Com’era “Il Natale di Sissi” dai regali di bambina al destino d’imperatrice

Venerdì al Caffè Tommaseo di Trieste si presenta il libro di Valerio Vitantoni pubblicato dalla MgsPress che ricostruisce l’ambiente della corte durante le festività 

TRIESTE Per Elisabetta d’Austria la festa più bella dell’anno aveva un doppio significato perché coincideva con la sua nascita, avvenuta alla vigilia di Natale del 1837 alle 22 e 43 minuti. Era la terza di otto figli di due Wittelbach, Massimiliano Giuseppe, ramo cadetto di quello reale e Ludovica del ramo Birkenfeld-Zweibrücken del medesimo casato. Il parto andò bene e quella che sarebbe diventata un “mito senza tempo” aprì gli occhi a Monaco nel cosiddetto Palais Max sulla Ludwigstrasse, la strada principale della città la cui architettura rimanda ai palazzi del Rinascimento italiano, che verrà distrutto cent’anni dopo dai nazisti. Per di più era domenica e leggenda vuole che chi nasce nel giorno del Signore sia fortunato. Più tardi scriverà in una sua poesia: “Sono una figlia della domenica, una figlia del sole; esso rivolse i raggi dorati verso il mio trono, / con la sua gloria aveva tessuto la mia corona, / ed è nella loro luce, che io dimoro”.

Questi Natali di Sisi, come sarebbe più esatto chiamarla, vengono raccontati con ricchezza di particolari da Valerio Vitantoni in “Il Natale di Sissi” (Mgs Press editore, pagg. 204, euro 18). “Il Natale di Sissi” sarà presentato venerdì alle 17. 30 al Caffè Tommaseo dalla giornalista Nadia Pastorcich e dall’editore Carlo Giovanella, sarà presente l’autore.

Vitantoni, attento studioso di storia dell’Ottocento e in particolare di Elisabetta d’Austria e di Ludwig II di Baviera, fa entrare il lettore a palazzo descrivendo, attraverso le lettere dei protagonisti, delle dame di corte, dei diplomatici, le testimonianze di servitori e famigli e la stampa dell’epoca, com’erano organizzate le feste, quali doni venivano fatti e ricevuti, quali erano i menù (alla vigilia si mangiavano le carpe), quali gli addobbi. In proposito, va detto che gli alberi di Natale, di tradizione nordica e protestante, avevano ormai conquistato il loro spazio anche nelle corti cattoliche, come quella d’Austria: già Maria Teresa usava preparare un albero sempreverde illuminato da una sola candela e portato da San Nicola ai bambini il 6 dicembre (da qui il termine Nikolobäumchen, albero di San Nicola). E apprendiamo pure che Natale cominciava già il 6 dicembre con San Nicolò, come usa a Trieste.

I primi Natali Sissi li passa per lo più a Possenhofen, residenza estiva dei duchi preferita dai figli perché informale e libera. Ma il suo destino è segnato dall’innamoramento di Francesco Giuseppe, al quale era stata destinata Elena, ma che, alla presentazione ufficiale, rimane incantato dalla sorella più giovane, che aveva 16 anni, e la chiede in sposa. Una storia ben conosciuta e resa celebre dai film di Ernst Marischka che da mezzo secolo ci vengono ammaniti sul piccolo schermo nel periodo festivo. Ovviamente la storia non è quella mielosa interpretata dalla splendida (e pure lei infelice) Romy Schneider, ma è più complessa a partire dalla contrarierà di Sofia, madre di Francesco Giuseppe, donna forte e volitiva che aveva salvato l’impero nel drammatico’48 e messo sul trono il figlio. Per una volta, una delle poche, Francesco Giuseppe non darà retta alla madre e sposerà Sissi che, a modo suo, amerà per tutta la vita.

Vitantoni racconta poi il primo Natale da fidanzata di Sissi, il primo da imperatrice, il primo da regina d’Ungheria, l’unica causa politica che lei sostenne con impegno. E infine quelli dopo Mayerling, quando rifiuterà di festeggiare Natale e compleanno.

Ma riandiamo agli anni felici, più o meno, con i bimbi piccoli, con gli alberi sfarzosamente addobbati con un Francesco Giuseppe padre affettuoso (e sarà anche un nonno affettuoso) che gioca con i figli ai quali ha regalato giocattoli, soldatini al maschio e bambole alle femmine. Ma è curioso sapere che tra i coniugi reali si scambiavano doni borghesi come biancheria intima, asciugamani, necessaire da viaggio e da bagno, vestaglie, piatti e servizi da tè, insomma quello che regaliamo noi mortali, anche se non mancavano gioielli, quadri, libri e foto firmate. Lo scambio dei regali era intervallato a pasti interminabili e opere di carità.

Poi Sissi sarà sempre più assente, i Natali saranno sempre più divisi, lei da una parte, figli e marito da altre. La sua irrequietezza prenderà il sopravvento e se ne pentirà quando si renderà conto di non aver capito l’inquietudine dell’erede al trono, Rodolfo, che morirà a Mayerling a fine gennaio 1869, ucciso, suicida, suicidato? Non si sa. Lei qualcosa aveva intuito, infatti era stato struggente l’ultimo Natale trascorso insieme, come racconta la dama di corte Maria Festetics: “L’imperatrice si rese peraltro conto di quanto fosse scosso il principe durante la cena che ebbe luogo in occasione della vigilia di Natale precedente la morte di lui... L’imperatrice condusse il principe Rodolfo dalla sorella (Valeria, ndr.) , dicendogli che stava per sposarsi ed esprimendo la speranza che si sarebbe sempre occupato con molto affetto della sorella una volta che i genitori fossero morti. A questo punto il principe le buttò le braccia al collo e proruppe in singhiozzi irrefrenabili che continuarono a lungo: l’imperatrice rimase molto spaventata”.

Dopo sarà una “mater dolorosa” che girerà vorticosamente in gramaglie l’Europa fino a incontrare a Ginevra il suo destino, assassinata dall’anarchico Luigi Lucheni, che peraltro aveva in mente come obiettivo Luigi Filippo d’Orleans, pretendente al trono di Francia, il quale però se n’era andato via da qualche giorno. Grazie a una fortuita informazione viene a sapere che a Ginevra c’è l’imperatrice d’Austria. Resta, e Sissi muore, come aveva desiderato: “Improvvisamente, rapidamente e se possibile all’estero”. È il 10 settembre 1898 e lei aveva già comprato un magnifico tavolino dono di Natale per Valeria, l’ultimogenita, la preferita. —


 

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