VUKOVAR, 19 ANNI DOPOIl presidente serbo Tadicchiede scusa alla Croazia

Visita di portata storica a Vukovar, la città croata dove le truppe serbe nel novembre 1991 operarono un massacro, uccidendo 200 persone tra soldati e civili: il presidente della Serbia, Boris Tadic, si è inginocchiato davanti al memoriale delle vittime e ha chiesto scusa "nel nome della nuova stagione di pace tra Belgrado e Zagabria"
Il serbo Boris Tadic a Vukovar
Il serbo Boris Tadic a Vukovar
ZAGABRIA "Sono qui oggi a Vukovar per inginocchiarmi davanti alle vittime e rendere loro omaggio. Sono qui per esprimere ancora una volta parole di pentimento e rimorso. Per creare la possibilità per la Serbia e la Croazia di aprire una nuova pagina nella loro storia".


Il presidente Boris Tadic, ha chiesto perdono per il massacro del 20 novembre 1991 quando l'esercito serbo eliminò oltre 260 croati e tra questi oltre ai soldati, civili, donne, malati, bambini e anziani. C'era un’atmosfera rarefatta, insolitamente mite, al Memoriale di Ovcara, il monumento dedicato al ricordo della più grande fossa comune in Croazia, a pochi chilometri da Vukovar. E quando Tadic si è avviato in silenzio sulla grande spianata ancora verde che accoglie la grande stele nera, accompagnato dal presidente della Croazia Ivo Josipovic visibilmente turbato, per deporre una corona di fiori e si è inchinato, il silenzio si è fatto assoluto.


"Fiori per le vittime innocenti". Nello stesso momento una cinquantina di madri di vittime croate di Vukovar, raccolte in preghiera, hanno voltato le spalle protestando contro un gesto definito "insincero" e hanno chiesto che Belgrado "prima di fare gesti simbolici consegni alla Croazia le informazioni sulle 1.024 persone ancora disperse".


Tadic è il primo presidente serbo a visitare la città da quando fu devastata dalle truppe di Belgrado. Un assedio durato 87 giorni del sanguinario conflitto dei Balcani che si è consumato dal '91 al '95. Erano i primi giorni di maggio del '91 e a Borovo Selo, il "paese dei pini", venivano uccisi in un'imboscata prima due e poi altri 12 poliziotti croati. Iniziava così l'attacco alla regione della Slavonia e alla città di Vukovar e l'assedio da parte delle truppe dell'esercito serbo. Villaggi messi a ferro e fuoco, popolazione non serba deportata. Era la pulizia etnica per la Grande Serbia voluta da Slobodan Milosevic. Oltre 5mila persone sono state deportate in campi di prigionia in Serbia dai quali, in molti, non hanno fatto più ritorno.


I paesi cadono uno ad uno e dopo tre mesi di feroce assedio, tra il 18 e il 19 novembre, Vukovar cade. La battaglia diventa decisiva quando arrivano gli irregolari, gli uomini di Zeliko Raznatovic, le "Tigri di Arkan", formazioni paramilitari centike assieme alle "Aquile bianche" di Milan Lukic. Sono loro che preparano il lavoro sporco (stanano miliziani e abitanti da case e cantine) che viene concluso dai militari dell'esercito serbo che, guidato da tre ufficiali, Miroslav Radic, Milan Mrksic e Veselin Sljivancanin, entra a Vukovar e la occupa. Non si contano i crimini, le torture, le atrocità concluse con il massacro di Ovcara.


Lì nella notte del 20 novembre le vittime vengono portate come bestie al macello per essere uccise e sepolte in una fossa comune. Vukovar diventa la Pearl Harbour dei croati e nel nome di questa città si combatte in tutta la Croazia e Bosnia-Eerzegovina. E il fatto che il presidente serbo Tadic sia giunto a rendere omaggio alle vittime, secondo la stampa di Zagabria, ha un "peso e un'importanza notevoli" nel processo di riconciliazione dei due popoli: un "evento storico di enorme valore simbolico" titolano i giornali croati.

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