Andro Merkù volato da Trieste alla Zanzara: «Ho imparato tanto dagli scherzi in diretta»
TRIESTE È eclettico, ha un inesauribile talento e gli piace stare al centro dell’accadimento «Con le notizie che arrivano in ogni istante e che tu devi rendere assolutamente originali». A dircelo è il triestino Andro Merkù – l’imitatore più temuto dai politici italiani – volato via da Trieste ormai da dieci anni per fare parte della nota trasmissione di Radio 24 “La Zanzara”, terza voce del programma insieme a Giuseppe Cruciani, «un genio con un terribile carattere», e David Parenzo. Pare però, come ha dichiarato lo stesso Cruciani, che quella del prossimo settembre sarà l’ultima stagione dell’irriverente programma. La causa? Una certa stanchezza, solo questo, insomma c’è la possibilità che la Zanzara non ronzi più. «Personalmente credo che le cose abbiano un inizio e una fine» aggiunge Merkù.
È davvero così stanco Cruciani?
«Giuseppe è una persona sincera. Secondo me la stanchezza c’è perché “La Zanzara” è una trasmissione complessa, ha bisogno ogni giorno di tantissime idee nuove. Certo l’attualità offre spunti, ma ciò che cerchiamo di fare è affrontarla in maniera diversa, originale. Lavoriamo in radio per circa dieci ore, oltre a ciò abbiamo una chat comune dove siamo attivi in continuazione. Il mio WhatsApp riceve spesso messaggi da Cruciani alle due, alle tre, a qualsiasi ora della notte».
Ma Giuseppe Cruciani dorme ogni tanto?
«Ce lo chiediamo in tanti. Lui continua a pensare e devo dire che questa continua ricerca di nuovi spunti per una trasmissione che poi, ricordiamolo, dura due ore e mezza in diretta, può davvero portare alla stanchezza. Inoltre ritengo ogni cosa abbia un suo ciclo, un suo inizio e una sua fine».
Che tipo di esperienza è stata “La Zanzara”?
«Fondamentale in tutti i sensi. Cruciani mi ha raccattato in qualche modo nell’emittenza locale e mi ha portato nel mondo della grande radio, e per giunta in una delle trasmissioni che tutt’ora è tra le più ascoltate. “La Zanzara” mi ha restituito la consapevolezza di poter fare le cose. Se prima ero più incerto sulle mie possibilità, ora sono più sicuro e credo di essere pronto per dare il mio meglio».
Lo scherzo più divertente?
«Sicuramente la lite furibonda che ho inscenato con la voce del finto Luciano Moggi, in diretta con l’avvocato Carlo Taormina, dieci minuti di alterco furibondo, di minacce, di querele e tutto partiva dall’odio che c’è tra la Juventus e la Roma. Taormina è tifoso della Roma, Moggi è juventino nel sangue. Per tre giorni la stampa nazionale credette in una ferocissima lite. In realtà già la stessa sera dello scherzo, Moggi telefonò a Cruciani ridendo perché stava ricevendo centinaia di messaggi che lo acclamavano come il grande difensore della juventinità. Taormina invece era un po’ alterato, ma infine si è ammorbidito».
E quello che le ha dato più soddisfazione?
«Quando ho telefonato con la voce di Matteo Renzi, in Vaticano, a Monsignor Paglia. Uno scherzo che mi ha procurato parecchi guai, e tuttavia scoprire i rapporti che esistono tra la politica e il Vaticano è stata una cosa fantastica. Certo poi te la fanno pagare».
Lei è triestino e vive a Milano da sette anni. Trieste le manca?
