renata (che diventerà celebre traduttrice dal tedesco e curatrice dei Meridiani Mondadori) e da Eva, futura moglie del premio Nobel per l’economia del ’98, l’indiano Amartya Sen.
A Trieste Ursula ed Eugenio continuano serratamente la loro attività clandestina di opposizione al fascismo, finchè non finiscono al confino nell’isola di Ventotene, dove, nel 1941, insieme ad Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, stendono il Manifesto “per un’Europa libera e unita”. Ma l’unione, già in crisi, si spezza quando Ursula si innamora di Spinelli, al quale darà altre tre figlie. In “Noi senzapatria” scrive di Trieste: «Mi piaceva passare le bellissime mattinate di primavera e d’estate nel vicino stabilimento sul mare, sdraiata al sole sulle tavole di legno sentendo l’acqua limpida battere contro le grosse palafitte della costruzione...». Ci tornerà solo nel 1960, a trovare Bruno Pincherle.
Il paginone centrale dell’inserto approfondisce la mostra al Museo Carà di Muggia (riaprirà il 22 marzo), dove i migliori disegnatori contemporanei interpretano testi e parole di Gianni Rodari a cent’anni dalla nascita, nel percorso intitolato “Illustra Rodari”. Tra le chicche dell’allestimento compaiono molti numeri della rivista “Il Pioniere”, giornalino per ragazzi di area progressista diretto da Rodari, che dal 1950 al 1970, attraverso le avventure di Chiodino, Cipollino, Atomino e Stenderello parlava ai più piccoli di Resistenza e di temi sociali con un taglio di sinistra.
Da questa settimana il Piccololibri propone una nuova rubrica, “Old Case”, che rispolvera dalle colonne del giornale pagine di cronaca nera tra Ottocento e Novecento, gettando uno sguardo, oltre il fatto di sangue, sulla società, i costumi, la mentalità dell’epoca. La prima di queste cronache vintage ci porta in Corte d’assise nell’ottobre 1899, dove una vedova madre di quattro figli è imputata d’infanticidio. Ha partorito, ucciso e occultato una bambina, frutto di una relazione con un uomo “ammogliato in seconde nozze”. Viene condannata a cinque anni di carcere duro, inasprito dal digiuno ogni tre mesi e dall’«isolamento in cella oscura ogni anno all’11 ottobre», giorno in cui soffocò la neonata.
Completano lo sfoglio l’invito a riscoprire “Il segreto” di Giorgio Voghera e la “mappa” dedicata al giardino e al palazzo che furono della Banca d’Italia di Gorizia, dove un ragazzino e i suoi tanti fratelli vissero un’infanzia di avventure davvero speciale. —
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