“Don Giovanni” debutta fra smoking e lustrini

Gran gala per l’apertura della stagione al “Verdi”
Una scena del Don Giovanni
Una scena del Don Giovanni

TRIESTE È sempre uno spettacolo il Teatro Verdi illuminato, quello che un tempo veniva chiamato Teatro Grande. E pensare che la sua prima première, nel 1801, fu affidata proprio a Salieri, acerrimo nemico di Mozart. Oggi invece è il "Don Giovanni" che inaugura la stagione, opera un po' lugubre, per certi aspetti, ma in fin dei conti domani è Halloween e di spettri se ne vedranno parecchi. Invece nel foyer del Verdi, ambito palco di mondanità cittadina, puoi vedere di tutto. Arrivano le ricche ereditiere bon ton, i boss della politica, le ragazze Winx munite di lustrini anche sugli slip, e le signore Sperlari, decisamente sconfitte dai damaschi per reggere l'eleganza.

La stagione parte. E parte proprio da qui, dalle piccole rappresentazioni più o meno patinate che lisciano gli occhi e danno levità, in fondo la vanità è anche una bella cosa, con buona pace di chi non ama i selfie. Dà lustro al foyer il segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilante, la vera eminenza grigia della maggioranza, in grigio anche per la première triestina. Quest'anno si inizia con un certo anticipo: «Volevamo metterci all'unisono con le stagioni dei grandi teatri europei», dice il sovrintendente dell'ente lirico Stefano Pace. Comunque molto scuro e poco colore, d'altra parte il nero quest'anno è spravvalutato in ogni collezione. Riesce a rompere il tedio monocromo Etta Carignani. Da vera star per la Prima ha scelto il viola, in barba ad ogni superstizione, indossando una violacea camicia in seta. Il tocco di internazionalità arriva dalle terre galliche. C'è Huges Gall, direttore d'opera francese, Eric Vu An, illustre maître de ballet e Philippe Blanchy, ambasciatore uscente del principato di Monaco in Italia. Rappresenta la città Roberto Cosolini, a cui prima o poi regaleremo uno smoking, anche perché il sindaco in tuxedo starebbe proprio bene: alto, imperioso, elegante. Comunque lo perdoniamo perché ha deciso almeno di rifare il look a Canal Grande.

"Don Giovanni": giovane cavaliere estremamente licenzioso, recita il sottotitolo dell'opera. In questo caso, o meglio in questo foyer, le più cavalleresche mise al maschile sono quelle di Francesco Peroni, impeccabile come sempre, seguito da Paolo Tassinari e Giulio Lauri. Insomma, i più eleganti sono i politici. E siccome Baudrillard insegna che ormai tutto si estetizza, anche la politica si adegua. In fondo anche Don Giovanni ci pare un politico esistenzialista, combatte le sue battaglie e vuole vincerle, non era mica uno sprovveduto. Ai tempi nostri vestirebbe Tom Ford. Da premiare anche Gianni Torrenti, dopo la "caduta" del Rossetti sfoggia un adeguato tuxedo, non solo, con papillon della misura giusta, né grande né piccolo, come quello di Di Caprio nel "Grande Gatsby", per intenderci. Più sotto tono Antonella Grimm: tubino nero, visone e perle: un classico. Niente a che fare con lo strozzino in pizzo del bell'abito di Maria Bassa Poropat, da far invidia ai personaggi di Crepax. Sobriamente chic Maurizio Fermeglia. E poi ancora il prefetto Francesca Adelaide Garufi, Giovanni Arvedi, Corrado A. zzolini e il generale Giuseppe Gerli. Moltisimi i ragazzi presenti in sala, grazie al progetto didattico per sensibilizzare le ultimissime generazioni alla Lirica. Una proposta realizzata dal Teatro Verdi in sinergia con il Comune. In ritardo, ma non troppo, giunge anche l'ex senatore Miloš Budin, oggi presidente del Teatro Rossetti. Intanto qua e là compare qualche anziana signora in tulle e pailette blu elettrico. Almeno sfidano il nero, nonostante l'affezione ai damaschi. L'aria comunque rimane un po' quella dell'abito giusto per l'occasione giusta, anche se tutto dice che più di un capo deve essere stato riciclato. Va bene lo stesso, ma solo perché il vintage è di gran moda. Fuori impazza la bora e fa piacere, tutto sommato, constatare che le pellicce non fanno più tendenza, l'unica che circola è quella dell'assessore Grimm. Ma forse è ecologica.

Intanto il foyer è ormai deserto, marmoreo e perfetto mentre inizia la solenne ouverture. La vivacità della folla si è mutata in silenzio, già rapita dall'ebbrezza di Mozart, da quella che forse è la sua opera più romantica, che poi altro non è che la ricerca infinita di un attimo felice. E poi di un altro. E poi di un altro ancora.

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