Arbore: «Amo Trieste per le canzoni e i bolliti»

Con l’Orchestra Italiana lunedì sarà all’Arena Alpe Adria: «Non punto a vendere, faccio uno spettacolo che coinvolge e piace a tutti»
Di Elisa Russo
Renzo Arbore durante la puntata speciale di Che fuori tempo che fa dedicata al trentennale della trasmissione televisiva 'Quelli della notte'. Milano, 13 Giugno 2015. ANSA/FLAVIO LO SCALZO
Renzo Arbore durante la puntata speciale di Che fuori tempo che fa dedicata al trentennale della trasmissione televisiva 'Quelli della notte'. Milano, 13 Giugno 2015. ANSA/FLAVIO LO SCALZO

Dopo un'assenza di più di sette anni ritorna in Friuli Venezia Giulia il leggendario Renzo Arbore, considerato il primo disc jokey d'Italia, amatissimo cantautore, conduttore radiofonico, clarinettista, showman, attore e personaggio televisivo. Accompagnato dalla sua Orchestra Italiana, sarà in concerto lunedì 22 agosto alle 21.30, all'Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro. Di ricordi legati al Friuli ne ha tanti: «Conosco la famiglia Nonino che è come conoscere i friulani tutti insieme! E poi è friulano il mio produttore di sempre, Ugo Porcelli, con lui ho fatto tutta la radio dai tempi di "Alto Gradimento" e la televisione ed ora il web channel, un canale online 24 su 24 a cui sto cominciando a lavorare seriamente, sto sperimentando la rete e cercherò di valorizzarlo sempre di più. Porcelli è stato per me un esempio di serietà e puntualità, precisione, memoria, ordine».

E Trieste?

«Ci sono stato molte volte, ricordo in passato degli stupendi concerti in Piazza Unità. Con Bandiera Italiana ho fatto anche canzoni triestine “La mula de Parenzo”, “El tram de Opcina”, … che vien e che va, che disi che el mondo se ga ribaltà (canticchia, ndr), tutte le canzoni triestine che ho lanciato alla radio tanti anni fa. E poi sono stato amico di Luttazzi e di qualche mula naturalmente; è una zona che bazzico, non vedo l'ora di venire e andare a mangiare i bolliti da Pepi. L'anno scorso ero a Trieste e c'era una sagra del pesce e c'erano tutti i triestini, meravigliosi, che mi venivano a corteggiare».

A Lignano cosa propone?

«Sarà una festa popolare, con un pubblico trasversale e credo che divertirò tutti perché il segreto dell'Orchestra Italiana è di piacere a tutti. Non sono solo io che canto le mie canzoni per vendere i dischi come fanno gli altri. Io faccio spettacolo facendo cantare, suonare, esibire i miei musicisti e sono tutti virtuosi del loro strumento o della voce e quindi mi diverto a fare uno spettacolo composito dove c'è spazio per tutti e si fa dal rap alle canzoncine della televisione inventata da me, da qualche canzone nostalgica di Modugno, alle canzoni napoletane emozionanti come "Malafemmena". È uno spettacolo collaudatissimo nel mondo. Il passaparola funziona perché la gente che viene a vedere il concerto poi lo dice a tanti altri spettatori, vengono anche i giovanissimi. Di recente siamo stati a Cracovia e abbiamo fatto un successo clamoroso con i giovani, che sapevano a memoria le mie canzoni. Andiamo dai 35enni e quelli sono proprio gli "arborigeni" e poi si estende a tutti perché i figli di quella generazione ne hanno sentito parlare dai genitori, così i nipoti».

La musica la mantiene giovane?

«La musica è un toccasana. L'anno scorso ero afflitto da labirintite eppure ho fatto la mia stagione televisiva, sul palco con un po' di paura di sentirmi male ma la musica è un balsamo, quando suoni, canti non puoi sentirti male. Una volta dopo i concerti dicevo: "oddio come sono stanco", ora non lo dico più, il concerto ora per me è addirittura riposante, è tutto l'indotto che mi stanca, il viaggio, l'attesa in aeroporto, i selfie…».

Il suo rapporto con le nuove tecnologie?

«Agli inizi ero prudente, non sono stato il primo a comprare il telefonino. Adesso sono un grande frequentatore della rete e della tecnologia. Non sono spaventato, credo che sia un dono della provvidenza soprattutto per i ragazzi che possono essere informati rapidamente con un click senza andare come facevamo noi nelle biblioteche a consultare le enciclopedie. Per adesso la rete non è usata al meglio perché ci sono ancora le controindicazioni. Ma credo che anche la mia generazione si abituerà e poi i giovani ne faranno un uso più sapiente».

La tv?

«La televisione è diventata un surrogato del cinema con le fiction e le serie di Netflix e di Sky. Non è più uno strumento di evasione. È difficile tornare a casa e dire: "mi guardo questo per farmi due risate". È diventata un elettrodomestico che deve informare dalla mattina alla sera, corteggiare il pubblico che fa i numeri e quindi le risse verbali, trucchi ed espedienti che non mi divertono. I telespettatori vengono sollecitati da cose di non grande gusto. L'avanguardia che abbiamo inventato noi, la Rai 2 di Massimo Fichera, Rai 3 di Angelo Guglielmi, era una Rai sperimentale che cercava di elevare il gusto del pubblico. Oggi il primo obiettivo della televisione è quello di fare i numeri. La mia generazione ha inventato la televisione, parlo di me, Falqui, Enzo Trapani, Raimondo e Sandra, Corrado… Oggi la tv è usa e getta, la tv d'autore è rara».

E la radio?

«La radio si autoregolamenta, i programmi devono essere collaudati dal pubblico. E quindi anche se cambiano i direttori i programmi che funzionano devono rimanere. La radio del servizio pubblico non è la radio commerciale: ce ne sono già tante anche ottime. Ma la radio pubblica è un'altra radio».

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