Come leggere Dante: le lezioni di Stuparich sul Sommo Poeta

Utet pubblica gli inediti dei seminari sull’Alighieri tenuti dallo scrittore a Praga nel 1922 e a Trieste nel 1955

Mary B. Tolusso
Dante Alighieri, oggetto delle lezioni di Giani Stuparich appena pubblicate da Utet
Dante Alighieri, oggetto delle lezioni di Giani Stuparich appena pubblicate da Utet

 

Uno dei maestri della poesia contemporanea, in una recente lezione, ha espresso un’osservazione che non è affatto scontata: «Dante c’è sempre» ha detto, riferendosi alla poesia delle ultime generazioni. Dante c’è sempre, appunto, che si tratti di antichi o modernissimi poeti, che si tratti di tradizionalisti o avanguardia. Nessuno può prescinderne.

Ecco perché appare brillante l’idea di pubblicare per la prima volta le lezioni inedite su Dante Alighieri, a firma di Giani Stuparich. Tanto più interessanti quando è un grande autore a dire le sue impressioni e interpretazioni sulla corona fiorentina.

Il volume, dal titolo “Come leggere Dante” (Utet, pag. 194 euro 15), a cura di Anna Storti, introdotto da Elvio Guagnini e con una nota di Giusy Criscione, raccoglie le cinque lezione su Dante fatte da Stuparich a Praga nel 1922, e poi a Trieste nel 1955.

Le lezioni sono tutte inedite, il manoscritto è custodito nell’Archivio degli Scrittori e della Cultura Regionale dell’Università di Trieste. In appendice, come avverte Anna Storti, ci sono due ulteriori scritti, di epoche differenti: alcuni appunti propedeutici alle lezioni dantesche che Giani Stuparich avrebbe tenuto a Praga.

E poi un articolo, “Consolazione di Dante”, comparso su La Stampa di Torino il 5 marzo del 1940, praticamente 85 anni fa. Se ci soffermiamo su quest’ultimo testo, stupisce la sensibilità del critico, ma anche la ripetibilità delle epoche.

Insomma potrebbe trattarsi di un articolo scritto l’altro ieri: «È ormai di dominio comune – scrive Stuparich – che l’epoca nostra è un’epoca di ferro per la coltura, che i valori dello spirito sono sopraffatti e violentati dai valori della tecnica e della potenza materiale».

Ecco perché Dante agisce come una sorta di sollievo: «Nessuno come lui ha assunto nella propria arte tutte le miserie e le debolezze del mondo per farne base alle più alte aspirazioni. Egli non evade dalla vita, ma anzi la investe, la sgretola nelle sue false ed effimere soprastrutture...».

Insomma Stuparich ci svela una volta in più (anche) la “concretezza” di Dante, il suo stare pienamente nel mondo. Per i più non sarà ripetuto abbastanza, dal momento che si potrebbe pensare alla “Divina Commedia” come un’opera puramente contemplativa.

Ma il merito di Stuparich è proprio quello di restituirci un Dante modernissimo, concreto, non solo nel 1955 (la data delle ultime conferenze sul tema), ma anche ora. Nella nota all’edizione di queste lezioni, Giusy Criscione evidenzia la grande capacità comunicativa dello Stuparich professore, il suo vivace legame con i ragazzi di allora, gli alunni del Liceo Dante di Trieste, l’apertura a percorsi emotivi originali, come quello di far tenere un diario ai suoi studenti, dove poter annotare ogni impressione, non solo letteraria. Ma tornando a Dante «Penso che lo scrittore – osserva Criscione – fosse affascinato soprattutto dalla figura di Dante come uomo e dal suo difficile percorso di vita, ritrovando alcune somiglianze con la sua stessa vita».

E infatti leggendo le lezioni non si può ignorare alcune connessioni. Se l’autore triestino insiste sulla condizione di esule e di solitudine di Dante, non si può non pensare all’isolamento, al senso di solitudine e ingiustizia subito da Giani Stuparich durante il fascismo. «Anche la doppia esperienza praghese, prima come allievo e poi come docente di italiano, non fu sempre facile».

Lo Stuparich docente è ricordato anche da Elvio Guagnini, nella testimonianza dei suoi allievi. Allievi diventati celebri come Livio Zeno Zencovich (voce di Radio Londra e poi ambasciatore), lo scrittore Bruno Vasari o Adriano Mercanti, insegnante dello stesso Guagnini, tutti concordi nell’aver ereditato – attraverso la conoscenza di Stuparich – un’eredità di principi civili. Ma soprattutto, osserva Guagnini, il suo merito è proprio quello di aver sottratto Dante «non solo da qualsiasi forma di monumentalità ma pure di retorica e di strumentalizzazione politica». Ne emerge l’assoluta modernità delle interpretazioni critiche di Stuparich che pone attenzione, per esempio, anche al “Dante regista”, al visionario, ma al contempo anche al Dante che ha vissuto concretamente il suo tempo, conducendoci (anche) alla poetica dell’autore triestino, convinto della

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