Boris Pahor visto dalla Bbc: l’uomo che ha visto troppo

Anteprima italiana oggi al Miela del documentario sullo scrittore triestino. La rassegna chiude con un bilancio positivo e rilancia: «Molti film nascono qui»
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 013 Boris Pahor © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 013 Boris Pahor © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

TRIESTE Individuarlo seduto tra il pubblico in un Politeama Rossetti stipato all’inverosimile per l’inaugurazione è stata una sorpresa anche per loro, assicurano i direttori Nicoletta Romeo e Fabrizio Grosoli. Imprevedibile come sempre, Rade Šerbedžija è arrivato a Trieste senza preannunci né avvisi ad alcuno: voleva semplicemente esserci, non da guest star ma da amico affezionato.

Milleseicento accrediti e quattro sold dopo, il sipario sul Trieste film festival si chiude oggi con un bilancio più soddisfacente che mai. E con un congedo significativo come l’anteprima italiana del documentario prodotto dalla Bbc su Boris Pahor “L’uomo che ha visto troppo” , diretto da Alan Yentob, alle 17 al Miela.

Tra i punti forti del festival, una convivialità che si trasforma in film da vedere. «C’è una comunità che si ritrova – sottolinea Fabrizio Grosoli –: cineasti, attori, produttori si trovano in una sorta di famiglia ideale e noi facciamo di tutto per favorire questi incontri che diventano spesso fertili e produttivi, talvolta anche quelli del tutto inattesi. L’aspetto che ci riferiscono di più è proprio di come Trieste risulti sempre più essere punto d’incontro creativo e produttivo. E non è uno slogan, il nostro programma è davvero fatto in buona parte di film nati qui: Marco Ferrari, regista di “La bufera” sulla corruzione in Italia, il venditore internazionale lo ha incontrato qui, e stessa cosa è avvenuta col co-produttore olandese. Il film non l’avrebbero fatto se non si fossero incrociati. Perciò non è solo una questione d’ambiente e d’atmosfera: sono risultati concreti, e i casi così sono veramente tantissimi».

Altro “colpaccio” , l’apertura con l’anteprima di un gigante come Terrence Malick. «Un segnale di maturità del nostro festival – continua il direttore – è il fatto che come accade in rarissimi casi abbiamo aperto con un film di una major company, Disney in questo caso. C’è una pianificazione di marketing che difficilmente prevede che un film di questo tipo passi da un festival: invece è successo, in un Rossetti strapieno fino nelle gallerie. Questo per un’opera di cui, fino a meno di un mese fa, non avevamo nessuna certezza».

Ha funzionato anche il binomio autorialità e territorio, captato da un pubblico «molto attento e molto vivo». «È stata una bellissima serata anche quella di “Paradise” di Davide del Degan: ancora un sold out, e per un film non facile. Ci ha riportato alla realtà fantastica che questa è una regione in cui il cinema si fa, in tanti modi e prospettive diverse».

Punto dolente per questo «festival che si conosce più all’estero che in Italia», la questione sale. «Trovo assurdo – accusa Grosoli – che dopo 31 anni di vita si sia costretti a vagabondare per cercare spazi. Andiamo in sale bellissime, ma sempre da ospiti». –
 

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