Arbore: «Amo Trieste per le canzoni e i bolliti»
Dopo un'assenza di più di sette anni ritorna in Friuli Venezia Giulia il leggendario Renzo Arbore, considerato il primo disc jokey d'Italia, amatissimo cantautore, conduttore radiofonico, clarinettista, showman, attore e personaggio televisivo. Accompagnato dalla sua Orchestra Italiana, sarà in concerto lunedì 22 agosto alle 21.30, all'Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro. Di ricordi legati al Friuli ne ha tanti: «Conosco la famiglia Nonino che è come conoscere i friulani tutti insieme! E poi è friulano il mio produttore di sempre, Ugo Porcelli, con lui ho fatto tutta la radio dai tempi di "Alto Gradimento" e la televisione ed ora il web channel, un canale online 24 su 24 a cui sto cominciando a lavorare seriamente, sto sperimentando la rete e cercherò di valorizzarlo sempre di più. Porcelli è stato per me un esempio di serietà e puntualità, precisione, memoria, ordine».
E Trieste?
«Ci sono stato molte volte, ricordo in passato degli stupendi concerti in Piazza Unità. Con Bandiera Italiana ho fatto anche canzoni triestine “La mula de Parenzo”, “El tram de Opcina”, … che vien e che va, che disi che el mondo se ga ribaltà (canticchia, ndr), tutte le canzoni triestine che ho lanciato alla radio tanti anni fa. E poi sono stato amico di Luttazzi e di qualche mula naturalmente; è una zona che bazzico, non vedo l'ora di venire e andare a mangiare i bolliti da Pepi. L'anno scorso ero a Trieste e c'era una sagra del pesce e c'erano tutti i triestini, meravigliosi, che mi venivano a corteggiare».
A Lignano cosa propone?
«Sarà una festa popolare, con un pubblico trasversale e credo che divertirò tutti perché il segreto dell'Orchestra Italiana è di piacere a tutti. Non sono solo io che canto le mie canzoni per vendere i dischi come fanno gli altri. Io faccio spettacolo facendo cantare, suonare, esibire i miei musicisti e sono tutti virtuosi del loro strumento o della voce e quindi mi diverto a fare uno spettacolo composito dove c'è spazio per tutti e si fa dal rap alle canzoncine della televisione inventata da me, da qualche canzone nostalgica di Modugno, alle canzoni napoletane emozionanti come "Malafemmena". È uno spettacolo collaudatissimo nel mondo. Il passaparola funziona perché la gente che viene a vedere il concerto poi lo dice a tanti altri spettatori, vengono anche i giovanissimi. Di recente siamo stati a Cracovia e abbiamo fatto un successo clamoroso con i giovani, che sapevano a memoria le mie canzoni. Andiamo dai 35enni e quelli sono proprio gli "arborigeni" e poi si estende a tutti perché i figli di quella generazione ne hanno sentito parlare dai genitori, così i nipoti».
La musica la mantiene giovane?
«La musica è un toccasana. L'anno scorso ero afflitto da labirintite eppure ho fatto la mia stagione televisiva, sul palco con un po' di paura di sentirmi male ma la musica è un balsamo, quando suoni, canti non puoi sentirti male. Una volta dopo i concerti dicevo: "oddio come sono stanco", ora non lo dico più, il concerto ora per me è addirittura riposante, è tutto l'indotto che mi stanca, il viaggio, l'attesa in aeroporto, i selfie…».
Il suo rapporto con le nuove tecnologie?
«Agli inizi ero prudente, non sono stato il primo a comprare il telefonino. Adesso sono un grande frequentatore della rete e della tecnologia. Non sono spaventato, credo che sia un dono della provvidenza soprattutto per i ragazzi che possono essere informati rapidamente con un click senza andare come facevamo noi nelle biblioteche a consultare le enciclopedie. Per adesso la rete non è usata al meglio perché ci sono ancora le controindicazioni. Ma credo che anche la mia generazione si abituerà e poi i giovani ne faranno un uso più sapiente».
La tv?
«La televisione è diventata un surrogato del cinema con le fiction e le serie di Netflix e di Sky. Non è più uno strumento di evasione. È difficile tornare a casa e dire: "mi guardo questo per farmi due risate". È diventata un elettrodomestico che deve informare dalla mattina alla sera, corteggiare il pubblico che fa i numeri e quindi le risse verbali, trucchi ed espedienti che non mi divertono. I telespettatori vengono sollecitati da cose di non grande gusto. L'avanguardia che abbiamo inventato noi, la Rai 2 di Massimo Fichera, Rai 3 di Angelo Guglielmi, era una Rai sperimentale che cercava di elevare il gusto del pubblico. Oggi il primo obiettivo della televisione è quello di fare i numeri. La mia generazione ha inventato la televisione, parlo di me, Falqui, Enzo Trapani, Raimondo e Sandra, Corrado… Oggi la tv è usa e getta, la tv d'autore è rara».
E la radio?
«La radio si autoregolamenta, i programmi devono essere collaudati dal pubblico. E quindi anche se cambiano i direttori i programmi che funzionano devono rimanere. La radio del servizio pubblico non è la radio commerciale: ce ne sono già tante anche ottime. Ma la radio pubblica è un'altra radio».
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