Dalla Belle Epoque all’epopea dello swing con Ariella Reggio e le Sorelle Marinetti
Uno spettacolo leggero e divertente, che tra canzoni e sketch conduce lo spettatore dal caffè-concerto al tabarin, dal grammofono ai programmi dell’Eiar. E che parla della guerra tenendola nella stanza accanto. “Sciantose, eccentriche e dive del microfono-Storia di canzonette e di guerre mondiali”, produzione della Contrada, porta in scena - mercoledì alle 21 in piazza Verdi, all’interno di Trieste Estate - le testimonial di due epoche: Ariella Reggio interpreta lo spirito della Belle Époque, mentre le Sorelle Marinetti (Nicola Olivieri, Andrea Allione e Marco Lugli, ndr) si calano nella parte di dinamiche “impiegate del microfono” per un racconto sul filo di canzonette originali scritte tra il 1910 e il '39. «Non tutte conosciute – spiega l’autore, Giorgio Bozzo (collaborazione ai testi di Marco Barocci) - ma così belle da essere immediatamente godibili».
Si passerà dalla Belle Époque all’epopea dello swing attraverso le canzoni del tempo: “Fili d’oro” di Di Capua su versi di Giovanni Capurro farà da contraltare alle hit radiofoniche dell’immediato Dopoguerra, come “Ultimissime”, “Non me ne importa niente” e altri successi delle Sorelle Marinetti, le tre sorelle canterine figlie improbabili dell’epopea dell’Eiar fatta di Trio Lescano, Alberto Rabagliati, Natalino Otto. Chiacchiere e canzoni eseguite al piano dal direttore musicale, Christian Schmitz, ma anche tante testimonianze letterarie, per parlare di un mondo in cambiamento. «È stato un grande piacere – ricorda Bozzo - poter rispondere all’invito della Contrada che mi ha permesso di lavorare con un’attrice straordinaria come Ariella Reggio. Mi piaceva molto l’idea di metterla a confronto con le Sorelle Marinetti in una sorta di botta e risposta per giocare tra due epoche che hanno avuto tanti elementi in comune, soprattutto lo scoppio di due carneficine. Il racconto della nascita della canzonetta leggera rappresenta anche il parallelismo tra tensioni ed evasione tra le due guerre e spiega come gli italiani, cantando e ballando, si siano gettati in due conflitti devastanti. Negli anni precedenti alle due guerre mondiali, c’era una gran voglia di evasione, di uscire la sera, di stare nei caffè concerto».
«Nel centenario della Grande guerra - prosegue Bozzo - abbiamo voluto toccare l’argomento in maniera diversa, fermandoci prima e facendo intendere che da lì a poco ci sarebbe stato il disastro che il sottotitolo suggerisce. È uno spettacolo al femminile, perché racconta come le donne si siano si emancipate, passando dai fornelli al ruolo di figure pubbliche, ma furono vittime della guerra».
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