Venezia si allea col porto del Pireo e sfida Trieste sulla Via della Seta

Intesa fra l’Authority lagunare e lo scalo controllato dai cinesi di Cosco per potenziare i traffici e rilanciare le infrastrutture

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TRIESTE Più vasto e imponente del piano Marshall, il piano di aiuti americano dopo la seconda guerra mondiale. La Belt & Road Initiative (Bri), la nuova Via della seta tra Far East ed Europa, con circa 1.400 miliardi di dollari d’investimenti infrastrutturali, valorizza un corridoio marittimo che passa attraverso Suez e il Mediterraneo. Il porto di Trieste è in prima fila in questa strategia essendo l’unico che può dialogare per la storia e tradizione mitteleuropea con i grandi mercati del Centro ed Est Europa. Ma intanto Venezia lancia il guanto di sfida e si allea con i cinesi che governano il porto greco del Pireo. Una svolta a sorpresa nella geopolitica dei porti italiani?

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La Cina di fatto ha bisogno del Mediterraneo, con i suoi porti. Ed è per questo che sta incrementando la presenza negli scali del Sud, che potranno essere di supporto allo sviluppo delle linee ferroviarie e stradali della nuova Via della Seta. Da qui l’acquisizione nel gennaio 2016, da parte di Cosco, del 51% della Port Authority del Pireo in Grecia (per 280,5 milioni di euro).

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Una operazione portata a termine sullo sfondo del severo programma di privatizzazioni imposto dall’Unione Europea. Altre operazioni hanno riguardato il porto di Haifa e terminal turchi e spagnoli. Per ora l’unico scalo italiano dove i cinesi sono azionisti di rilievo è il terminal di Savona. Trieste, approdo riconosciuto della nuova Via della Seta, resta sotto i riflettori per un possibile interesse cinese sulla Piattaforma logistica. Ma in questa nuova dinamica dei porti cresce la competizione fra Trieste e Venezia?



Dopo l’accordo con Cosco per una nuova linea settimanale che collega Venezia al Pireo, lo scalo lagunare ha annunciato ieri un vero e proprio accordo con i cinesi. Lo hanno spiegato ad Atene il presidente dell'autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale, Pino Musolino, a fianco del ceo dell'autorità portuale del Pireo, capitano Fu Chengqiu. Si tratta di un memorandum d'intesa finalizzato a potenziare i rapporti e i traffici tra i due scali portuali definiti «snodi fondamentali nei collegamenti marittimi internazionali del futuro lungo la nuova Via della Seta». Le due parti s'impegnano «a dar vita a una cooperazione stabile e reciproca, utile a sviluppare i rispettivi porti e servizi portuali, supportando politiche di connettività infrastrutturale e servizi portuali atti ad implementare il flusso commerciale tra i mercati dell'Europa, del Mediterraneo e dell'Estremo Oriente attraverso i due porti». Il memorandum mira anche a «migliorare lo scambio di buone pratiche e conoscenze in ambito di gestione portuale nei campi dell'information technology, dell'attrazione degli investimenti e della comunicazione».

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«Una bellissima notizia», commenta il presidente di Assoporti, dell’Associazione dei Porti del Nord Adriatico (Napa) e dell'Autorità portuale Adriatico orientale che governa sul porto di Trieste, Zeno D’Agostino: «Penso - considera – che questo dinamismo delle Autorità di sistema portuali sia un fatto positivo e rappresenti la vera risposta alle relazioni marittime con la Cina, naturalmente con un coordinamento nazionale che oggi è garantito dal sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci». Una sottolineatura anche al fatto che le strategie sulla Via della Seta vengono fissate dai governi e non dalle Autorità portuali.

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«Noi riteniamo che un porto - sottolinea D’Agostino - abbia bisogno di una pluralità di operatori per poter prosperare altrimenti rischia il declino. Fino a oggi ci sono stati incontri governativi importanti nella prospettiva di un accordo fra Paesi sul sostegno alla Belt and Road. Se è così vedo positivamente che ci possano essere accordi come quello fra il porto del Pireo e Venezia in cui si instaura un coordinamento fra autorità portuali».

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Il porto di Trieste continua a crescere con nuovi record del traffico container rispetto a due anni fa (725 mila teu con un +50 per cento). Sul possibile interesse di investori cinesi D’Agostino non si esprime limitandosi a non escludere «potenziali accordi commerciali in corso fra soggetti privati nel quadro di regole nazionali e comunitarie». —




 

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