Verdi, tre sigle invocano l’addio di Pace
«Tutto nel mondo è burla. L’uom è nato burlone», cantano tutti nello strepitoso finale del Falstaff, ultima opera di Giuseppe Verdi. Una situazione che rispecchia quella del Teatro lirico Verdi di Trieste, chiuso al pubblico per coronavirus e con i 250 lavoratori in cassa integrazione da oggi. Alcuni sindacati (Fistel Cisl, Uilcom Uil e Libersind Confsal) hanno incontrato mercoledì scorso il sindaco Roberto Dipiazza, che è anche presidente della Fondazione del Verdi, consegnando una lettera datata 22 aprile con la richiesta di dimissioni del sovrintendente pro tempore Stefano Pace, scaduto lo scorso 5 marzo. Pace, dopo una proroga d’ufficio di 40 giorni, è stato richiamato in servizio il 9 aprile per affrontare l’emergenza sanitaria. «Gli organi della Fondazione sono in rinnovo», si legge sul sito del teatro. Così la richiesta sindacale di dimissioni inoltrata al sindaco pare piuttosto un’ipoteca sul rinnovo atteso a breve. «I lavoratori della Fondazione Verdi,, in un momento così critico, non possono subire ancora una volta da parte del sovrintendente Pace la mancanza di strategie immediate, la mancanza di previsioni e idee sul futuro aziendale, la mancanza di risposte adeguate, le economie fatte sul personale e sulle retribuzioni dei lavoratori. A ciò vanno aggiunte le difficoltà nelle relazioni sindacali, l’inaffidabilità sugli accordi sindacali. Da ultimo l’accordo monte ore/prestazioni sottoscritto il 2 aprile e non rispettato. Inaccettabile il clima di repressione nei confronti dei lavoratori, che hanno visto negli anni del suo mandato licenziamenti e contestazioni disciplinari», è la lista di contestazioni che Fistel, Uilcom e Libersin hanno portato all’attenzione del sindaco con la richiesta di dimissioni del sovrintendente.
Una lista che pesa, in particolare, dopo che da oggi i dipendenti sono stati messi d’ufficio in Fis, il Fondo d’integrazione salariale dell’Inps, una sorta di cassa integrazione per i lavoratori dello spettacolo, che garantisce solo il 40% del loro stipendio. Il sindaco, che più volte si è espresso per la rinomina del sovrintendente («Pace è riconfermato», aveva dichiarato al Piccolo ancora gennaio), ora prende tempo. Il 24 aprile, durante un una diretta televisiva di due ore su Telequattro, non ha fatto cenno alla riconferma di Pace («Ci sarà un nuovo sovrintendete») replicando scocciato a un telespettatore che chiedeva conto del compenso dell’attuale sovrintentende («Il contratto da 140 mila euro non l’ha fatto il sindaco Dipiazza, ma un altro...»).
La situazione del Verdì è stato oggetto di dibattito anche nell’ultimo Consiglio comunale. Il M5S ha attaccato il sindaco e l’assessore alla Cultura. «Roberto Dipiazza, anche nella sua veste di presidente della Fondazione, e l’assessore alla Cultura Giorgio Rossi - spiega la capogruppo M5s Elena Danielis - ignorano la grave situazione che vivono gli artisti del Verdi. Il sovrintendente Pace ha disatteso l'accordo sindacale Covid-19 del 2 aprile 2020, accordo che prevedeva di affrontare l'emergenza facendo ricorso a ferie e banca ore, imponendo unilateralmente la cassa integrazione dal primo maggio». Da oggi. «Questa decisione ha conseguenze nefaste sull’attività artistica, la vita del teatro e la città tutta», aggiungono i consiglieri pentastellati: «Le attività intraprese in altri teatri italiani dimostrano che, anche in tempi di necessario distanziamento sociale, è possibile programmare diverse attività artistiche. Lo dimostrano tra tutti il Carlo Felice di Genova e la Scala di Milano che hanno già ripreso l’attività di produzione artistica». A Trieste, invece, nulla. Un gruppo di orchestrali aveva proposto al sovrintendente un concerto per oggi, da tenersi sulla terrazza del Verdi. Anche in questo caso la risposta è stata negativa. “Tutti gabbati... tutti gabbati”. Come nel Falstaff. —
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