Arriva “Cibo”, il nuovo inserto mensile del Piccolo sulla cultura enogastronomica Fvg
TRIIESTE Non ce la siamo certo spassata durante il lockdown primaverile ma abbiamo avuto almeno l’opportunità (e il tempo) di scoprirci cuochi provetti. Per necessità e per diletto. Ma è anche una tendenza, la televisione sia pubblica che privata, infarcita di programmi culinari, può essere contagiosa. Dal collaudato e seguitissimo Masterchef al divertente “I 4 ristoranti” di Alessandro Borghese, proposte imperniate sulla gara e sulla competitività ai fornelli.
Così in molti a casa ci siamo buttati in questa avventura, tipo chef per un giorno. Abbiamo detto basta con gli sbrigativi spaghetti al pomodoro e con i classici due petti di pollo in padella o con le due uova strapazzate. Ci meritiamo di più. «Vogliamo mangiare come al ristorante o in trattoria». Ce la possiamo fare, abbiamo pensato. Con tutti i locali chiusi, potendo affidarci all’esterno solo al cibo per asporto, abbiamo cominciato a viziarci e a passare più tempo in cucina mettendoci cura e passione, evitando di maltrattare e di far urlare quel rombo appena acquistato in pescheria. Abbiamo messo molto impegno non solo nella preparazione dei pasti, è stata accurata anche la scelta delle materie prime. Si è sviluppata presto una nuova sensibilità per tutto quello che mettiamo in pentola. È cominciata così una affannosa ma produttiva ricerca di prodotti freschi e genuini, specie per quanto riguarda la frutta e la verdura, i latticini ma anche il pesce, la carne sul vino, sposando la vecchia filosofia dal produttore al consumatore. Ci siamo rivolti direttamente a agriturismi, azienda agricole, caseifici per accorciare la filiera. Certo un percorso molto più lungo e laborioso; è molto più semplice entrare in un supermarket e riempire il carrello senza fare troppo caso alla qualità e alla provenienza dei prodotti. Ma è tutto un altro mangiare, più sano, più garantito (per la nostra salute) e anche il palato di solito ci guadagna. C’è stata, per farla breve, la grande riscoperta, di fattorie, malghe, agriturismi. Improvvisarsi chef, è diventato una sorta di gioco. Quel branzino al sale o rombo al forno con le patate che avevamo mangiato solo al ristorante ora siamo in grado di “riprodurlo” pari pari o quasi. Con l’aiuto talvolta di internet l’impresa è riuscita con la soddisfazione del cuoco di turno e dei suoi commensali. Ma non è finita. Perché non ci facciamo anche il pane i biscotti in casa in una cornice da Mulino Bianco? Questo vuol dire entrare nel “circolo vizioso” delle farine e dei lieviti.
Al di là dei soliti noti vignaioli del triangolo delle bevude carsico (Prepotto-Malchina-Samatorza) è stata una sorpresa constatare che anche poco fuori la città, quasi a chilometro zero, ci sono dei piccoli produttori di vino di nicchia a prezzi più contenuti. Migliaia di buone bottiglie sono state scaricate sulla grande distribuzione, altrimenti con i locali chiusi restavano in cantina. In questo nuovo teatrino culinario s’inserisce la nuova iniziativa editoriale del Piccolo, l’inserto Cibo (Vivere bene in Friuli Venezia Giulia), che esordirà in edicola domani per diventare un appuntamento fisso di fine mese. Un inserto gratuito di otto pagine che vuole essere molto di più di una guida-enogastronomica. In questo primo numero parleremo delle verdure e degli ortaggi di stagione, della jota triestina accanto all’intervista di una coppia (Ami Scabar e Veit Heinichen) che in cucina sa il fatto suo. Siamo andati alla ricerca di vecchie malghe e fattorie di montagna, dove puoi imbatterti nella mucca e nella capra che ti hanno appena fornito il latte e il ricottino. Ma in questo primo numero hanno trovato “cittadinanza” pure il pesce e un apprezzabile focus sulle tipiche osterie friulane. La storia in un tajùt. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo