Álvarez duetta con l’amica Siri «Ritroviamo la magia della sala»
TRIESTE È tempo di nuovi inizi, nuove partenze, e quella del Teatro Verdi, fissata per domenica alle 18 sarà davvero sontuosa. Il concerto inaugurale dell’attività artistica d’autunno sarà una vera e propria celebrazione della lirica. Protagonisti d’eccezione per questo evento - che vedrà il teatro riaprire ancora una volta in massima sicurezza le sue porte al pubblico - saranno il tenore argentino Marcelo Álvarez e il soprano uruguaiano Maria José Siri, diretti dalla bacchetta appassionata e passionale di Francesco Ivan Ciampa, al suo debutto a Trieste.
Non vede l’ora di incontrare il pubblico ma anche le maestranze del teatro Álvarez, che a Trieste ha debuttato nel 1996 in un Rigoletto, per poi fare ritorno per una Lucia di Lammermoor e Werther. «Sono felicissimo. È come un nuovo debutto per me, e riparto nuovamente da Trieste», afferma Álvarez.
Il lockdown, imprevedibile e inimmaginabile, inizia a essere un ricordo. «È stato un periodo difficile che ho vissuto con angoscia nei primi tempi. Di giorno in giorno vedevo svanire gli spettacoli per i quali ero stato scritturato anche quattro o cinque anni prima e ho avvertito una sensazione di solitudine. Non c’era più un pubblico, non lo scambio di energia che ogni sera percepiamo dal palco. Non si riusciva a capire nulla. Poi piano piano le cose hanno ricominciato a muoversi e si è iniziato a riprogrammare gli spettacoli persi e allora abbiamo iniziato a riprendere fiducia», spiega il tenore.
Una serie di incastri ha reso possibile ascoltare ancora una volta l’artista a Trieste. «Altrimenti - conferma - sarei stato a Berlino in questo periodo ma è una gioia tornare in una città che mi ha portato fortuna».
Per l’appuntamento al Verdi di domenica duetterà con Maria José Siri. «Siamo molto amici e ci divertiamo tantissimo a cantare insieme. Ci conosciamo da così tanto tempo che ormai sappiamo anche come cambiare i repertori che proponiamo per cantare sempre qualcosa di diverso, che risulti nuovo anche per noi». E il repertorio spazierà da Verdi a Puccini, con un assaggio di Cilea, di Massenet e Giordano. «Torno per dare gioia, energia, e lo faccio cantando. Noi siamo infermieri dell’anima».
Álvarez ormai da moltissimi anni ha il passaporto italiano. «Quando vado a cantare in giro per il mondo mi chiamano tutti Marcello, ho sempre sognato di vivere in Italia, per la lingua, la gente, le tradizioni e l’arte. Se solo penso che sono arrivato qui e nell’arco di due o tre anni io, che ero venuto per cantare in un coro, mi sono trovato a debuttare in tutti i teatri più grandi, ancora mi sembra tutto incredibile».
E parlando di grandi teatri non ci si riferisce solo a quelli italiani, ma anche a Covent Garden, o al Metropolitan di New York. «Sono arrivato in ogni città armato di tanta umiltà e ogni volta ho approcciato le opere come se fosse la prima volta». Forse questo è il segreto per una carriera piena di soddisfazioni come la sua. Ma anche Álvarez ha un rapporto privilegiato con alcuni dei personaggi che ha portato in scena. «In questo periodo mi sento molto come Andrea Chénier, un sognatore. In passato sono stato più vicino a opere come il Trovatore o Un ballo in maschera».
E allora si scaldano i motori, fervono le prove, per un concerto che ha tutte le carte in regola per restare nei cuori del pubblico. Álvarez non ha dubbi: «In questo momento le persone hanno bisogno di musica, l’anima ha bisogno di vivere e alla musica è affidato il compito di unire tutto ciò che le distanze di sicurezza cercano di mantenere a distanza. Anche per noi all’inizio è stato triste esibirci di fronte a pubblici molto ridotti, ma ora ritroviamo il teatro, la magia della sala e sarà bellissimo. Ricominciamo, insieme, da Trieste». —
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