«Mia moglie e mio figlio stanno a Trieste, non è stata una decisione facile. Si è trattato di una scelta di comune accordo, fatta con coraggio. Mi ricordo quando, dopo tre anni di collaborazione a distanza, Cruciani mi telefonò per propormi un trasferimento in redazione. Mia moglie era lì, accanto a me al telefono, ci siamo immediatamente guardati e lei per prima ha detto: “Sì. Devi andare. Non perderti questa occasione”. Poi ha pure aggiunto: “Chi ti sopporterà a casa se dici di no?”, tanto per alleggerire la situazione. Mi manca la famiglia, gli amici, il mare. La prima cosa che faccio quando scendo dal treno è annusare l’odore dello iodio e così mi sento a casa».
È partito subito dopo quella telefonata?
«Cruciani mi aveva detto: vieni anche domani. Così sono partito con le valigie e senza sapere neppure dove andare, ma devo ammettere che Milano mi ha accolto benissimo, è una città bellissima che ti offre molte possibilità, se si ha voglia di lavorare. A Trieste, purtroppo, per quello che è il mio lavoro, non c’è niente. Trieste da questo punto di vista è una città assolutamente morta che non mi dà alcuno sbocco. Milano è una città che pretende. E pretende che tu lavori al meglio, ma se riesci a farlo ti restituisce delle grandi soddisfazioni».
Quindi dopo l’esperienza milanese non tornerebbe a Trieste?
«Farei molta fatica, da un punto di vista lavorativo. Naturalmente con la mia famiglia ne parlo spesso, però alla fine, come si dice, devo anche portare a casa la pagnotta, in più sono fortunato perché faccio un lavoro che mi piace, sono uno di quei privilegiati che si realizza con la propria professione. Poi vedremo che fare se dovesse chiudere La Zanzara, di buono c’è che sono nel pieno della mia maturità e consapevole dei miei mezzi».
Se dovesse davvero chiudere cosa le mancherà di più?
«Respirare quotidianamente la redazione. La sensazione di essere al centro dell’accadimento, in ogni istante, con le notizie che arrivano in continuazione, insieme a personaggi di grosso spessore perché, non dimentichiamolo, Giuseppe Cruciani è un genio con un carattere terribile, ma pure io ce l’ho, insomma essere vicino a grandi personaggi come Alessandro Milan, Oscar Giannino, Pierluigi Pardo. E poi mi piace il concetto stesso di redazione, il continuo movimento. Dalla mia ho la capacità di svolgere diverse funzioni, quindi sono un jolly in continuo fermento».
Infatti collabora anche con Enrico Ruggeri…
«Sì, alla trasmissione “Il falco e il gabbiano”. È stato un incontro non programmato. Ruggeri di solito ha in studio due o tre attori che svolgono diverse parti, ma a dicembre erano tutti ammalati. Quindi è arrivata la regista per chiedermi, dal momento che io cambio voce, se potevo interpretare tre attori, con differenti voci naturalmente, e in questo modo abbiamo risolto la puntata. Ho avuto l’occasione di trovarmi davanti i Pooh, Paola Turci o Luca Carboni con il quale ci siamo rivisti ultimamente, quando studiavo a Bologna frequentavo la sua cantinetta. Insomma è un via vai di emozioni e stimoli, respirare questo tipo di redazione è meraviglioso».
Ed effettivamente stancante…
«Infatti quando la sera torno a casa, nonostante Milano offra tante possibilità, non vedo l’ora di infilarmi a letto perché ho lavorato duro per dieci ore, però è quella stanchezza appagante perché sai di avere dato tutto te stesso».
Ma ora va in ferie anche “La Zanzara”. Torna a Trieste?
«Prima faccio una puntata a Bologna, sono stato invitato dal gruppo con cui facevo cabaret negli anni universitari. Poi finalmente torno a casa e per un mese ci sarà solo la famiglia, la tranquillità, il mare e la montagna. Per il mio lavoro sono sempre in mezzo alla gente e mi piace, ma ho bisogno di staccare, in tal senso non c’è nulla come il silenzio dei boschi, quindi con la mia famiglia andrò in montagna, lontano da tutto e da tutti».—
Riproduzione riservata © Il Piccolo