Carla Mocavero ne "Le contraddizioni di una Perugia noir"

Una Perugia notturna, popolata di ombre umane e di segreti. E' raccolta ne “L’unica verità possibile” (Morlacchi Editore), l'ultimo libro dell'autrice che verrà venerdì alle 18 alla libreria Minerva

Una Perugia notturna, popolata di ombre umane e di segreti. Una città colta e cosmopolita, dietro la cui facciata si nascondono traffici indicibili. Solide famiglie borghesi, ingessate nel loro benessere e nella loro reputazione, che nascondono desideri, pulsioni, vizi, debolezze. La scrittrice Carla Mocavero (prolifica: ha firmato molti romanzi, saggi, libri per ragazzi), nata a Perugia ma ormai a Trieste da molti anni, ha deciso di tornare a casa, letterariamente, con il suo ultimo libro, “L’unica verità possibile” (Morlacchi Editore, pagg. 163, euro 10,00), che presenta alla libreria Minerva, venerdì alle 18, in dialogo con Cristina Benussi.

La Perugia in cui Mocavero conduce il lettore non è il salotto patinato di provincia, con il suo tran tran ipocrita e pasciuto, le bellezze artistiche, la storia e le Madonne sorridenti ad ogni angolo, in cui l’immagine da flyer turistico la congela. L’omicidio della studentessa Meredith Kercher ne ha scoperchiato le fragilità ed è in questo territorio in ombra, indebolito da nuovi innesti sociali ancora non integrati e aggredito silenziosamente dalla criminalità, che l’autrice ambienta il suo noir. Una storia che tiene insieme l’affetto per la città natale, com’è rimasta cristallizzata nel ricordo, con uno sguardo disincantato sulla Perugia di oggi, trasformata e per certi versi estranea e irriconoscibile.

Al centro della vicenda, una famiglia dell’alta borghesia e una strada, entrambe specchi di queste contraddizioni. Vittorio, vicedirettore di banca, inappuntabile nell’abbigliamento e nel carattere, sua moglie Francesca, dedita alla parrocchia e alle cene eleganti per pochi intimi, un figlio brillante e algido, chirurgo pediatrico in ascesa, una figlia liceale. La strada è quella stretta e buia che si infila tra le case eleganti della buona società. Ed è su questo vicolo che, da una finestra, Vittorio si affaccia ogni notte, a spiare le coppiette che si appartano in un angolo appena illuminato. Una perdonabile trasgressione in una vita ordinata e compassata, ma sufficiente a riaccendergli i sensi, a recuperare la passione annacquata nella deriva domestica, a riandare all’intimità con la moglie. Francesca fa finta di dormire, e invece sa, si arrovella ma non parla, in uno schema consueto. E alla finestra finisce per affacciarsi anche lei.

È quello che Vittorio, una notte, vedrà di sfuggita nella cantina del palazzo di fronte, abitato da ricchi conoscenti, l’episodio che scatena il meccanismo distruttivo. C’è un gruppetto di bambini con una donna, la tuttofare storpia della parrocchia. Che ci fa lì? E che succede nei sotterranei del palazzo di quel noto avvocato, curatore fallimentare, sui cui conti, riempiti e svuotati con troppa facilità, si è già appuntata l’attenzione di Vittorio? Senza addentrarsi nell’intreccio, per non “spoilerare” la trama, basta dire che quella visione notturna cambierà la vita di tutti i personaggi. Farà deflagrare i silenzi nella famiglia e porterà alla luce traffici innominabili, che coinvolgono la Perugia bene e professionisti all’apparenza cristallini. La provincia tranquilla e impettita si sgretola a ogni pagina, divorata dall’avidità, dalle ambizioni, dalle ipocrisie. E il finale è aperto e poco assolutorio. “L’unica verità possibile” - ancor più inquietante se a suggerirla è un religioso - a volte è la verità “addomesticata”, per salvare la faccia. E la facciata, appunto, della propria rispettabilità.

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